JACOBINI, Domenico Maria
Nacque a Roma il 3 sett. 1837 da Giovanni e da Teresa Paini. Per le condizioni di estrema povertà della sua famiglia, trascorse alcuni anni della fanciullezza in casa di una zia. Entrato in seminario, vi compì gli studi minori a spese del cardinale C. Patrizi. Il 10 sett. 1856 si laureò in filosofia; il 7 apr. 1860 fu ordinato sacerdote. Seguirono, il 12 settembre di quello stesso anno, la laurea in teologia, e il 28 giugno 1863, a completamento degli studi, la laurea in utroque iure. L'11 nov. 1866 Pio IX lo nominò minutante di Propaganda Fide e il 21 ag. 1868 il Patrizi, cardinale vicario di Roma, lo chiamò alla cattedra di letteratura greca nel liceo del pontificio seminario romano.
In occasione della messa d'oro di Pio IX (11 apr. 1869), lo J. organizzò con un gruppo di giovani una sottoscrizione che ebbe un risultato clamoroso: oltre 26.500 persone, apponendo la loro firma nell'apposito album, si impegnarono ad ascoltare la messa secondo le intenzioni del pontefice. La riuscita dell'iniziativa spinse quei giovani a organizzarsi in forma associativa "onde reciprocamente animarsi nel bene e resistere alla malvagità settaria della rivoluzione" (Bersani, p. 2). Nacque così, il 28 apr. 1869, in una sala del palazzo Lancellotti, il Circolo S. Pietro, destinato a recitare una parte importante nella vita religiosa e sociale romana dell'Otto-Novecento.
Del Circolo lo J. fu assistente ecclesiastico fino al 1880: undici anni nel corso dei quali il giovane sacerdote guidò la vita spirituale dei soci, ne ispirò le conferenze scientifico-letterarie, ne animò le iniziative caritative e le pubbliche manifestazioni di religione e di fede, li sostenne nella difficile battaglia in favore della stampa cattolica, incoraggiò l'istituzione di opere di educazione morale a difesa del popolo, assistette e guidò i pellegrini italiani e stranieri nelle loro visite alle tombe degli apostoli, e, battagliero e vivace qual era, non esitò a scendere in campo contro la "rivoluzione" insieme con i suoi compagni di apostolato: ciò gli procurò la stilettata al collo infertagli nella famosa dimostrazione dell'8 dic. 1870 in piazza S. Pietro.
Fondato e avviato il Circolo S. Pietro, lo J. allargò gli orizzonti del suo apostolato dedicandosi al mondo operaio. Nel 1871, dopo aver raccolto notizie sugli antichi corpi d'arte e sulle condizioni delle associazioni operaie in Belgio, in Inghilterra e in Francia, fondò, con l'aiuto del marchese Cavalletti e di altri, la Primaria Associazione cattolica artistica ed operaia di carità reciproca, allo scopo - sosteneva lo statuto - di "opporre un argine al torrente di mali che minacciano in specie le numerose classi degli artisti ed operai, stringendo tutti quelli, ai quali è a cuore la fede e l'onestà, in un gran corpo di arti e mestieri". Negli anni in cui fu assistente spirituale di tale associazione (1871-96), lo J. ispirò e sostenne le iniziative sorte al suo interno: dalle fiorenti scuole ideate e attuate fin dal 1873, all'istituto per case economiche; dalla "divisione sanitaria", destinata ad assicurare ai soci l'assistenza medica gratuita, al fondo per gli infermi; dalla convenzione stipulata con la maggior parte delle farmacie cittadine per offrire ai soci e alle rispettive famiglie una sensibile riduzione sul costo dei medicinali, al "Fondo cronicismo", ideato a favore degli inabili al lavoro per anzianità o infermità; dalla fondazione di una cassa di mutuo soccorso alla istituzione di un ufficio legale; dalla creazione di un circolo serale alle attività di carattere culturale, prime fra tutte la pubblicazione, a partire dal marzo 1875, di un Bollettino e le periodiche conferenze nelle quali venivano affrontati e dibattuti problemi di attualità politica e sociale e questioni religiose.
