MANNI, Domenico Maria
Figlio di Giuseppe di Lorenzo, tipografo-editore riconosciuto cittadino fiorentino nel 1735, e di Caterina di Giambattista Patriarchi, nacque a Firenze l'8 apr. 1690. Se assai copiose risultano le notizie sulle sue opere, poco conosciute sono invece le vicende esistenziali, per certi versi taciute anche all'amico e biografo G.B. Tomitano.
Il M. venne presto avviato allo studio dai genitori: tra i suoi docenti furono l'avvocato P.A. Marchi, per il latino, e il canonico G.B. Casotti di Prato, che considerò il suo vero maestro.
Iniziò a lavorare come impiegato nell'officina paterna all'insegna di S. Giovanni di Dio, in via dei Guicciardini. Un incarico più prestigioso si presentò nel 1726, quando gli fu commissionata la correzione del Vocabolario dell'Accademia della Crusca, del quale, nella sua tipografia ("Appresso Domenico Maria Manni"), stampò la quarta edizione (1729-38). L'opera ebbe vasto successo, ma causò notevoli problemi economici e gestionali. Tuttavia il M., che del Vocabolario compilò anche alcuni indici, si mise subito al lavoro per dare alle stampe il Compendio, in cinque volumi, uscito a Firenze nel 1739, nel quale infuse tutta la sua passione lessicale, in qualche caso intervenendo ad ampliare le voci. L'opera generò pareri discordanti: discutibile secondo L. Del Riccio, fu invece approvata da G. Lami.
Nel 1728 il M. sposò Caterina di Baccio Cappelli, da cui ebbe diciotto figli, dei quali solo quattro viventi nel 1789: Luigi Maria (notaio), Vincenzio, Giuseppe e Giambattista (il Lastri, invece, ne dà per vivi sei). Maturò rapidamente qualità di archivista, antiquario e studioso - soprattutto di lingua - che furono presto note perché nel 1736 ottenne due importanti incarichi. Fu chiamato dall'arcivescovo G.M. Martelli sulla cattedra di lingua toscana nel seminario arcivescovile fiorentino ("primo tentativo d'introdurre ufficialmente nelle scuole l'insegnamento della grammatica": Trabalza, p. 379).
Le sue Lezioni, pubblicate a Firenze l'anno seguente (una seconda edizione uscì a Venezia nel 1759; una terza rinnovata a Lucca nel 1773, dedicata a F. Ponticelli; poi un'altra a Milano nel 1824), lasciavano emergere una rigida posizione di purista. Discutendo essenzialmente di questioni grammaticali, retoriche e in taluni casi ecdotiche, il M. rivendicava, come A.M. Salvini, col quale del resto collaborava in quel periodo alla stesura del Vocabolario, il primato del fiorentino, riproponendo le vecchie questioni cinquecentesche. Con l'incarico continuò a esercitare le qualità di lessicologo che lo avevano condotto, per esempio, a correggere il Vocabolario aretino di F. Redi.
Nello stesso anno, inoltre, divenne custode della biblioteca di C.T. Strozzi, recuperandovi ingente materiale per le sue ricerche, come testimoniato nella Prefazione alle Osservazioni istoriche… (I, p. XI).
Lo spiccato interesse verso la lingua toscana - maturato anche nel lavoro per il Vocabolario - lo spinse alla filologia e a pubblicare importanti testi di lingua, tra i quali l'Istoria fiorentina di Dino Compagni dall'anno 1280 fino al 1312 (Firenze 1728), le Cronichette antiche di varj scrittori del buon secolo della lingua toscana (Firenze 1733), le Prediche del beato f. Giordano da Rivalto (Firenze 1739), la Novella antica del grasso legnaiuolo scritta in pura Toscana favella… (Firenze 1744, con successive ristampe), il Libro di novelle, e di bel parlar gentile contenente cento novelle antiche, norma e materia del Decamerone del Boccaccio (2 tomi, Firenze 1778-82) e il Volgarizzamento delle favole di Esopo (Firenze 1778).
Anche se i criteri ecdotici del M. sono opinabili e ormai superati, gli va riconosciuto di aver percepito l'esigenza di dotare la cultura italiana di testi rivisitati e annotati a volte con fondamentali chiose. Tra i suoi studi va ricordata l'Istoria del Decamerone di m. Giovanni Boccaccio (Firenze 1742, da consultare, però, anche nell'edizione milanese del 1820 con un'appendice di appunti di Lami), ancora valida e preziosa per molti aspetti; vi sostenne con convinzione le finalità etiche della narrazione di Boccaccio e tentò di mostrare la dipendenza delle novelle da fatti realmente accaduti, riducendo spesso, però, il testo letterario a documento di cronaca e così depauperandolo delle spinte ideologiche. Oltre a correggere, infatti, affermazioni dell'amico G.G. Bottari, si cimentò nella ricerca analitica delle fonti delle novelle, puntualmente descritte nella loro integrità per la prima volta (cfr. Rostagno, passim).
