GIZZI, Domenico
Nacque ad Arpino, dove fu battezzato il 12 marzo 1687, da Agata di Iorio, di una famiglia di notabili locali, e da Igino, di Ceccano, discendente da un'antica famiglia originaria di Ferentino. Il G. fu iniziato allo studio della musica da M.T. Angelio, maestro di cappella, a sua volta allievo di G. Carissimi, che ravvisò nel giovane spiccate doti musicali e soprattutto le necessarie qualità vocali per farne un virtuoso di canto. Il G. fu quindi inviato ancora fanciullo a Napoli, per ricevere un'adeguata preparazione presso il conservatorio di S. Onofrio a Capuana; lì, secondo il Villarosa, il Grossi e il Florimo, suoi primi biografi, studiò sotto la guida di A. Scarlatti ed ebbe come compagni Nicola Porpora e Francesco Durante. Su tali informazioni è lecito nutrire più di un dubbio: sappiamo infatti che Porpora si formò presso il conservatorio dei poveri di Gesù Cristo. Altre fonti indicano invece il G. come allievo di Angelo Durante, zio di Francesco.
Dopo aver completato gli studi, il G. fu assunto nel 1700 come sopranista presso la cappella del Tesoro di S. Gennaro, occupando tale posto sino al 1707, e poi nuovamente dal 1717 al 1736. Nel 1706 fu altresì ammesso nella Reale Cappella di Napoli e dal 1718 vi figurò come "primo musico soprano".
La questione del registro vocale del G. ha dato adito in passato ad alcuni malintesi; non si hanno infatti notizie riguardo la sua evirazione e nelle già citate biografie ottocentesche, spesso inesatte e talvolta contraddittorie, il G. viene indicato come tenore: nei registri contabili della Reale Cappella al suo nome corrisponde però la qualifica di soprano. Il Grossi riporta che nel 1732 fu eseguita a Napoli, in casa del duca di Monteleone, la cantata Egeria (poesia di G. Torrini, musica di Giuseppe Di Majo), nella quale il G., ormai nella fase discendente della sua carriera operistica, figura nel ruolo di Partenope ed è indicato come tenore. Nei libretti a stampa veneziani e romani di alcuni anni prima, il suo nome è spesso seguito dal titolo di "virtuoso della Reale Cappella di Napoli": tale qualifica, certamente più consona a un evirato cantore, sembra corroborare le indicazioni frequentemente trovate nelle relazioni ufficiali che designano il G. quasi sempre come sopranista.
L'attività compositiva del G., pur adombrata da alcuni studiosi, ci è del tutto ignota. Secondo il Villarosa, una volta uscito dal conservatorio, avrebbe composto molta musica sacra e da camera, fra cui una significativa messa che fu cantata dal suo più celebre allievo, il sopranista Gioacchino Conti, meglio conosciuto come Gizziello, nome d'arte adottato in segno di devozione e gratitudine verso il maestro. Intorno al 1720, infatti, il G. si dedicò all'insegnamento del canto. Studiarono con lui anche compositori come F. Feo e G. Latilla, ma dalla sua scuola uscirono soprattutto cantanti di grande levatura, tra i quali ricordiamo i suoi conterranei G. Cossa, Giuseppe e Filippo Sidoti (Sidotti), il già citato G. Conti, senza dubbio il più famoso e rinomato, Angelina Sperduti detta la Celestina, D. Quadrini e il baritono D. Guglietti.
Il debutto operistico del G. ebbe luogo nel 1707 a Napoli, al teatro dei Fiorentini, nelle vesti di Camilla in Mitilene regina dell'Amazoni, di G. De Bottis, e di Elvira ne Il ritorno di Ulisse alla patria, di G. Porsile. Nel 1718 si trovava sicuramente a Roma, dove cantò per carnevale al teatro Capranica nel ruolo di Alessandro in Berenice regina di Egitto,o vero Le gare d'amore e di politica di D. Scarlatti e N. Porpora, e fu protagonista nel Telemaco di A. Scarlatti; il 4 dicembre di quell'anno fu Mercurio nella Serenata a quattro voci di D. Sarro, data nel palazzo reale di Napoli. Per il carnevale seguente fu nuovamente a Roma, al teatro Pace, prendendo parte a L'Etearco, nel ruolo di Mirene, e come protagonista in Erminia, probabilmente entrambe di G. Bononcini.
Dal dicembre 1719 al novembre del 1720 è documentata la presenza del G. in Sicilia (Cotticelli - Maione, 1993, p. 36; Pagano); si esibì in teatro a Messina, dove si trattenne fino al maggio 1720; nel novembre di quell'anno lo ritroviamo a Palermo, impegnato nelle recite di Ginevra principessa di Scozia di Sarro (libretto di A. Salvi), rappresentato nel teatro di S. Cecilia e al palazzo reale. Tornato a Napoli, interpretò nel 1722 Acide nella serenata di G. Comito La Galatea. Per tre stagioni consecutive di carnevale fu scritturato al teatro Alibert di Roma: nel 1722 fu Olderico in Flavio Anicio Olibrio di Porpora, e Massinissa nella Sofonisba di L. Predieri; nel 1723 interpretò Idelberto nell'Adelaide di Porpora e Arsace nel Cosroe di A. Pollaroli; nel 1724 fu protagonista nel Farnace di L. Vinci e fu Lucindo nello Scipione di Predieri.
