MUSTAFÀ, Domenico
– Nacque a Sterpare di Sellano (Perugia) il 16 aprile 1829, da Francesco e da Petronilla Vitali.
Non si hanno notizie sui primissimi anni della giovinezza né sull’epoca dell’evirazione, volta a conservargli il registro di soprano, avvenuta presumibilmente prima del 1840. Condotto dalla famiglia a Roma, fu affidato al cantante sopranista Giovanni Matteo Tubilli, che lo tenne presso di sé per diversi anni e lo educò al canto; studiò quindi composizione con Francesco Basily. A 13 anni fu ammesso come cantore onorario nella cappella Giulia e il 28 agosto 1842, su segnalazione del canonico Andrea Caja, ottenne l’incarico di cantore beneficiato nella cattedrale di Anagni, completando gli studi musicali sotto la guida di Giuseppe D’Addrizza. Il 20 marzo 1847 prese gli ordini minori; avrebbe ricevuto ulteriori insegnamenti da Saverio Mercadante (De Angelis, 1926, p. 10). Il 14 marzo 1848 fu ammesso come primo soprano ‘soprannumerario’ alla cappella pontificia. Il 9 febbraio 1849 partecipò al Te Deum per la proclamazione della Repubblica Romana, suscitando l’indignazione dei cantori pontifici; una volta ripristinata la sovranità del papa, fu sospeso dal servizio e dovette sottoporsi a esercizi spirituali per ottenere, nel 1850, la riabilitazione. Nel 1851 prese parte, assieme ad Antonio Cotogni (che fu suo allievo) e Nazareno Rosati, all’esecuzione dell’oratorio S. Eustachio di Salvatore Capocci, data a Roma in S. Maria della Vallicella.
Nel contempo compose diversi brani di musica sacra, alcuni dei quali espressamente per la cappella Pontificia; per il mattutino delle tenebre del Venerdì santo del 1855 scrisse un Miserere a 6 voci, su espressa richiesta di Pio IX: realizzato «in tre giorni e tre notti [...] fu eseguito con grande successo e ripetuto ogni anno fino al 1870» (De Angelis, 1926, p. 89); l’anno seguente fu a Ravenna come solista per l’esecuzione di una messa di Mercadante.
Nel 1858 ricoprì la carica di segretario puntatore e, nel 1859, il ruolo di maestro pro tempore. Dal 1860 circa iniziò a trascorrere l’estate a Montefalco (Perugia), ospite di Luigi Pompili e della moglie Natalina Rossi (una sua allieva), dai quali avrebbe in seguito acquistato alcune proprietà. Dal 1861, grazie alla fama raggiunta come solista ma soprattutto per le sue qualità di compositore, divenne direttore dei concerti (ovvero del gruppo di solisti della cappella pontificia). Il 29 giugno 1867, in occasione del diciottesimo centenario della morte di s. Pietro, realizzò il mottetto Tu es Petrus per tre cori (con 406 esecutori), diretti da Salvatore Meluzzi, Gaetano Capocci e da lui medesimo; l’esecuzione ebbe enorme successo, come attestano i numerosi riscontri sulla stampa. Nel 1870 ebbe l’incarico di dirigere il coro pontificio; il 21 agosto di quell’anno si esibì con i cantori a Montefalco, per le celebrazioni in onore della beata Chiara di Montefalco. Nonostante il difficile momento che attraversava lo Stato della Chiesa con l’occupazione piemontese, seppe mantenere viva la tradizione storica della cantoria, prodigandosi inoltre in numerose iniziative concertistiche in diverse istituzioni romane; il 10 ottobre 1874 assunse la presidenza della Società musicale romana.
Nel 1875 diresse nella sala Dante di Roma La vestale di Gaspare Spontini, con grande consenso di critica e di pubblico. Il 5, 8 e 12 maggio 1876 presentò, a palazzo Pamphilj, il Messia di Händel integrale. Il 4 maggio 1877, nella medesima sede, realizzò il Fernando Cortes di Spontini, replicato più volte per il grande riscontro ottenuto. Per la stagione 1879 della Società musicale, propose al pubblico l’oratorio Israele in Egitto di Händel.
