BUCCELLI, Domenico Maurizio
Nato a Varazze il 22 sett. 1778 da Claudio, il 13 nov. 1795 vestì a Genova l'abito degli scolopi, avendo per maestro di disciplina il celebre P. Ottavio Assarotti. Il 22 nov. 1796 fece la professione solenne. Adibito per un anno alle scuole elementari di Chiavari, ritornò poi a Genova per gli studi filosofici e teologici, che dovette interrompere per recarsi a Carcare; qui ebbe i primi contatti con il p. Paolo Giuseppe Carrosio, rettore di quel collegio, a cui lo legò poi una lunga e affettuosa amicizia. Nel 1798-99 il B. tornò a Genova per proseguire gli studi teologici sotto la guida dell'Assarotti, avendo anche la ventura di frequentare le ultime lezioni del Molinelli; e certamente da questi maestri, come anche dal Carrosio, assorbì una mentalità "giansenista", che si rivelerà poi, non in campo teologico, ma in una religiosità antiformalistica e rigorosamente austera.
Frattanto dopo l'invasione napoleonica, l'instaurazione della Repubblica democratica trovò non poche adesioni proprio tra gli scolopi liguri, e anche il B. dovette condividere tale posizione se nel 1799, ancora chierico, preferì uscire dall'Ordine, pensando così di poter svolgere più liberamente quella missione di educatore a cui si sentiva chiamato; di ciò tuttavia tentò di giustificarsi alcuni anni dopo, affermando di essere stato spinto a tale passo a malincuore per gravi motivi di salute. Dal 1804 espresse il desiderio di rientrare tra gli scolopi, ma, in parte alcune perplessità dei superiori, in parte gli stessi suoi dubbi fecero rinviare l'attuazione di tale proposito. Insegnò, comunque, nelle scuole dell'Ordine a Carcare (tranne un breve intervallo a Milano) fino al 1809. Nel 1810, forse in occasione della soppressione napoleonica degli Ordini religiosi, si ritirò nella sua Varazze. Di lì si trasferì a Firenze dove, per quasi tre anni, si dedicò agli studi ed ebbe contatti con poeti e letterati, cogliendo egli stesso alcuni allori poetici. Alla fine del 1812, cedendo ai ripetuti e insistenti inviti del Carrosio e facendo forza sulla propria natura irrequieta, tornò a Carcare, donde non si mosse più, tranne per brevi viaggi (in Toscana, Piemonte, Liguria, Lombardia e all'estero), e divenne "il più saldo sostegno di quel Collegio". Nel 1815 rientrò ufficialmente nell'Ordine, pur evitando sempre di prendere gli ordini sacri adducendo motivi di salute.
Da allora la sua attività pedagogica non conobbe soste: ciò che gli dette più celebrità fu l'istituzione della scuola detta "intermedia", o di lingua italiana, sin dal 1817, sei o sette anni prima, cioè, che per legge statale venisse fatto qualcosa di simile nel Regno di Sardegna. Il B. si mise anche in relazione con i più grandi maestri dell'epoca, particolarmente con F. Cherubini, organizzatore delle scuole normali di Milano, che andò a visitare nel 1819, e col padre francescano Girard: anzi nel 1820 il B. ottenne di andare a studiarne da vicino la celebre scuola di Friburgo e vi trovò applicati una dottrina e un metodo assai simili a quelli da lui stesso professati ed elaborati, poi, nella sua più importante opera pedagogica, La ragion della lingua, uscita anonima a Torino nel 1824.
L'opera suscitò un'aspra polemica, fino alla proibizione in tutto il Regno di Sardegna provocata dal magistrato della Riforma degli studi Gian Carlo Brignole, il quale diffidò anche gli scolopi liguri dal continuare ad applicare nelle loro scuole i metodi del B., giudicati troppo difformi da quelli tradizionali in uso nel resto del Regno. Ma già nel 1833 se ne fece una seconda edizione sotto il patrocinio di mons. Andrea Charvaz, allora precettore dei principi reali. Più tardi il Lambruschini, nella Guida dell'educatore, affermava di vedervi come "rifusa" la grammatica italiana per i fanciulli del padre Girard.