Sulla fine degli anni Trenta il M. terminò una delle sue opere più notevoli, le ponderose Osservazioni istoriche sopra i sigilli antichi de' secoli bassi (30 tomi, Firenze 1739-86; il primo dedicato a F.A. Feroni, console dell'Accademia fiorentina, il penultimo a Tomitano), immane fatica incentrata sulle antichità medievali, che meglio esalta le doti intellettuali del M. e lo colloca tra gli eruditi settecenteschi più alacri e vivaci.
Come dichiarò nella Prefazione, il lavoro - al quale aveva atteso inizialmente anche A.F. Gori - intendeva riallacciarsi alla grande tradizione erudita d'Oltralpe fornendo alla cultura italiana un'opera della levatura, per esempio, dei De re diplomatica libri di J. Mabillon (1709), ma pure discostandosene nelle modalità ("ciascuno poi di questi sopraddetti trasse fuori quei sigilli, che per la materia, che trattava, gli venne in acconcio. L'intendimento mio, diverso […] e perciò nuovo, si è di metter fuori […] alcuni de' Sigilli della nostra Italia, quelli di mano in mano, su' quali mi è venuto fatto di osservare alcuna cosa, e ciò senza legarmi a verun ordine di precedenza fra loro, traendogli da' nostri Musei fiorentini, ove abbondanza se ne ritrova": Prefazione, pp. X-XI). In tal modo il M. poté muoversi nelle più disparate direzioni, senza sentirsi vincolato a un progetto rigido. L'opera va considerata pertanto una sorta di fucina, dove ebbero sviluppo lavori iniziati in altre sedi o dalla quale, viceversa, ebbero avvio saggi pubblicati poi in veste di monografie, o interessi trasformati successivamente in studi più dettagliati.
Nel 1740 il M. divenne podestà di Montelupo. Nel 1741 rilevò in modo definitivo la stamperia, per disposizione testamentaria del padre (morto nel 1739), riuscendo a inserirsi nel commercio con discreto successo. Il 1744 fu per lui un anno decisivo: fu incaricato di riordinare documenti, carte e codici dell'Archivio del Monte comune, dove raccolse notizie utili alle sue pubblicazioni, e poté, grazie anche ad altri incarichi, dedicarsi finalmente solo alla ricerca e agli studi, che, come disse egli stesso, gli procurarono un enorme sollievo da disgrazie familiari e malattie che lo colpirono. Rinunciò, così, al frustrante e poco gradito lavoro nella stamperia - nonostante fosse considerato da molti un acuto correttore di bozze e un ottimo tipografo - cedendola in quell'anno a G.B. Zannoni, che la chiuse definitivamente nel 1750. Fu ministro del General Archivio fiorentino dal 1750 fino al 1784. Tra il 1756 e il 1757, con altri eruditi, collaborò alla rivista Raccolta milanese. Nel 1757 acquistò - segno di un consolidato benessere - due botteghe di G.M. Panzini, una con ingresso da via del Fiore e un'altra con entrata da via del Moro, rivendute poi nel 1778 all'amico stampatore A.M. Ristori, col quale collaborava, nonostante qualche saltuaria divergenza, fin dal 1739. Tra i suoi possedimenti vi fu anche una villetta con annesso podere, presso l'Impruneta.
Nel corso degli anni gli furono attribuiti numerosi incarichi nei quali si impegnò sempre diligentemente. Si mostrò modesto e umile, di solida moralità caratterizzata da un'intensa devozione religiosa e da un'indole che difficilmente lo esponeva a inimicizie. Segno della sua religiosità è anche la passione che infuse negli scritti che toccavano argomenti e uomini di Chiesa, soprattutto all'interno delle citate Osservazioni.
Fu in rapporto costante e intenso con il mondo dei librai, come G. Pagani e A. Pelagalli, e degli editori, fungendo da interlocutore e anche da mediatore: fu probabilmente il M. che mise in rapporto la stamperia Stecchi e Pagani con l'Accademia dei Georgofili (della quale era socio), tra la fine del 1766 e il 1767. Una fitta corrispondenza, in gran parte inedita, con intellettuali ed eruditi dell'epoca, come F. Algarotti (Aruch, pp. 30 s.), G.G. Bottari (Roma, Biblioteca Corsiniana, Mss., 44 D 50 e 44 E 13, si conservano le 131 lettere inviategli dal M. dall'ottobre 1726 all'ottobre del 1764), A. Zeno, A. Magliabechi, A.F. Gori, A.M. Biscioni, L.A. Muratori, G. Lami, G.M. Mazzuchelli, G.M. Paitoni, D.M. Saverni (Ravenna, Biblioteca Classense, Mss., 790), D. Sforazzini (Kristeller, p. 136, n. 68) e A.M. Zanetti, testimonia la febbrile attività di tutta un'esistenza.
