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INDUNO, Domenico

di Palma Bucarelli - Enciclopedia Italiana (1933)
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INDUNO, Domenico

Palma Bucarelli

Pittore, nato a Milano il 15 maggio 1815, morto ivi il 5 novembre 1878. Di famiglia poverissima, lavorò prima presso un orefice, poi con l'incisore Cossa, che gli aprì le porte dell'Accademia di Brera. Il suo saggio di concorso, Alessandro il Grande e il suo medico Filippo (Milano, Pinacoteca di Brera), e gli altri dipinti di quegli anni di noviziato - S. Martino, I serpenti, Saul, Samuele - ce lo mostrano tutto preso dal fascino del brillante pennello di Francesco Hayez. Ma se nello Hayez la grazia della forma e della linea sono tali che sempre rendono la bellezza molle e voluttuosa, nell'I. era qualche cosa di aspro e di chiuso che faceva velo alla bellezza. Pareva che l'I. volesse dedicarsi tutto alla pittura religiosa e storica, quando all'improvviso la disertò per darsi al quadro di genere. Il passaggio fu segnato dal Velite Veterano e dalla Vivandiera (1846), ma il quadro in cui la tendenza alla pittura aneddotica e illustrativa si afferma più compiutamente è la Questua (1848: Milano, coll. Crivelli), che voleva alludere alle segrete sottoscrizioni mazziniane. Seguirono il Racconto del vecchio cacciatore (Milano, Pinacoteca di Brera), il Rosario (1850: Milano, Galleria municipale d'arte moderna) e altri. Verso il 1860 l'I. muove la pittura a stringere da presso una più varia attualità di aspetti con più moderna verità pittorica, e, subito dopo il Vittorio Emanuele che posa la prima pietra della Galleria di Milano (Milano, Galleria d'arte moderna) e l'Arrivo del bollettino della pace di Villafranca (1860; Monza, collez. Sirtori), l'artista si allontana dai soggetti patriottici e inizia una lunga serie di quadri nei quali l'arguta e affettuosa commedia della vita è colta con la freschezza delle sue inclinazioni popolari, con uno spontaneo lirismo nel definire la scena complessiva o la figura isolata. Allora anche la sua tavolozza si ravvivò. Appartengono a questo gruppo, con moltissime altre, L'arrivo della lettera al campo (Milano, raccolta Ingegnoli), La stiratrice (Varese, coll. Molina), Allo specchio (Varese, coll. Chiesa), Scuola di sartine (Milano, Galleria di arte moderna).

L'I. è il più alto rappresentante di quella pittura di genere che prosperò in Lombardia dalla metà del sec. XIX. In lui la briosa scioltezza del racconto, la rappresentazione diligente trovano espressione in un disegno sicuro e spedito, che gli derivava dall'accademica disciplina della scuola del Sabatelli, e nelle franche finezze del pennello.

Meno vivo e spontaneo di lui, per quanto in vita gli fosse talvolta preferito, appare oggi il fratello Girolamo, nato a Milano nel 1827 e ivi morto il 19 dicembre 1890. Fu anche lui allievo di Luigi Sabatelli nell'Accademia di Brera, e, ancora studente, nel 1849 accorse alla difesa di Roma e in uno dei combattimenti presso la Porta S. Pancrazio si coprì di gloria e di ferite. Prese parte quindi alla spedizione in Crimea e seguì Garibaldi nel 1859. Tornato a casa riprese i pennelli soprattutto per celebrare in quadri episodici uomini e vicende delle guerre di redenzione alle quali aveva partecipato. In questo genere la sua produzione è copiosissima e solo per indicare qualcuna delle opere più note si ricordano: S. Pancrazio (Milano, coll. privata); La difesa del Vascello (Milano, Palazzo reale); L'Alpino (Milano, Museo del Risorgimento); La partenza da Quarto; La visita di Garibaldi a Vittorio Emanuele in Roma, La fidanzata del garibaldino, ecc. Eseguì anche numerosi ritratti di personaggi storici: Vittorio Emanuele II; Garibaldi; Cavour; Mazzini; Manin. Ma, seguendo l'esempio del fratello, oltre i motivi patriottici e guerreschi, non sdegnò le argute scene della vita popolare e borghese, le rievocazioni pittoresche della vita settecentesca, e visioni di paesaggio, come Pescarenico, soffuse di un pacato lirismo e di serena ingenuità campagnola. Produttore meno impetuoso di Domenico, Girolamo I. può stargli vicino per la delicatezza e l'intimità dell'ispirazione.

Bibl.: A. Rovani, Le tre arti, Milano 1874, I, p. 230 segg.; C. Belgioios, D. I., Milano 1878; Thieme-Becker, Künstler-Lexicon, XVIII, Lipsia 1925 (con bibl.); E. Somaré, Storia dei pittori ital. dell'800, Milano 1928, I. pp. 168-172 (con bibl.); U. Ojetti, La pittura ital. dell'800, Milano-Roma 1929.

Vedi anche
Cremóna, Tranquillo Cremóna, Tranquillo. - Pittore italiano (Pavia 1837 - Milano 1878), fratello del matematico Luigi. Studiò prima a Pavia presso G. Trécourt, poi a Venezia (1852-59), e a Milano con G. Bertini. Le sue prime opere, fino al Marco Polo davanti al Gran Can dei Tartari (1863, Roma, Gall. naz. d'arte mod.), ... Previati, Gaetano Pittore (Ferrara 1852 - Lavagna 1920); allievo a Firenze (1876-77) di A. Cassioli e a Milano (1877-80) di G. Bertini, si affermò con Gli ostaggi di Crema (1879, Firenze, Galleria d'arte moderna), in cui gli scuri impasti cromatici e i contrastati effetti luministici rivelano l'adesione all'inquieto romanticismo ... Signorini, Telemaco Pittore (Firenze 1835 - ivi 1901). Tra le più significative personalità del gruppo dei macchiaioli, di cui fu anche teorico, dipinse impressioni urbane e paesaggistiche (Novembre, 1870) e opere animate da un pungente verismo (Sala delle agitate, 1865), giungendo nell'ultimo periodo a effetti di accentuato ... Segantini, Giovanni Pittore (n. Arco 1858 - m. sullo Schafberg, Engadina, 1899). Con tecnica divisionista realizzò ampie composizioni di soggetto naturalista, caratterizzate da sfuggenti tagli prospettici e da pennellate a fibre lunghe di una luminosità cristallina. Negli ultimi anni di attività prolungati contatti con ...
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