Attraverso le pagine del Bollettino, lo J. protestò energicamente contro il Consiglio comunale di Roma che il 12 apr. 1878 aveva approvato un ordine del giorno che bandiva il catechismo dalle scuole elementari cittadine; apostrofò vivacemente la giuria della sezione "Previdenza e Assistenza pubblica" dell'Esposizione di Torino del 1884, colpevole, a suo giudizio, di aver escluso l'Associazione da ogni premio per il suo carattere confessionale (9 genn. 1885); mise in guardia i soci dai socialisti "che tengono oggi in tanta agitazione tutto il mondo" e le cui convinzioni sono "figlie di pregiudizi di cui altri empì il loro capo, sospingendo abilmente a fatti audaci le plebi e proponendosi di sfruttarle a loro vantaggio" (5 giugno 1891). In altri interventi, attraverso il Bollettino e le conferenze che periodicamente teneva nella sede dell'Associazione, lo J. illustrò il significato della proposta di legge, presentata nel giugno del 1888 da G. Decurtins al Consiglio nazionale svizzero, tendente a regolare il riposo festivo e il lavoro delle donne e dei fanciulli; esortò i soci "al coraggio cristiano", alla "congregazione spirituale", alla fedeltà allo statuto, all'osservanza del precetto festivo; levò la voce contro la "cattiva stampa" in generale e in particolare contro i giornali liberali, "prezzolati apostoli" delle dottrine anticristiane e antisociali (7 marzo 1900); e, soprattutto, prima e dopo la Rerum novarum, richiamò l'attenzione sui rapporti tra datori di lavoro e lavoratori.
Oltre che alla fondazione e alla vita del Circolo e dell'Associazione, il nome dello J. è strettamente legato anche ad altre importanti organizzazioni sorte in Roma dopo la breccia di Porta Pia: la Primaria Società cattolica promotrice di buone opere in Roma, la Società primaria romana per gl'interessi cattolici, la Federazione Piana delle società cattoliche in Roma, la Unione romana per le elezioni amministrative.
Ben voluto da Pio IX (che il 1° giugno 1874 lo nominò sostituto della Segreteria dei brevi e il 7 luglio 1877 lo chiamò a ricoprire la carica di consultore della congregazione delle Indulgenze e delle ss. reliquie), lo J. diventò, sotto Leone XIII, uno dei personaggi più in vista della curia romana. Di lui il pontefice si servì ripetutamente come portavoce delle sue idee e delle sue decisioni. Tra gli incarichi più significativi affidatigli da papa Pecci nei primi anni del suo pontificato, vanno ricordati quelli di segretario della congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari (19 sett. 1879), di consultore della Romana ed universale inquisizione (1° dic. 1879), di sottobibliotecario di Santa Romana Chiesa (16 nov. 1880), di prefetto degli studi nel liceo del pontificio seminario romano, di assistente, sempre nel 1880, del consiglio superiore della Società della gioventù cattolica italiana. Il 4 ag. 1881 lo J. fu nominato arcivescovo di Tiro in partibus infidelium, e subito dopo ebbe l'incarico da parte di Leone XIII di svolgere tra i vescovi italiani una indagine sullo stato del movimento cattolico e di presentare proposte per rianimarlo. Inoltre, il 30 marzo 1882, fu chiamato al delicato incarico di segretario di Propaganda Fide, e in tale veste si adoperò attivamente per salvare dall'incameramento i beni della congregazione.
In quegli stessi anni, lo J. svolse una intensa attività all'interno del movimento cattolico nazionale e romano. Com'è noto, all'indomani della elezione di papa Pecci, crebbe e si sviluppò il movimento conservatore e conciliatorista, che a Roma ebbe nel Circolo romano di studi sociali, sorto nel 1880 per iniziativa dello J., e nella Rassegna italiana, la nota rivista fondata dalla Società della gioventù cattolica, i punti di riferimento più significativi. A capo di quel movimento troviamo ancora una volta lo Jacobini. La cosa può sembrare strana e sorprendente, quando si pensi al ruolo da lui avuto nella nascita del movimento cattolico di segno opposto, cioè intransigente, e all'idea che di lui si aveva negli ambienti della questura e della prefettura della capitale dove, ancora nel gennaio del 1900, un commissario di pubblica sicurezza commentò sfavorevolmente la nomina a cardinale vicario di "un uomo notoriamente privo di ogni spirito di italianità" (rapporto 13 genn. 1900, in Arch. di Stato di Roma, Questura, f. 309, sottofasc. 1900). Ma forse bisogna distinguere tra quel che egli pensava e quello che i superiori gli chiedevano di fare; e forse bisogna anche stare attenti a non confondere il piano dei principî con quello delle pratiche realizzazioni: come altri esponenti del movimento cattolico romano, lo J. era certamente un intransigente convinto, ma non al punto da chiudere gli occhi sulla nuova situazione venutasi a creare con la breccia di Porta Pia e attendere inerte l'intervento della provvidenza a difesa della Chiesa e del papa; non al punto di rifiutare ogni contatto e ogni possibilità di dialogo con il mondo liberale, specie quando erano in discussione questioni che toccavano da vicino la religione e gli interessi cattolici. Nella prospettiva di un intransigentismo più flessibile e dinamico di quello professato precedentemente, si spiega l'azione da lui svolta all'interno dell'Unione romana, del Circolo romano di studi sociali, delle riunioni di casa Campello e del gruppo raccolto intorno alla Rassegna italiana; azione che più tardi, in età crispina, gli avrebbe consentito di essere "intermediario di conciliazione" (Farini).