Nel contempo, con rescritto del 2 gennaio 1878, fu eletto da Pio IX «direttore perpetuo dei concerti». Il 17 maggio 1880 organizzò le celebrazioni dedicate al Palestrina, dirigendo composizioni concepite per l’occasione da Franz Liszt, Ambroise Thomas, Charles Gounod e altri celebri autori. Nel 1881 fu ufficialmente nominato direttore perpetuo della cappella pontificia; da quel momento esercitò un forte potere personale sul collegio dei cantori, suscitando in alcune occasioni malumori interni. Il 3 aprile 1882 si ritirò dalla presidenza della Società musicale, sostituito da Ernesto Boezi. Il 18 settembre del medesimo anno, in seguito a contrasti con alcuni cantori, presentò le proprie dimissioni, ritirandole poco dopo su richiesta di Augusto Theodoli, prefetto dei Sacri Palazzi apostolici; l’attività nella cappella fra il 1883 e il 1891 fu comunque discontinua.
Nel febbraio 1891, in occasione del tredicesimo anniversario dell’incoronazione di papa Leone XIII, eseguì la Missa Papae Marcelli del Palestrina. Nel marzo di quell’anno si dedicò alla restaurazione della cantoria pontificia, stilando un nuovo regolamento che fissava il numero delle voci a 32 (senza contare i giubilati) e disponeva l’introduzione di alcuni pueri per rinforzare i soprani; si impegnò inoltre ad ampliare il repertorio della cappella con nuovi brani polifonici.
Nel marzo 1893, pur avendo concluso il suo terzo e ultimo servizio in cantoria, termine limite per la quiescenza, fu autorizzato a proseguire l’attività. Il 7 dicembre 1896 si recò con i cantori pontifici ad Arezzo per le celebrazioni in onore di Guido d’Arezzo.
Il 14 marzo 1898, il cinquantenario del suo ingresso in Sistina venne festeggiato con una solenne cerimonia nella cappella Paolina. Il 25 novembre seguente, per motivi in parte personali e in parte legati all’attività della cantoria, manifestò l’intenzione di ritirarsi dalla direzione; si addivenne a un accordo con le autorità pontificie, con la nomina, il 15 dicembre, di Lorenzo Perosi come condirettore per coadiuvare le attività musicali. Sin dalle prime prove emersero contrasti fra i due musicisti; Mustafà, legato alla tradizione romana, non vedeva di buon occhio l’operato e le iniziative di Perosi, considerato il paladino in Italia del movimento ceciliano. Per tali motivi il 14 luglio 1899 presentò di nuovo le dimissioni, respinte dalla S. Sede; il 17 agosto diresse ancora i cantori pontifici nella liturgia celebrata in S. Chiara a Montefalco.
Nel contempo proseguì, in modo discontinuo, l’attività in seno alla cappella pontificia, spesso in preda a conflitti intestini; nel marzo 1901 diresse il Pater noster di Verdi a S. Maria sopra Minerva, in ricordo del musicista da poco scomparso.
Il 28 dicembre 1902, in seguito a nuovi contrasti in cantoria, ripresentò le dimissioni dalla cappella pontificia, lasciando definitivamente il campo a Perosi. Pubblicò un testamento spirituale e artistico in una lettera apparsa sul quotidiano Vera Roma il 25 gennaio 1903. Ritiratosi a vita privata a Montefalco, si dedicò alla cura dei propri interessi; eletto in consiglio comunale e nominato cittadino onorario, partecipò alle sedute consiliari sino al 6 maggio 1906, quando per motivi di salute fu costretto a dimettersi.
Morì il 17 marzo 1912 a Montefalco; i funerali ebbero luogo, in forma privata, il giorno 21 nella chiesa di S. Chiara.
Celebre come cantore e direttore della cappella pontificia e come direttore d’orchestra, dedicò la propria vita allo studio e all’esecuzione della musica. Fu anche maestro di cappella nella chiesa di S. Silvestro e alla Confraternita delle Cinque Piaghe. Fondò un quartetto vocale con Alessandro Chiari, Nazareno Rosati ed Ercole Cappelloni e fece parte per diversi anni della Commissione romana per la musica sacra. Figura nota e apprezzata negli ambienti musicali, fu in rapporti amichevoli con Verdi, con cui nel 1896 s’incontrò alle Terme di Montecatini (rimane una fotografia). Per quanto diffuso, non è invece accertato l’aneddoto secondo cui Richard Wagner, nel concepire la parte di Klingsor nel Parsifal, avrebbe pensato in un primo momento a Mustafà come interprete ideale. Fu insignito del titolo di cavaliere dell’Ordine di s. Gregorio Magno e delle insegne della commenda dell’Ordine piano. La cantante francese Emma Calvé, che lo conobbe nel 1887, descrisse la sua voce: «una squisita voce da tenore acuto, davvero angelica, né maschile né femminile, profonda, sottile, penetrante nella sua vibratile intensità con certe curiose note ch’egli chiamava ‘quarta voce’: suoni strani, asessuati, sovrumani, arcani»; e sotto la sua guida volle ella stessa impadronirsene (Calvé, 1922, p. 63 s.; nell’edizione francese le chiama «petites notes flûtées», simili agli armonici del violino: Calvé, 1940, p. 55).
