GUNDISALVI, Domenico (Domingo Gonzáles, Dominicus Gundissalinus)
Arcidiacono di Segovia nel sec. XII. Con la sua infaticabile attività di traduttore di documenti del pensiero filosofico greco-arabo e di compilatore di trattati che ne sistemavano e sviluppavano i problemi, aprì in Spagna (che così precedette, in questo, di qualche decennio gli altri paesi europei) le porte della filosofia cristiana d'Occidente all'influsso dell'aristotelismo e delle sue interpretazioni orientali.
Fra le opere tradotte sono da ricordare il De scientiis di al-Fārābī, le Intenzioni dei filosofi di al-Gazzālī, e soprattutto la logica, la metafisica e parti della fisica del Kitāb ash-Shifā' di Avicenna (la grande enciclopedia filosofica, il cui ricco contenuto aristotelico fece assumere a tali traduzioni il nome di Parafrasi di Aristotele), la Fons Vitae di Avencebrol (Ibn Gabīrōl), edita da C. Bäumker in Beiträge zur Gesch. der Philosophie des Mittelalters, I, ii-iv, Münster 1892-95 (e cfr. la versione spagnola di F. de Castro y Fernández, voll. 2, Madrid 1901). Tali versioni furono compiute principalmente con l'aiuto di Giovanni Ispano (Iohannes ben David, o Ibn Dāwūd o Avendehut, secondo le varie grafie), il quale traduceva parola per parola (secondo la tecnica medievale) l'arabo in castigliano, che il G. voltava infine in latino; ed ebbero influenza enorme per la conoscenza della filosofia araba nell'Occidente.
Molti e importanti sono anche i trattati originali. Il De unitate (ed. P. Correns, in Beitrîge, I, 1, Münster 1891: già attribuito falsamente a Boezio, che ne è peraltro, insieme con Avencebrol, la fonte) tratta della realtà in quanto universalmente costituita di materia e forma. Il De processione mundi (ed. Menéndez y Pelayo, in Historia de los heterodoxos sepañoles, I, Madrid 1880, pp. 691-711, e G. Bülow in Beiträge, XXIV, iii, Mu̇nster 1925) rappresenta un interessante tentativo di connettere e armonizzare la dottrina cristiana della creazione con l'emanatismo neoplatonico-arabo di Avicenna e di Avencebrol. Sotto l'influsso degli stessi autori è il De anima (ed. in parte da A. Löwenthal, Königsberg 1890), mentre ignota è la fonte araba da cui dipende il De immortalitate animae (ed. da G. Bülow in Beiträge, II, iii, Münster 1897, insieme col rifacimento che ne fece più tardi Guglielmo d'Alvernia), le cui argomentazioni ebbero molta fortuna ed esercitarono vasta influenza (p. es. su Giovanni de la Rochelle, S. Bonaventura, Alberto Magno). Infine, il De divisione philosophiae (ed. L. Baur, in Beiträge, IV, ii-iii, Münster 1903), in cui è palese l'influsso di molti autori arabi (specialmente al-Fārābī) oltre che latini, pone decisamente alla base della sua concezione metodologico-didattica il sistema scientifico dell'aristotelismo, in luogo dello schema tradizionale del trivio e del quadrivio.
Bibl.: Oltre alle introduzioni delle edizioni citate, v.: C. Baümker, D. G. als philosoph. Schriftsteller, in Compte rendu du 4e Congrès scient. intern. d. Cath., III, Friburgo (Svizzera) 1898, p. 50 segg. Sulla dottrina dell'immortalità: J. A. Endres, in Philos. Jahrbuch, XII (1900), pp. 382-92; M. Kreutle, ibid., XXXI (1918), pp. 359-65. Più ampia bibl. in F. Ueberweg, Grundr. d. Gesch. d. Philos., II, 2ª ed., Berlino 1928, pp. 358 e 729-30.