Sul piano pratico, lo J. assecondò, nel febbraio del 1879, il movimento conciliatorista, presentando il p. Vasco e l'avv. Grassi (che erano venuti a Roma per abboccarsi con i capi dell'Unione romana e persuaderli ad agire insieme per ottenere l'abolizione del non expedit) a P. Borghese e P. Campello, raccomandando loro di aiutare i due amici in ogni maniera e accettando, nel 1880, di recarsi da Leone XIII per chiedere, a nome e per incarico dei conciliatoristi riuniti in casa Campello, che, in vista delle imminenti elezioni politiche, ai cattolici venisse consentito di recarsi alle urne. Favorevole alla partecipazione dei cattolici al voto politico si dichiarò lo J. anche in occasione delle discussioni e delle consultazioni che si svolsero nel maggio-luglio 1882 per iniziativa della congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari: per lo J. non era conveniente insistere sul divieto, essendo la situazione diventata "insopportabile alla S. Sede e pel paese rovinosissima"; occorreva invece trovare una soluzione alla questione romana, e cercarla non in un intervento straniero, ma "nelle forze cattoliche d'Italia" (Ciampani, Orientamenti della Curia romana…, pp. 292, 297).
Sul piano teorico, lo J. partecipò alla discussione che si svolse all'inizio degli anni Ottanta manifestando sentimenti di conciliazione e insieme di netta chiusura al separatismo in due opuscoli intitolati, rispettivamente, Il papa e l'Italia e La lotta tra la Chiesa e lo Stato moderno e le sue conseguenze. Nel primo, uscito anonimo a Roma alla fine del 1881 (cioè qualche mese dopo che l'aggressione alla salma di Pio IX ebbe mandato definitivamente in fumo le speranze dei conciliatoristi), lo J. analizzava criticamente l'atteggiamento dei liberali e dei cattolici in ordine ai rapporti tra lo Stato e la Chiesa, dividendo i primi in "moderati", "radicali" e "legalisti", i secondi in "impazienti", "conciliatori" e "riconciliatori" e manifestando la convinzione che la riconciliazione era un obiettivo non solo possibile ma necessario, per la Chiesa e più ancora per lo Stato. Nel secondo opuscolo, pubblicato a Roma nel 1882, lo J., polemizzando con il senatore C. Cadorna, che in una lettera all'Opinione aveva indicato nello Stato "il solo potere sovrano giuridico sociale" e affermato che "gli atti umani che si manifestano nella vita esteriore sono di sua esclusiva competenza", tracciò un ampio profilo della "lotta mortale" ingaggiata dai due poteri negli ultimi ottant'anni, soffermandosi sui tre sistemi - "regalismo", "oppressione", "separatismo" - che avevano regolato in precedenza i rapporti tra Stato e Chiesa e confutando in particolare le idee separatiste sostenute da M. Minghetti in un libro del 1878.
Nel 1885 lo J. fondò l'Unione per gli studi sociali. Anima ne furono alcuni soci del già ricordato Circolo romano di studi sociali, tra cui il futuro biografo di Leone XIII, E. Soderini. Questi assicura che all'Unione facevano capo gli "antesignani di tutto il moderno movimento sociale cattolico" (i futuri cardinali G. Mermillod, F. Cavagnis, D. Svampa e Filippo Giustini, il domenicano H.S. Denifle, il conte Kuefstein, l'avv. Burri, i gesuiti Sanguinetti, Querini e M. Liberatore, il parigino H. Lorin, lo svizzero Decurtins, il p. Pawlicki, mons. Talamo, il conte Vespignani), che svolsero una efficace opera di sensibilizzazione della Cattolicità al problema sociale e contribuirono, con la costituzione della celebre Union internationale catholique d'études sociales et économiques de Fribourg, a preparare il terreno alla Rerum novarum di Leone XIII.