De Angelis cita 111 composizioni (in prevalenza parti di messa, mottetti, antifone e inni) pervenute agli eredi, solo in parte conservate in archivi pubblici e privati romani; altri brani sono nell’Archivio di S. Pietro a Perugia e nella Biblioteca Painiana di Messina. Fra le composizioni appositamente realizzate per le funzioni della cappella Pontificia si segnalano: Miserere (1855), Benedictus a 6 (1859), Dies irae (1861), O salutaris hostia (1865), Tu es Petrus (1867), Ave Maris stella (1867), Benedictus a 5 (1870), Civitas Jerusalem (1875), Oremus pro Pontifice nostro Pio (1877), Messa con accompagnamento di organo (1878), Domine salvum fac (1879), Inno dei ss. Cirillo e Metodio (1881), Oremus pro Pontifice nostro Leone (1892), Sanctae Michael (1892), Jubilate Deo (1893), Libera me Domine (1893), Ait Samuel (1895), Cantate Domino (1897), Messa da Requiem (1900), Mater Christi (1901), Haec dies (1902); le date si riferiscono all’anno della stesura o alla prima esecuzione nota.
Fonti e Bibl.: G.M. Bruni, Il maestro D. M., in Ars et Labor, LXV (1910), pp. 12-16; A. De Angelis, D. M., in Lo Spettatore, I (1922), pp. 134-140, 235-249; E. Calvé, My life, New York-London 1922, pp. 63-65 (ed. francese Sous tous les ciels j’ai chanté, Paris 1940, pp. 49, 55 s.); A. De Angelis, D. M. e la Cappella Sistina, in Rivista musicale italiana, XXIX (1922), pp. 583-607; Id., D. M., la Cappella Sistina e la Società musicale romana, Bologna 1926; Id., La musica a Roma nel secolo XIX, Roma 1935, pp. 79, 90 s.; A. Gabrielli, Riassunto delle conversazioni sulla storia delle cappelle musicali romane… , in Rassegna Dorica, X (1938-39), pp. 239-241; B. Brumana, Il fondo musicale dell’Archivio di S. Pietro a Perugia. Catalogo, Perugia 1986, ad ind.; P. Barbier, Gli evirati cantori, Milano 1991, pp. 28 s., 116, 212-215; T. Chirico, Il fondo musicale della Biblioteca Painiana di Messina, Roma 1992, pp. 192, 194; S. Pagano, L’epistolario «vaticano» di Lorenzo Perosi (1867-1956), Genova 1996, pp. 15, 22, 109, 222 s., 230, 259, 303; L. Luciani, Il musicista D. M., cantore, compositore e direttore, in Montefalco: Periodico dell’Accademia di Montefalco, XVI (2002), pp. 7-17; S. Nessi, Cronologia della vita e dell’attività artistica di D. M., ibid., pp. 19-59; L. Kantner - A. Pachovsky, Storia della Cappella musicale pontificia: l’Ottocento, Roma 1998, ad ind.; S. de Salvo Fattor, Storia della Cappella musicale pontificia: il Novecento, Roma 2005, ad ind.; D. Bartolucci, Alcune note di prassi esecutiva, in Protagonisti e capolavori della Scuola Romana, a cura di G. Rostirolla ed E. Zomparelli, Palestrina 2005, pp. 78, 80, 82; M. Menghini, D. M.Una voce di passaggio, tesi di laurea, Facoltà di lettere e filosofia, Università di Perugia, a.a. 2009-2010; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti. Le biografie, V, p. 313; The new Grove dictionary of music and musicians (2001), XVII, p. 556.