SPINOLA, Domenico Maria
– Nacque a Bastia il 10 dicembre 1665 da Cristoforo fu Cristoforo e da Ersilia Centurione fu Giovanni Battista fu Giorgio.
Discendente dell’antica stirpe degli Spinola ‘di San Luca’, nacque in una delle famiglie più distinte del grande patriziato genovese seicentesco: i genitori si erano uniti in matrimonio il 23 novembre 1653 nella parrocchia di S. Siro, residenza della famiglia della sposa. Il bisnonno materno, Giorgio Centurione, era stato doge nel biennio 1621-23, come pure aveva vestito il manto dogale il di lui figlio Giovanni Battista, nel biennio 1658-60.
A Bastia il padre, Cristoforo, rivestiva la prestigiosa e delicata carica di governatore dell’isola di Corsica: Domenico Maria era stato battezzato nella cattedrale di S. Maria di Terranova dal vescovo di Mariana, monsignor Carlo Fabrizio Giustiniani, il 10 dicembre 1665, tenuto al sacro fonte da due nobili genovesi, monsignor Francesco Camillo De Mari vescovo di Nebbio e Maria Camilla moglie di Franco Bado. Il 18 dicembre 1685 venne decretata l’ascrizione al Liber Nobilitatis della Repubblica di Domenico Maria e dei fratelli minori Giorgio Maria Filippo, futuro cardinale, e Felice, con i quali aveva condiviso gli studi presso il collegio Tolomei di Siena. Altri tre fratelli, non ascritti, Paolo Maria, Giovanni Battista e Carlo, vestirono l’abito religioso nella Compagnia di Gesù, mentre delle due sorelle, Salvagina e Maria Ippolita, quest’ultima il 3 febbraio 1683 sposò Felice Spinola ‘di Luccoli’, figlio dell’ex doge Agostino, con una cerimonia celebrata dallo zio paterno dello sposo, Giovanni Battista Spinola vescovo di Sarzana, alla quale presenziarono in veste di testimoni gli eccellentissimi Giovanni Battista Centurione e Giovanni Antonio Spinola.
Dal 1686 Domenico Maria cominciò quindi a rivestire le pubbliche cariche riservate ai membri del patriziato genovese, entrando a far parte delle magistrature degli Straordinari e di Terraferma, dei conservatori delle Leggi (1696), del magistrato dei Poveri (1699 e 1709) e dei conservatori del Mare (1706).
Nel 1710 fu eletto ambasciatore straordinario presso la corte di Giuseppe I d’Asburgo per trattare la cessione del marchesato di Finale, comprato più di un secolo prima (1599) dal re di Spagna Filippo III. Egli riuscì nell’intento di acquisire il feudo grazie alle sue doti diplomatiche, ottenendo il generale plauso e diverse dediche di poeti (Benedetto Gritta, Giovanni Bartolomeo Casaregis, Cristoforo Pallavicino) che celebrarono le sue virtù. Rientrato a Genova ebbe continuamente impiego nelle magistrature della Repubblica, sino a essere posto tra i supremi sindacatori nel 1730 e tra i procuratori della Repubblica nel 1731.
Il 29 gennaio 1732 fu eletto doge della Repubblica, venendo celebrato dai membri genovesi dell’Arcadia, della quale era membro con lo pseudonimo di Ormonte. Il biennio del dogato di Spinola fu funestato dalla guerra che la Repubblica dovette combattere in Corsica contro la popolazione locale ribellatasi. I rivoltosi avevano occupato i principali centri dell’isola, Bastia, Aiaccio e Calvi, cacciandone i genovesi. Il doge inviò una richiesta di aiuto all’imperatore Carlo VI, il quale volle sostenere le ragioni di Genova con l’invio nell’isola di 8000 soldati. Il mantenimento delle truppe imperiali nell’isola costò alla Repubblica la somma ingente di 30.000 fiorini al mese, alla quale non corrispose un adeguato successo militare. Nel maggio del 1732 le parti stipularono infatti un armistizio che ebbe breve durata. Spinola dovette così assistere ai disordini che si perpetuavano in Corsica sino alla scadenza del proprio mandato, avvenuta il 29 gennaio 1734.
Essendo stato valutato positivamente il suo operato, ricevette il titolo di procuratore perpetuo e continuò a esercitare la propria influenza sul governo della Repubblica. Nel 1740, nonostante l’età avanzata, per la sua autorevolezza e competenza fu chiamato a ricoprire l’importante incarico di commissario generale dell’isola di Corsica, mentre la sovranità genovese sull’isola continuava a essere compromessa dai ribelli. Negli anni seguenti rimase quindi a Bastia sovrintendendo alle truppe, che necessitavano di sempre maggiori rifornimenti, e, con l’aiuto della S. Sede, ottenne che fossero eletti due vescovi di nazionalità corsa, contrariamente alla lunga consuetudine che aveva sempre privilegiato ecclesiastici appartenenti a famiglie del patriziato della Repubblica di Genova. Egli pensava che con queste nomine l’insofferenza della popolazione si sarebbe in qualche modo placata ed effettivamente la notizia dell’elezione dei due vescovi fu accolta con favore dal popolo corso. La situazione non poteva comunque risolversi, dato che le richieste di sgravi fiscali, di poter portare armi e potersi riunire in assemblea senza la presenza del governatore genovese non trovarono il consenso dei governanti della Repubblica.