Contemporaneamente, a partire dal 30 marzo 1882, lo J., come segretario di Propaganda Fide, svolse una intensa opera per salvare i beni della congregazione che il governo italiano, rispolverando la legge 19 giugno 1873 che estendeva alla provincia romana la legislazione del 1866-67, si apprestava a incamerare. Lo J. si incontrò prima con A. Depretis (ottobre 1883) e poi, dal 1887, con F. Crispi e G. Zanardelli, ma i suoi tentativi non ebbero il risultato sperato. Un attento osservatore del tempo, il già ricordato Soderini, sulla base di confidenze fattegli dallo stesso J., afferma che i ragionamenti di questo non riuscirono a dissipare "la passione anticlericale" dello Zanardelli, ma "impressionarono il Crispi" al punto che questi ne avrebbe rimpianto la nomina come nunzio a Lisbona dicendo: "Se fosse qui, molte cose si appianerebbero facilmente" (Soderini, Il pontificato…, p. 63). Oltre che al salvataggio dei beni di Propaganda, gli sforzi dello J. e del cardinale prefetto G. Simeoni furono volti a condurre in porto la riforma della Congregazione avviata nei decenni precedenti e a incrementare le missioni cattoliche.
Dopo aver collaborato, nel 1889, con O. Marucchi e I. Carini, alla fondazione della Società per gli studi biblici, il 16 giugno 1891 lo J. fu nominato nunzio in Portogallo. Nei cinque anni trascorsi a Lisbona, il prelato, oltre che dare "prove manifeste del suo tatto diplomatico, rendendo speciali e cospicui servizi alla Santa Sede" (Pascucci), si occupò del movimento cattolico portoghese, promuovendo studi e iniziative di carattere sociale, fondando, sul modello di quella italiana, la Società della gioventù cattolica, incrementando la stampa cattolica, dando vita a un partito di ispirazione cristiana nel Parlamento lusitano. Tra un impegno e l'altro, seguiva attentamente le vicende italiane e manteneva contatti epistolari con esponenti del laicato cattolico italiano (per es., G. Toniolo) e con dirigenti e soci delle associazioni cattoliche romane da lui fondate (significativa appare la lettera da lui inviata il 18 ott. 1891 a F. Vespignani, presidente dell'Artistico operaia, cit. da Casella, Il cardinale…, pp. 604 s.).
Il 2 giugno 1896 lo J. venne creato cardinale e pochi mesi dopo fece ritorno a Roma. Assunta la presidenza del "Comitato promotore per il solenne omaggio a Gesù Cristo Redentore al chiudersi del secolo XIX" costituitosi a Bologna, nell'aprile del 1897 indirizzò ai patriarchi, arcivescovi e vescovi del mondo una lettera in cui, dopo aver auspicato la più ampia partecipazione all'iniziativa, stigmatizzava le teorie modernistiche di A.-F. Loisy e di G. Tyrrell che allora cominciavano a diffondersi nella Chiesa. Da cardinale, ebbe un ruolo importante nell'ambito della Curia romana. Fece parte, tra l'altro, della congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari e diede il suo contributo alle discussioni sulla democrazia cristiana che in seno a quella congregazione si svolsero tra l'agosto e il dicembre del 1899.
Intervenendo allora sulle perplessità circa il movimento democratico-cristiano sollevate dal cardinale arcivescovo di Torino A. Richelmy, lo J. suggerì che al porporato piemontese, "stretto fra due fuochi ("il Sabaudismo, cioè i vecchi conservatori, ed i democratici cristiani"), si riepilogasse il concetto di democrazia cristiana e si consigliasse di riprovare gli eccessi di entrambe le tendenze, sottolineando che era necessario il raggiungimento di un'intesa sul piano operativo" (Vian, p. 860). Successivamente fece parte della Commissione stabile per regolare il movimento cattolico in Italia, istituita da Leone XIII nell'agosto 1899. Tale Commissione (composta, oltre che dallo J., dai cardinali L.M. Parocchi, A. Agliardi, D. Ferrata, M. Rampolla del Tindaro, con mons. F. Cavagnis nelle vesti di segretario) si riunì la prima volta l'8 ott. 1899, soffermandosi sull'Opera dei congressi, sulle critiche che al momento le venivano mosse e sui nuovi compiti a carattere sociale da affidarle nel caso di una sua ristrutturazione.
