LOVISATO, Domenico
Nacque a Isola d'Istria il 12 ag. 1842 da Giuseppe, calzolaio, appartenente a una famiglia oriunda del Friuli ma radicatasi in Istria da almeno due generazioni, e da Antonia Vascotto, capodistriana. Era il terzo di cinque figli che nel 1850, quando erano tutti ancora in assai tenera età, rimasero orfani di padre, in miserrime condizioni finanziarie. Di vivace intelligenza e attratto dallo studio, poté compiere l'intero iter scolastico, dalle elementari alle superiori (a Isola, Capodistria e Udine) grazie all'interessamento e al concreto aiuto di parenti e amici di famiglia. Fin dai tempi del liceo maturò idee e sentimenti irredentistici che attirarono l'attenzione delle autorità austriache e gli procurarono già allora qualche provvedimento punitivo. Completati nel 1862 gli studi secondari, nello stesso anno il L. si iscrisse al corso di matematica presso l'Università di Padova, peraltro sempre più esaltandosi nel fervore patriottico, tanto da essere costantemente e strettamente controllato dalla polizia.
Fu arrestato ben otto volte; nel 1864 subì un processo per alto tradimento, da cui uscì assolto per mancanza di prove; l'anno seguente fu colpito da un provvedimento di espulsione da tutti gli istituti dell'Impero asburgico, punizione poi commutata in una sospensione e un periodo di confino. Nel frattempo, però, scoppiata la guerra del 1866 contro l'Austria, il L. si arruolò volontario e combatté nel Trentino, conquistandosi la stima e l'affetto di G. Garibaldi.
Ripresi gli studi universitari, il L. conseguì la laurea nel gennaio del 1867. Ebbero allora inizio un'attiva collaborazione universitaria (ancora prima della laurea gli era stata prospettata la possibilità di divenire aiuto della cattedra di calcolo sublime) e una carriera di insegnante di matematica e fisica nelle scuole secondarie in varie sedi disagiate. Il primo incarico lo condusse al liceo di Sondrio; poi fu a Sassari (1874), Girgenti (oggi Agrigento, 1875), Catanzaro (1876). In quest'ultima sede restò per due anni, compiendo notevoli ricerche geologiche e paletnologiche sulla Calabria, che gli dischiusero di nuovo le porte universitarie con la nomina nel 1878 a professore straordinario di mineralogia nell'Università di Sassari.
Il trasferimento a Sondrio aveva avuto un'importanza determinante per la sua attività scientifica perché gli aveva fatto scoprire la sua vera passione, quella per le scienze della terra. Così, da matematico divenne naturalista, e poi geologo: un geologo sostanzialmente autodidatta - sul quale ebbero grande influenza la lettura delle opere di L. Pilla e la dimestichezza con T. Taramelli (uno dei padri della moderna geologia italiana) - che sarebbe risultato, in Italia, uno fra i più significativi del secolo, soprattutto per i pionieristici studi nel Mezzogiorno.
Appartiene al periodo trascorso a Sondrio un interessante discorso (1874), mai dato alle stampe dal L., che, ritrovato mezzo secolo dopo tra le carte degli eredi da E. Fossa Mancini, fu da questo pubblicato in forma riassuntiva nel Bollettino della Società geologica italiana. L'interesse di tale discorso, tenuto per commemorare Pilla, consiste nel fatto che vi si anticipa la teoria della deriva dei continenti (più nota come teoria di Wegener, dal nome del geofisico tedesco che l'avrebbe compiutamente formulata una quarantina d'anni più tardi), divenuta, nel corso del XX secolo, una delle idee portanti delle scienze della terra.
Fossa Mancini, e i geografi L. Giannitrapani e M. Lo Monaco concordano nel considerare il L. un vero precursore di A. Wegener, nonostante alcune ingenuità e veri e propri errori cronologici. Tali ingenuità ed errori sono tuttavia perfettamente spiegabili con la scarsità dei mezzi di cui un giovane docente di liceo di provincia poteva disporre negli anni Settanta dell'Ottocento e di cui forse egli stesso era consapevole: la qual cosa, con ogni probabilità, fu la ragione che fece desistere il L. dal divulgare le sue idee presso la comunità scientifica.
Nel periodo di Sondrio il L. strinse pure proficui rapporti di collaborazione con Taramelli e con l'ingegnere minerario e alpinista F. Giordano, altro notevole personaggio che ebbe parte importante nella sua vita, se non altro perché fu lui a raccomandare la partecipazione del L. alla spedizione in Patagonia, patrocinata dalla Società geografica italiana e dall'Ufficio geologico e finanziata dal governo argentino.