Morì il 21 febbraio 1743 a Bastia, mentre la questione della Corsica era ancora aperta.
Il suo decesso fu minuziosamente annotato a Genova nel registro dei defunti della parrocchia gentilizia di S. Luca con i dettagli relativi alle sue volontà testamentarie e una curiosa postilla a margine che recita: «È morto nell’istessa stanza nella quale era nato mentre suo padre era governatore della Corsica». Il rettore ricordava che era stato doge della Repubblica, rivestiva la carica di commissario generale nell’isola ed era morto all’età di 77 anni, 3 mesi e 4 giorni, avendo ricevuto l’estrema unzione da Agostino Saluzzo, vescovo di Accia e arciprete di Bastia. Inoltre, annotava che il 27 aprile erano state celebrate le sue esequie in S. Luca e pochi giorni dopo era stato aperto il suo testamento, con il quale nominava erede il fratello Felice e ordinava celebrazioni in più chiese, in particolare in quelle di S. Luca e di S. Giacomo di Cornigliano, ove possedeva una dimora di villeggiatura. L’erede fece quindi celebrare un altro funerale per tre giorni, con sei torce e sei ceri posti sull’altare. Queste cere preziose furono poste in deposito in attesa di stabilire a chi spettassero sino a che, il 19 maggio, i governatori della famiglia Spinola stabilirono che fossero consegnate al rettore di S. Luca, il quale le ricevette il 4 agosto.
Secondo la tradizione Spinola avrebbe sposato la non meglio identificata nobile genovese Maria Serra, dalla quale non aveva però avuto discendenza. Non è stato possibile reperire il testamento di Spinola, ma è certo che egli aveva nominato erede universale il fratello Felice, il quale il 10 settembre 1704 aveva sposato la nobile Maria Caterina Serra figlia di Giovanni Pietro, residente nell’ambito della parrocchia di S. Matteo. Le nozze di Felice e Maria Caterina erano state celebrate dal reverendo Adriano Fieschi, priore di S. Giacomo di Cornigliano nel palazzo di villeggiatura che Giovanni Pietro Spinola possedeva in tale località, alla presenza in qualità di testimoni del senatore Francesco Spinola fu Nicolò e di Domenico Maria Spinola fratello dello sposo. Da questa unione nacquero un figlio maschio, Cristoforo, premorto al padre, e numerose figlie femmine. Felice Spinola si spense in Genova il 21 giugno 1751, venendo sepolto il successivo 24 nella chiesa di S. Giacomo di Cornigliano. Con il proprio testamento, aperto lo stesso giorno della morte, aveva nominato eredi del grande patrimonio familiare i nipoti Agostino e Cristoforo Spinola (abate) figli della sorella Maria Ippolita.
Fonti e Bibl.: Genova, Archivio della Parrocchia di San Luca, Atti di Battesimo, Matrimonio e Morte (1563-1581), cc. 42r, 51r e 54v; Atti di Matrimonio (1581-1805), cc. 46rv (3 febbraio 1683), 135v-136r (10 settembre 1704); Atti di Morte (1587-1832), cc. 32r (21 febbraio 1743), 4rv (21-24 giugno 1751); Archivio di Stato di Genova, Manoscritti, 491, p. 39 (albero genealogico della famiglia Spinola); Archivio Segreto, 2840, Nobilitatis, doc. 121 (18 dicembre 1685); Corsica, 673, Litterarum, docc. 25 luglio 1742, 29 luglio 1740-15 gennaio 1743; Notai antichi, 9706 bis, Gio. Maria Rolandelli, docc. 19 luglio 1735, 15 settembre 1736, 25 luglio 1739, 20 gennaio 1740, 19 aprile 1741, 5 maggio 1743-21 giugno 1751, 10 febbraio 1744-21 giugno 1751; Genova, Biblioteca civica Berio, Sezione di Conservazione, m.r.VIII.2.31, Alberi genealogici di diverse famiglie nobili, compilati et accresciuti con loro prove dal molto reverendo fra’ Antonio Maria Buonaroti... (1750), pp. 272 s.
L. Levati, I dogi di Genova dal 1699 al 1721 e vita genovese negli stessi anni, Genova 1912, pp. 22-26; G. Guelfi Camajani, Il “Liber Nobilitatis Genuensis” e il Governo della Repubblica di Genova fino all’anno 1797, Firenze 1965, p. 500.