Fu socio e corrispondente di varie e prestigiose Accademie: quella fiorentina (già dal 1738), la Colombaria (tra i primi soci, dal 15 maggio 1735, con il nome di Invogliato), la Crusca (dal 22 sett. 1770, con il nome di Sofferente), gli Apatisti (già da 1738), i Georgofili, gli Etruschi di Cortona, i Sepolti di Volterra, i Pericolanti di Messina, gli Arcadi di Roma (con il nome di Tubalco Panichio) e di Fossano, i Catenati di Macerata, gli Erranti di Fermo, gli Informi di Ravenna, gli Aborigeni Amiatensi.
Uno degli interessi costanti del M. fu quello per le biografie, tra le quali sono da ricordare almeno la Vita d'Aldo Pio Manuzio restauratore delle lettere greche e latine (Venezia 1759) e la Vita di Pietro Perna stampatore e libraio (Lucca 1763). In questo filone, ma inclini a un tipo di narrazione che guarda alla antica tradizione toscana, si pongono Le veglie piacevoli ovvero Notizie de' più bizzarri e giocondi uomini toscani (seconda edizione, Venezia 1762-63, arricchita di altre biografie fino all'ottavo tomo pubblicato a Firenze nel 1783) - tra le quali forse il M. progettava di inserire anche la vita di L. Ghiberti -, stroncate in modo implacabile da G. Baretti nella Frusta letteraria del 1° genn. 1764 (vedi l'edizione a cura di L. Piccioni, Bari 1932, I, pp. 191-196), per l'andamento stucchevole e troppo fedele a Boccaccio.
Nell'opera il M. tentò di trasmettere un gusto per il curioso e il bizzarro, proponendo le biografie di stravaganti personaggi storici toscani, acclamati dalla fantasia popolare e divenuti personaggi letterari, come Calandrino, Guccio Imbratta, il Burchiello, il Pievano Arlotto, il buffone Gonnella, il nano Morgante, il gobbo Tommaso Trafedi. Baretti percepì immediatamente il valore dello stile, mentre sul piano contenutistico si può affermare che il risultato è da considerarsi discontinuo e non pienamente omogeneo. Se in alcuni casi, come in quello del Pievano Arlotto, le ricerche d'archivio del M. rimangono tuttora insuperate, in altri la scrittura incontra più di un limite, giacché egli si lasciò guidare da informazioni farraginose e incomplete, mirando soprattutto ad accumulare materiale da fonti eterogenee e non vagliate criticamente (si veda l'esemplificazione in Schizzerotto, pp. 363-366). La fecondissima produzione del M. include anche la storia fiorentina (per un elenco specifico di queste pubblicazioni cfr. A. Bigazzi, Firenze e contorni, Firenze 1893, ad ind.), a seguito di una sincera passione e di uno spiccato municipalismo, del quale spesso è stato accusato (Il Senato fiorentino, Firenze 1722, impresso nella stamperia del padre e seguito da un'edizione ampliata, ibid. 1771; De Florentinis inventis commentarium, Ferrariae 1731; Notizie istoriche intorno al parlagio ovvero l'anfiteatro di Firenze, Bologna 1746; Delle antiche terme di Firenze, Firenze 1751; le annotazioni ai Discorsi di monsignore d. Vincenzio Borghini, I-II, Firenze 1755). Si soffermò pure su questioni minori estremamente specialistiche (Degli occhiali da naso inventati da Salvino Armati gentiluomo fiorentino. Trattato istorico, Firenze 1738), mostrando interesse anche verso le manifestazioni ludiche dei concittadini (Istorica notizia dell'origine e del significato delle befane, Lucca 1766; Dei fuochi d'allegrezza artifiziati per la famiglia dei Pazzi di Firenze nel sabato santo, Firenze 1867). A questi scritti si accompagnarono altri sull'arte, sia monografici (si ricordi almeno Del vero pittore Luca Santo e del tempo del suo fiorire, ibid. 1764) sia in forma di lunghe chiose (F. Baldinucci, Notizie de' professori del disegno da Cimabue in qua, con le annotazioni del M., Firenze 1767-74, 21 tomi).
Come detto, Tomitano si incaricò di raccogliere le principali notizie biografiche nonché bibliografiche sul M., stilando un catalogo della vasta produzione che, seppure con qualche lacuna, contempla 104 titoli, ma non riporta tutte le sedi di pubblicazione; altre opere restano manoscritte, soprattutto in biblioteche fiorentine (alcune sono ricordate in Moreni, p. 30; ma vedi anche la segnalazione in Morelli Timpanaro, 1999, p. 285 n. 188).