Nell'autunno di quell'anno si esibì per la prima volta a Venezia, al teatro S. Cassiano, ne L'Antigona di G.M. Orlandini, nel ruolo di Ceraste; il carnevale seguente (1725), nello stesso teatro, interpretò Araspe in Didone abbandonata di T. Albinoni; in estate cantò alla Pergola di Firenze come Sigismondo nell'Arminio di C.F. Pollaroli e altri autori. Proprio in quegli anni la fama del G. raggiunse il suo apice: ancora nel 1725 fu Araspe per la prima esecuzione a Reggio Emilia della Didone abbandonata di Porpora. Ricoprì lo stesso ruolo il carnevale seguente nell'omonima opera, questa volta messa in musica da L. Vinci, all'Alibert di Roma, dove risulta impegnato anche nella parte di Sveno ne Il Valdemaro di Sarro. Per la stagione all'Alibert il G. percepì la ragguardevole cifra di 800 scudi romani (Roma, Arch. del Gran Magistero del Sovrano Militare Ordine di Malta, Registro delle spese fatte e denari pagati per servizio del teatro Alibert).
Per la stagione di primavera 1728 il G. fu scritturato dal teatro Falcone di Genova per La Griselda (Roberto) e Scipione nelle Spagne (Cardenio), entrambe su musiche di P.V. Ciocchetti. Dall'autunno 1728 al carnevale 1729 fu impegnato al teatro di S. Giovanni Crisostomo di Venezia, dove cantò dapprima nell'Ezio di Porpora (Valentiniano III); il declino sembra però approssimarsi già l'anno seguente: il G. fu presente ne L'abbandono di Armida di A. Pollarolo e altri autori (Ubaldo), nella Semiramide riconosciuta di Porpora (Sibari) e nel Catone di Utica di L. Leo (Cesare), ma in ruoli comprimari o secondari. Nel carnevale del 1730, al Valle di Roma, vestì i panni di Pirro nell'Andromaca di F. Feo e di Farnace ne L'Eupatra di G.B. Costanzi.
Sempre nel 1730 debuttò a Roma il suo pupillo Gioacchino Conti, esordio di una folgorante carriera europea che lo avrebbe accreditato come uno dei maggiori cantori evirati del suo tempo. Da allora in avanti il G. sarebbe stato ricordato principalmente per essere stato suo maestro e mentore.
Dopo essersi ritirato dalle scene, il G. continuò la propria attività di musico soprano presso la Reale Cappella di Napoli. Nel 1732, oltre alla già ricordata partecipazione alla favola drammatica Egeria, cantò al palazzo reale nell'oratorio S. Elena al Calvario di L. Leo, nel ruolo di S. Macario. Il 20 dic. 1752 e il 26 apr. 1758 fece parte della commissione esaminatrice nei concorsi per le nuove assunzioni alla Reale Cappella. I libri contabili indicano che il 16 febbr. 1744 gli era stato concesso un aumento della paga, e mostrano con chiarezza la somma del suo ultimo salario, 15 ducati, nonché l'esatta data della morte, avvenuta il 14 ott. 1758 a Napoli.
Fonti e Bibl.: G.B.G. Grossi, D. G.…, in D. Martuscelli, Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, VI, Napoli 1819, s.v.; C. de Rosa marchese di Villarosa, Memorie dei compositori di musica del Regno di Napoli, Napoli 1840, p. 86; F. Florimo, La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatori, II, Napoli 1880, pp. 25, 220 s., 223; T. Wiel, I teatri musicali veneziani del Settecento, Venezia 1897, pp. 71, 75, 89, 94 s.; G. Pannain, Una pagina inedita della storia musicale di Napoli, in Riv. musicale italiana, XXI (1914), 4, pp. 737-743; S. Di Giacomo, Maestri di cappella, musici e istromenti al Tesoro di S. Gennaro nei secoli XVII e XVIII, Napoli 1920, ad nomen; F. Häbock, Die Kastraten und ihre Gesangkunst, Stuttgart 1927, p. 397; E. Faustini-Fasini, Gli astri maggiori del bel canto napoletano: G. Majorano detto Caffarelli, in Note d'archivio per la storia musicale, XV (1938), 6, pp. 258-270; U. Prota-Giurleo, Breve storia del teatro di corte e della musica a Napoli nei sec. XVII-XVIII, in F. De Filippis - U. Prota-Giurleo, Il teatro di corte del palazzo reale di Napoli, Napoli 1952, pp. 19-149; A. Heriot, The castrati in opera, London 1956, pp. 115, 174; C. Alberici, Iconografia del melodramma veneziano del Settecento nella raccolta delle stampe A. Bertarelli al Castello Sforzesco, in Venezia e il melodramma nel Settecento, a cura di M.T. Muraro, I, Firenze 1978, pp. 23-45; M. Vincenzi, La musica a Napoli, Napoli 1984, p. 42; R. Pagano, Scarlatti Alessandro e Domenico: due vite in una, Milano 1985, p. 356; P. Barbier, Histoire des castrats, Paris 1989, pp. 54, 60, 91, 154, 227; F. Cotticelli - P. Maione, Le istituzioni musicali a Napoli durante il Viceregno austriaco (1707-1734). Materiali inediti sulla Real Cappella ed il teatro di S. Bartolomeo, Napoli 1993, ad indicem; Id. - Id., Onesto divertimento, ed allegria de' popoli. Materiali per una storia dello spettacolo a Napoli nel primo Settecento, Milano 1996, ad indicem; F.-J. Fétis, Biogr. univ. des musiciens, IV, p. 18; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, IV, p. 273; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 634; Die Musik in Gesch. und Gegenwart, V, col. 209; Enc. della musica Ricordi, II, p. 322; The New Grove Dict. of music and musicians (2001), IX, p. 917; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, III, p. 220.