Il 14 dic. 1899, Leone XIII nominò lo J. suo vicario generale per la diocesi di Roma, in sostituzione del card. Parocchi. Alla guida della diocesi di Roma lo J. restò per poche settimane: sofferente già da tempo di diabete, nefrite e insufficienza cardiaca, morì a Roma il 1° febbr. 1900 e fu sepolto nel cimitero del Verano.
Fonti e Bibl.: Documenti riguardanti lo J. si conservano nell'Arch. segreto Vaticano (Dataria; Affari ecclesiastici straordinari; Borghese), e in Roma, Arch. di Propaganda Fide e Arch. stor. del Vicariato (in particolare la sua relazione sul clero romano, pubblicata da Iozzelli, e la corrispondenza relativa al breve periodo in cui lo J. fu cardinale vicario); nell'Arch. del Pontificio Seminario romano maggiore (dove sono conservati il Libro delle ordinazioni degli alunni del seminario romano e il manoscritto D. J., redatto il 2 febbr. 1900 dal can. F. Pascucci); a Roma nell'Archivio centrale dello Stato (Presidenza del Consiglio; Ministero dell'Interno); nell'Arch. di Stato di Roma (Prefettura; Questura); a Parma, Arch. vescovile (lettera inviata dall'arcivescovo di Bologna, L.M. Parocchi, al vescovo di Parma, D. Villa, in cui si parla dello J., 26 ott. 1881), e negli archivi delle associazioni da lui fondate tuttora operanti (Circolo S. Pietro, Primaria Associazione cattolica artistica ed operaia di carità reciproca, Primaria Società cattolica promotrice di buone opere in Roma).
Si vedano inoltre gli scritti dello J. apparsi nei giornali delle associazioni cattoliche romane del tempo, a cominciare dal Bollettino della Artistica ed operaia, a partire dal 1875. Riferimenti anche in G. Toniolo, Lettere, raccolte da G. Anichini, ordinate e annotate da N. Vian, Città del Vaticano 1953 (in partic. voll. I e II), e in D. Farini, Diario di fine secolo, a cura di E. Morelli, I, Roma 1962, p. 677.
Tra gli studi e profili a lui dedicati: C. Aureli, Elogio funebre del card. D. J., Roma 1900; L. Lazzareschi, D. J., Roma 1900; C. Santucci, Commemorazione dell'e.mo card. D.M. J., Roma 1900; M. De Camillis, Il card. D. J., in L'Osservatore romano, 4 sett. 1937, p. 5; V. Caselli, La solenne commemorazione del card. J., in Fede e lavoro, LXXVIII (1952), novembre-dicembre, pp. 6 ss.; M. Casella, Il cardinale D.M. J.(1837-1900), in Rass. stor. del Risorgimento, LXVIII (1971), pp. 557-617; Diz. stor. del movimento cattolico in Italia (1860-1980), III, 1, Casale Monferrato 1964, s.v. (C. Crocella); Dict. d'histoire et de géographie ecclésiastiques, XXVI, s.v. (G. Martina); Enc. Italiana, XVIII, sub voce.
Riferimenti e giudizi sul suo operato in: E. Soderini, Per la genesi della "Rerum Novarum" nel suo venticinquesimo anniversario, in Nuova Antologia, 16 maggio 1916, p. 209; G. Bersani, Come nacque il Circolo S. Pietro, in Il Circolo S. Pietro nel cinquantenario di sua fondazione…, Roma-Milano 1919, pp. 2 s.; G. De Felice, Cattolici e patrioti, Roma 1922, p. 75; E. Soderini, Il pontificato di Leone XIII, Milano 1933, ad ind.; A. De Gasperi, I tempi e gli uomini che prepararono la "Rerum Novarum", Milano 1945, passim; H. Rollet, L'action sociale des catholiques en France (1871-1901), Paris 1948, pp. 13 ss.; G. Candeloro, Il movimento cattolico in Italia, Roma 1955, ad ind.; A. Caracciolo, Roma capitale. Dal Risorgimento alla crisi dello Stato liberale, Roma 1956, p. 135; A. Gambasin, Il movimento sociale nell'Opera dei Congressi (1874-1904), Roma 1958, ad ind.; G. De Rosa, I Conservatori nazionali. Biografia di Carlo Santucci, Brescia 1962, passim; L. Bedeschi, I cattolici ubbidienti, Roma 1962, pp. 25 ss.; F. Malgeri, I cattolici e le elezioni amministrative romane del 1872, in Rass. di