In realtà molti erano i punti di contatto fra i due educatori; dall'idea del mutuo insegnamento, da parte degli scolari più anziani e preparati ai più giovani (metodo che valse anche al Girard la persecuzione e fu infine soppresso nelle sue scuole perché considerato un attentato all'autorità) fino al fondamentale programma di fare dello studio della grammatica, o meglio della lingua materna, il perno di tutta l'educazione, anche morale e religiosa. In particolare l'opera del B. si distingue per alcune intuizioni di principi originali che sono alla base, poi, di ogni pedagogia moderna. Il B. affermava che il primo obiettivo da raggiungere era quello di combattere la noia, tarlo mortale delle scuole, e di far sì che le regole divenissero una scoperta e quasi una creazione dell'alunno, salvando così nella scuola la vita, che prima pone i problemi e poi invita a cercarne la soluzione. Secondo tale concezione buccelliana, ispiratrice della scuola intermedia, il maestro non si trova più ad essere l'esclusivo protagonista, bensì un vero padre di famiglia che, mentre porta i suoi figlioli come per mano a scoprire gradualmente le regole e i misteri della lingua, si studia soprattutto di educarne i cuori "quasi aliud faciendo". Questo metodo socratico-deduttivo, il B. lo espresse anche nei famosi "dialoghini", domande e risposte fra maestro e alunno, che, manoscritti, fecero il giro delle scuole della provincia (una copia è custodita nell'Archivio provinciale degli scolopi di Cornigliano). Convinto del valore pedagogico del teatro, il B. scrisse inoltre dodici tragedie per la rappresentazione di fine d'anno degli studenti.
Nel 1827 s'inserisce l'episodio "giansenizzante" della vita del Buccelli. In quell'anno il p. Carrosio, nominato provinciale di Liguria, volle bandire una riforma disciplinare nella provincia scolopia, per ricondurla alla primitiva osservanza delle costituzioni. È accertato che l'anima di questa riforma rigorista, il redattore del famoso Prescritto - letteracircolare stampata nel 1828 a Firenze, che si richiamava a molte delle istanze teologico-morali del giansenismo settecentesco - era il Buccelli. Ma contro il Prescritto insorsero i religiosi di Savona, Bellotti e Gatti, i quali, dopo aver fatto ricorso al padre generale, costrinsero il Carrosio a ritirare la circolare già pubblicata.
Nel 1834, per desiderio di tranquillità, il B. lasciò l'insegnamento nel collegio di Carcare e si ritirò a Ovada, ove, sebbene afflitto da una grave malattia, non rifiutò la direzione delle scuole in qualità di prefetto e si occupò di opere di carità, tra cui la sistemazione dell'ospedale civico. Morì, in odore di santità, il 18 marzo 1842.
La generazione di scolopi che si formò alla scuola e ai metodi del B. fece rifiorire gli studi in quegli istituti religiosi, che tanta importanza ebbero nella formazione intellettuale di uomini che dettero un notevole contributo al Risorgimento italiano. Tra gli altri fu per sei anni allievo del B., e gli rimase poi sempre amico affezionato, quel Giuseppe Elia Benza che fu tanto vicino negli anni giovanili a Giuseppe Mazzini.
Opere principali: Grammaticaad uso del collegio delle Scuole Pie in Carcare per servire specialmente allo studio della lingua latina, Torino 1823; La ragion della lingua per le prime scuole composta da un individuo delle Scuole Pie, Torino 1824, 2 ediz. accr., ibid. 1833; Variazioni e terminazioni latine secondo la Ragion della lingua per le prime scuole, Torino 1825; Uno istitutore di belle lettere a' suoi alunni intorno i libri più usitati di nostra favella e del modo di usare il teatro ne' giovani, Torino 1829, 2 ediz., ibid. 1839; Dialoghi o convers. per sviluppare il primo intendimento de' fanciulli e aiutarli massime alla intelligenza del catechismo, Torino 1829, 2 ediz. Milano 1831; I principali fatti dell'Istoria Santa descritti da Mosè e da Giosuè e parte di quelli contenuti nel primo libro de' Re recati ad uso religioso e letterario de' giovanetti, Torino 1829.
Fonti e Bibl.: F. Cerruti, Storia della pedagogia in Italia, Torino 1833, pp. 188 s.; R. Lambruschini, recensione della Ragion della lingua, in Guida dell'educatore (Firenze), luglio-agosto 1838, pp. 261 ss.; G. B. Raggio d'Ovada, Necrologia di p. M. D. B., in L'Espero (Genova), 23 apr. 1842; G. E. Benza, Benefattori dell'umanità: il p. D. B., in Letture di famiglia (Torino), 4 marzo 1845; Carteggi di giansenisti liguri, a cura di E. Codignola, I-III, Firenze 1941-42, ad Indicem; L. Grillo, Elogi di liguri illustri, IV, Genova 1877, pp. 160 ss.; T. Viñas, Index bio-bibliographicus CC. RR.PP. Matris Dei Scholarum Piarum..., II, Romae 1909, pp. 158-160; A. Codignola, La giovinezza di Giuseppe Mazzini, Firenze 1926, pp. 68-72; I. Scovazzi, Vincenzo Gioberti e il cattolicesimo liberale a Savona, Savona 1935, pp. 13 s. e passim;E. Codignola, Pedagogisti ed educatori, Milano 1939, p. 99; L. Picanyol, Un pedagogista insigne: p. D. M. B. delle Scuole Pie (1778-1842), Roma 1943; Enc. cattolica, II, ad vocem.