Instancabile lavoratore fino agli ultimi giorni di vita ("depose la penna quando il freddo della macchina lo avvisò dell'imminente scioglimento della medesima": Lastri, col. 20), il M. morì a Firenze il 30 nov. 1788, nella sua casa in via della Chiesa. Una parte dei suoi libri è ora conservata nella Biblioteca Moreniana di Firenze.
Fonti e Bibl.: Mancano studi sistematici sul M. ed edizioni moderne delle sue opere, in alcuni casi riproposte con ristampe anastatiche; i manoscritti (lettere, dissertazioni e orazioni) sono sparsi in varie biblioteche italiane. Necrologio, in Gazzetta toscana, 6 dic. 1788, pp. 193 s.; [M. Lastri], Necrologio di D.M. M., in Novelle letterarie pubblicate in Firenze, n.s., XX (1789), coll. 17-23, 33-39 (con bibl. parziale delle opere); G.B. Tomitano, Elogio di D.M. M. fiorentino con catalogo delle sue opere, Venezia 1789, pp. 7-16 e bibl. delle opere alle pp. 17-22 (dell'opera diede notizia un anonimo nelle Novelle letterarie…, cit., 33, coll. 517-520); Sui correttori di stampe. Notizie inedite raccolte da D.M. M., in Riv. delle biblioteche e degli archivi, XI (1900), pp. 104-112; C. Frati, D.M. M., Jacopo Morelli e il balì T.G. Farsetti, in Il Libro e la stampa, II (1908), pp. 19-23; E. Rostagno, Per la storia degli studi boccacceschi, in Miscellanea stor. della Valdelsa, XXI (1913), 2-3, pp. 1-24; A. Aruch, Il ricorso di Lorenzo Ghiberti contro la prima sentenza della Signoria fiorentina (17 apr. 1444), in Rivista d'arte, X (1917-18), pp. 117-123; Id., Un servigio erudito di D.M. M. a Francesco Algarotti, in La Rassegna, XXVII (1919), pp. 29-31; I. Del Lungo, Le vicende d'un'impostura erudita (Salvino degli Armati), in Arch. stor. italiano, LXXVIII (1920), 1, pp. 5-53; P. Barbera, D.M. M. della Soc. Colombaria, in Rassegna nazionale, XLIII (1921), 31, pp. 229-244; La Colombaria 1735-1985. Duecentocinquanta anni di "vicende" e d'"intenti"… (catal.), a cura di E. Spagnesi, Firenze 1985, ad nomen; P.O. Kristeller, Domenico Sforazzini (1686-1760) e la sua biografia di Marsilio Ficino (1742), in Interpres, VI (1985-86), pp. 126 s., 129 s., 133-138, 140; A. Nocentini, Le aggiunte e osservazioni di D.M. M. al Vocabolario aretino di Francesco Redi, in Lingua nostra, LI (1990), 1, pp. 15-18; M. Sessa, La Crusca e le crusche. Il vocabolario e la lessicografia italiana del Sette-Ottocento, Firenze 1991, pp. 36-40; G. Nencioni, Spigolature, in La Crusca per voi, X (1995), p. 16; M.A. Morelli Timpanaro, Per una storia di Andrea Bonducci (Firenze, 1715-1766). Lo stampatore, gli amici, le loro esperienze culturali e massoniche, Roma 1996, pp. 23 s., n. 56; R. Pasta, Editoria e cultura nel Settecento, Firenze 1997, p. 16; M.A. Morelli Timpanaro, Autori, stampatori, librai. Per una storia dell'editoria in Firenze nel secolo XVIII, Firenze 1999, ad nomen; G. Schizzerotto, Gonnella, il mito del buffone, Pisa 2000, pp. 363-369. V. inoltre G. Cinelli Calvoli, Biblioteca volante, Venezia 1746, III, pp. 262 s.; D. Moreni, Bibliografia storico-ragionata della Toscana, Firenze 1805, II, pp. 22-30; G.B. Baseggio, M. (D.M.), in E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri, VI, Venezia 1839, pp. 258-266; F. Inghirami, Storia della Toscana, XIII, Fiesole 1844, pp. 315 s.; C. Trabalza, Storia della grammatica italiana, Milano 1908, pp. 378-386; C. Frati, Diz. bibliografico dei bibliotecari e bibliofili italiani, dal sec. XIV al XIX, raccolto e pubblicato da A. Sorbelli, Firenze 1933, pp. 324-326; G. Natali, Il Settecento, Milano 1964, I, pp. 488 s.