politica e storia, marzo 1963, pp. 20 ss.; O. Majolo Molinari, La stampa periodica romana dell'Ottocento, Roma 1963, II, p. 776; F. Malgeri, La stampa cattolica a Roma dal 1870 al 1915, Brescia 1965, ad ind.; G. De Rosa, Storia del movimento cattolico in Italia. Dalla Restaurazione all'età giolittiana, I, Bari 1966, ad ind.; Il Circolo S. Pietro. Cenni storici (1869-1969), a cura di G.L. Masetti Zannini, Roma 1969; M. Casella, Gli universitari cattolici romani dal 1894 al 1900, in Spiritualità e azione del laicato cattolico italiano, Padova 1969, I, p. 302; Id., Mons. Giacomo Maria Radini Tedeschi, l'Opera dei Congressi e il movimento cattolico romano (1890-1900), in Riv. di storia della Chiesa in Italia, XXIV (1970), p. 156; F. Mazzonis, L'Unione Romana e la partecipazione dei cattolici alle elezioni amministrative in Roma (1870-1881), in Storia e politica, II (1970), pp. 224 ss.; M. Casella, Le origini del "Circolo S. Pietro" di Roma, in Studi romani, luglio-settembre 1971, pp. 284 ss.; G. Spadolini, L'opposizione cattolica da Porta Pia al '98, Firenze 1972, ad ind.; M. Casella, Pietà e carità nel "Circolo S. Pietro" di Roma dal 1869 al 1874, in Chiesa e religiosità in Italia dopo l'Unità (1861-1878). Atti del IV Convegno di storia della Chiesa, La Mendola… 1971, II, Milano 1973, Comunicazioni, pp. 21 ss.; F. Turvasi, Giovanni Genocchi e la controversia modernista, Roma 1974, p. 52; Il movimento cattolico e la società italiana in cento anni di storia, Roma 1976, ad ind.; F. Fonzi, I cattolici e la società italiana dopo l'Unità, Roma 1977, p. 54; D. Scacchi, Il movimento operaio a Roma nel primo decennio dopo l'Unità, in Roma tra Ottocento e Novecento. Studi e ricerche, Roma 1981, ad ind.; M. Belardinelli, I cattolici nella vita politica romana, in Roma nell'età giolittiana. L'amministrazione Nathan. Atti del Convegno di studio… 1984, Roma 1986, pp. 2 s.; G. Ignesti, Il tentativo conciliatorista del 1878-1879. Le riunioni romane di casa Campello, Roma 1988, ad ind.; Id., Francia e Santa Sede tra Pio IX e Leone XIII, Roma 1988, pp. 22, 24; L. Fiorani, Modernismo romano, 1900-1922, in Ricerche per la storia religiosa di Roma, VIII (1990), p. 83; A. Ciampani, L'evoluzione della lotta amministrativa capitolina dopo l'avvento della Sinistra al potere, in Arch. della Società romana di storia patria, CXIX (1996), pp. 140 ss.; Id., Orientamenti della curia romana e dell'episcopato italiano sul voto politico dei cattolici (1881-1882), in Archivum historiae pontificiae, XXXIV (1996), pp. 274 ss., 292, 297; G. Vian, La riforma della Chiesa per la restaurazione cristiana della società. Le visite apostoliche delle diocesi e dei seminari d'Italia promosse durante il pontificato di Pio X (1903-1914), Roma 1998, pp. 856 ss., 860; G. Dotta, La nascita del movimento cattolico a Torino e l'Opera dei congressi (1870-1891), Casale Monferrato 1999, pp. 231, 528; A. Ciampani, Cattolici e liberali nella trasformazione dei partiti. La "questione di Roma" tra interessi locali, politica nazionale e progetti vaticani (1876-1883), Roma 2000, passim; La comunità cristiana a Roma, III, La sua vita e la sua cultura tra età moderna ed età contemporanea, a cura di M. Belardinelli - P. Stella, Roma 2002, pp. 219 ss. e passim; M. Casella, L'associazionismo cattolico a Roma dopo Porta Pia. Origini, progetti e attività della "Federazione Piana delle Società Cattoliche", in Società, Chiesa e ricerca storica. Studi di storia moderna e contemporanea in onore di P. Borzomati, a cura di M. Naro, Caltanissetta-Roma 2002, ad ind.; Id., L'associazionismo cattolico a Roma dal 1870 al primo Novecento, Galatina 2002, ad indicem.