CORSI, Domenico Maria
Nacque a Firenze nel 1633 da Giovanni di Jacopo e da Lucrezia Salviati.
Il padre, già ambasciatore di Firenze a Milano nel 1637, fu anche senatore e quindi inviato oratore ad Alessandro VII nel 1655, in occasione della sua elezione al soglio pontificio. Aveva inoltre ereditato dallo zio Bardo il feudo di Caiazzo, da questo acquistato nel 1617 nel Regno di Napoli ed eretto in marchesato da Filippo III. Da qui in alcuni autori l'iscrizione, in realtà arbitraria, della famiglia Corsi nei ruoli della nobiltà napoletana. Pure inesatta l'affermazione dell'Orsolini che identifica la madre del C. in Virginia Vitelli, che fu in realtà la seconda moglie di Giovanni. Da evitare infine la confusione causata da alcuni autori che identificano nel C. il suo omonimo pronipote, mons. Domenico Maria, morto il 26 nov. 1732 in Roma.
Avviato sin da giovane alla carriera ecclesiastica, il C. studiò sotto la guida dello zio Lorenzo, già nunzio in Francia, quindi vicelegato d'Avignone e prelato domestico, e si addottorò "in ambo le leggi" presso lo Studio di Pisa. Nel 1659 è iscritto all'Accademia fiorentina. Stabilitosi a Roma, dopo la morte dello zio cardinale, fu accolto nella protezione del pontefice Alessandro VII. Il 7 apr. 1664 acquistò "grazie alle sue sostanze" l'ufficio di protonotario apostolico e quindi il chiericato di Camera. Ma non bisogna credere che la carriera del C. fosse dovuta, essenzialmente al nome e al rango della famiglia. In realtà egli esercitò con onore sempre maggiori incarichi. Fu prima vicegovernatore di Fermo, vicelegato di Urbino e, dal 1667, di Ferrara. Sotto Clemente X fu inoltre visitatore della Camera apostolica nella provincia del Patrimonio e, alla morte del pontefice, il Sacro Collegio lo volle quale governatore del conclave dal quale uscì eletto Innocenzo XI. Ben conosciuto dal nuovo pontefice, fu nominato uditore della Camera apostolica e ricoprì ancora numerosi uffici: commissario generale delle Armi, presidente della Zecca, delle Acque e dell'Annona, impegnandosi in essi sempre con grande energia e forte carattere. Il 30 sett. 1686 infine fu creato cardinale diacono del titolo di S. Eustachio e, pochi mesi dopo, deputato cardinale legato di Romagna per un triennio, prorogato il 27 ott. 1689 per un altro triennio. Resasi inoltre vacante la diocesi di Rimini il 7 luglio 1687 ne venne eletto vescovo.
Per alcuni anni quindi la sua attività fu divisa fra quella pastorale per la sua diocesi e quella politica per la legazione di Romagna. Di quest'ultima tuttavia gli storici sono concordi nel ricordare solo il restauro effettuato nel 1692 alla tomba di Dante nel convento dei padri di S. Francesco e l'appoggio dato al magistrato di Ravenna che rivendicava la proprietà del monumento al comune ravennate. Sull'attività pastorale nella sua diocesi il C. ha lasciato, egli stesso numerose testimonianze. Il 27 apr. 1688 visitò la cattedrale e l'anno seguente l'intera diocesi. Fece quindi costruire, insieme al Consiglio comunale che lo aveva dichiarato protettore della città, un ospedale e un nuovo seminario. Nel 1692 fece edificare a sue spese la cappella, contigua alla cattedrale, di S. Maria del Rifugio, donandola alla Compagnia del SS. Sacramento. Nello stesso anno si oppose con la sua solita fermezza e con successo alla richiesta dell'arcivescovo di Ravenna, mons. Ferretti, di far dichiarare la Chiesa di Rimini suffraganea di quella ravennate. Nel 1696 tenne infine il sinodo, le cui costituzioni furono pubblicate due anni dopo. Partecipò ai conclavi da cui uscirono eletti Alessandro VIII, nell'autunno del 1689 e Innocenzo XII nel dicembre 1691.
Il 3 dic. 1696 passò dall'Ordine dei cardinali diaconi a quello dei preti e fu trasferito dal titolo di S. Eustachio a quello di S. Pietro in Montorio. Due mesi dopo, il 14 genn. 1697, venne ancora nominato camerario del Sacro Collegio.
Morì a Rimini il 6 nov. 1697.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Varicano, ActaCam., 23, ff. 195, 205; Ibid., Secret. brev. 1787, f. 15; Ibid., Segret. di Stato, Legaz. di Ferrara, ms. 42, 1667 (lettere di mons. C. vicelegato); Ibid., Romagna, mss. 21-25, 1688-1690 (lettere del card. C. legato di Rimini), Lettere cardinali, 1687-1697 (quattordici lettere del card. C. al card. Spada e al papa da Novara, Forlì, Ravenna, Rimini); Bibl. Apost. Vat., Barb. lat. 94, f. 145 (lettera al C. vescovo di Rimini, 1694); Firenze, Bibl. naz., Mss. collez. Passerini, nn. 8, 187, 217; Ibid., Poligrafo Gargani, nn. 666-68; Codd. Magliab., cl. VIII, 274 (3-17), quindici lettere (1661-1685) ad Antonio Magliabechi; Arch. di Stato di Firenze, Carte Guicciardini-Corsi-Salviati (numerose lettere del C. dal 1670 al 1695); Archivio di Stato di Roma, Congregazione delleAcque e strade e Annona (numerosi atti del C. quale presidente delle due congregazioni); J. Rilli, Notizie lett. ed istoriche intorno agl'uomini ill. dell'Accademia fiorentina, Firenze 1700, pp. 365 s.; I. Orsolini, Inclytae nationis Florentiane familiae suprema Romani Pontificatus ac sacra cardinalatus illustratae, I, Romae 1706, pp. 561-565; L. Narei, Cronotassi dei pastori della S. Chiesa riminese..., Rimini 1813, pp. 309 s.; R. De Minicis, Serie de' signori e podestà, governatori edelegati di Fermo, Fermo 1855, p. 60; A. Tiribilli Giuliani, Sommario stor. delle famiglie celebritoscane, Firenze 1855, sub voce;G. Buonaccorsi, Antichità ed eccellenza del protonotariato apostolico, Faenza 1751, p. 456; C. Ricci, L'ultimorifugio di Dante, Milano 1921, pp. 336, 358, 360 ss., 372, 374, 379, 436; L. v. Pastor, Storiadei papi, XIV, 2, Roma 1962, ad Indicem;G. Moroni, Diz. di erudiz. stor-eccles., XVII, p. 260; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica..., V, Patavii 1952, pp. 14, 99.