La spedizione nella Terra del Fuoco e in Patagonia, una delle missioni esplorative guidate da G. Bove, che si svolse dal dicembre 1881 al settembre 1882, fu in certo senso un'impresa di ripiego, decisa dopo la delusione provocata dall'impossibilità di reperire i fondi necessari per una più ambiziosa spedizione antartica italiana. Oltre a Bove e al L. ne facevano parte lo zoologo D. Vinciguerra, il botanico italo-argentino C. Spegazzini e l'idrografo G. Roncagli. Il L., incaricato della vicepresidenza della commissione scientifica, in realtà svolse anche altre mansioni, sia scientifiche sia organizzative, come dimostrano i suoi diari, e ciò fu all'origine di qualche tensione con gli altri membri, specialmente con Roncagli. Gli appunti presi dal L. durante la spedizione, conservati nei Musei civici di Trieste, sono in corso di pubblicazione a cura di A. Assorgia (D. Lovisato, In Patagonia e in Terra del Fuoco. Trascrizione dei diarii, I, 3 ottobre - 16 dic. 1881, s.l. 2001; II, 17 dic. 1881 - 21 marzo 1882, Trieste 2003). Il contenuto dei primi due dei sei volumi previsti pone il L. a buon diritto tra le più interessanti figure della storia dell'esplorazione scientifica: in particolare tra quegli esploratori naturalisti che, in epoca non ancora di accentuata specializzazione, spaziavano con sicurezza in diversi campi delle scienze della natura compiendo simultaneamente puntuali osservazioni geologiche, geomorfologiche, paleontologiche, botaniche ecc., e sconfinando talora anche nelle scienze dell'uomo, cimentandosi negli studi di paletnologia.
La stima riscossa fruttò al L., da parte del governo dell'Argentina, l'offerta di proseguire le ricerche in quel Paese, a condizioni molto lusinghiere. Ma egli preferì tornare in Italia per continuare gli studi e per seguire da vicino gli eventi politici che si augurava potessero presto condurre al ricongiungimento delle terre irredente; e una delle sue prime preoccupazioni fu quella di compiere una visita nella natia Istria, dalla quale fu immediatamente espulso con un bando del capitano distrettuale (luglio 1883). La sua carriera accademica, invece, entrò in una fase positiva, perché nel 1884 divenne ordinario di mineralogia e geologia nell'Università di Cagliari dove svolse per oltre un trentennio un'intensa attività didattica e scientifica. Quest'ultima si concretizzò in un centinaio di pubblicazioni, in molti casi fondamentali per la conoscenza geologica della Sardegna, anche se quasi sempre presentate in forma dimessa e con titoli che non rendono giustizia allo spessore dei contenuti.
Il L. morì a Cagliari il 23 febbr. 1916.
Opere principali: Cenni geognostici e geologici sulla Calabria settentrionale, in Boll. del R. Comitato geologico d'Italia, IX (1878), pp. 155-174, 347-363, 468-488; X (1879), pp. 24-39, 108-137, 224-237; Cenni critici sulla preistoria calabrese, in Atti della R. Acc. dei Lincei. Memorie, cl. di scienze fisiche, mat. e nat., s. 3, IX (1880-81), pp. 391-417; Una escursione geologica nella Patagonia e nella Terra del Fuoco, in Boll. della Soc. geogr. italiana, s. 2, VIII (1883), pp. 333-347, 420-443; Da Buenos Aires alle Sierre di Cordova, ibid., pp. 911-930; Cenni geologici sulla Sardegna, in Annuario dell'Università di Cagliari, 1887-88, pp. 17-56; Brani sparsi di geologia sarda, in Atti della R. Acc. dei Lincei. Rendiconti, cl. di scienze fisiche, mat. e nat., s. 4, VII (1891), 1, pp. 168-173.
Fonti e Bibl.: G. Cora, La spedizione italo-platense in Patagonia diretta da Giacomo Bove, in Cosmos, VII (1882-83), pp. 181-192; G. Bove, La spedizione antartica: relazione del capo della commissione scientifica, in Boll. della Soc. geogr. italiana, s. 2, VIII (1883), pp. 5-60, 96-113; E. Fossa Mancini, L'opera scientifica di D. L., in Boll. della Soc. geologica italiana, XLIII (1924), pp. 227-232; A. Imeroni, D. L., Cagliari 1927; L. Giannitrapani, Il precursore italiano della teoria di Wegener, in L'Universo, XXXVII (1957), pp. 139-150; F. Rodolico, Naturalisti-esploratori dell'Ottocento italiano. Antologia scientifica e letteraria, Firenze 1967, ad ind.; M. Lo Monaco, Un geologo istriano precursore della teoria della deriva dei continenti, in Rivista dalmatica, LIV (1983), 2, pp. 109-115.