GINNASI, Domenico
Nacque nel 1550 a Castel Bolognese, nel Ravennate, o nella tenuta familiare di Casalecchio di Reno, presso Bologna, da Francesco e da Caterina Pallantieri. Il padre era un noto chirurgo, chiamato a Roma da Pio IV come suo medico personale e incaricato di una cattedra di medicina alla Sapienza di Roma. La madre era sorella di Alessandro Pallantieri, governatore di Roma dal 1563 al 1566.
Il G. si formò a Bologna, come i suoi fratelli, e nel 1572 conseguì la laurea in utroque iure, alla quale aggiunse la frequentazione di corsi in scienze morali e teologiche. Si trasferì a Roma, probabilmente poco dopo, e iniziò a frequentare ambienti legati ai più importanti cardinali del Collegio. Le conoscenze acquisite durante questi anni gli permisero di intraprendere agevolmente la carriera ecclesiastica. Nel 1578, grazie alla sua cultura giuridica, ottenne senza difficoltà la nomina a referendario di entrambe le Segnature, carica che, di norma, indirizzava la carriera verso impegni di governo: infatti, dopo l'offerta, nel 1585, dell'incarico di ponente della Segnatura di giustizia, poi di vicelegato di Bologna (carica che il G. non poté accettare per l'opposizione del Senato), nel febbraio del 1586 fu nominato vicelegato di Marittima e Campagna, provincia meridionale dello Stato della Chiesa funestata dal banditismo. Il G., che pure operò con rigore per ristabilire l'ordine pubblico, non rimase in carica per lungo tempo e, già a dicembre, fu nominato arcivescovo di Siponto e Manfredonia.
Il G. si dimostrò all'altezza dell'alta dignità rivestita: nel 1588 e nel 1592 tenne due sinodi, rispettivamente a Siponto e a Manfredonia, vigilando sull'applicazione dei decreti del concilio di Trento e sopprimendo il rito greco, fino ad allora in uso a Siponto. Fondò inoltre un seminario per 25 chierici e un convento per religiose, fece ingrandire il palazzo arcivescovile, restaurò la cattedrale, commissionò lavori al santuario di Monte Sant'Angelo, sul Gargano. Infine si distinse nell'assistenza ai meno abbienti, fondando un monte di pietà.
L'impegno profuso dal G., in linea con i dettami postridentini, sembrava garantirgli un prestigioso avvenire pastorale; invece l'elezione di Clemente VIII, nel 1592, aprì una nuova stagione. Il papa Aldobrandini, infatti, che aveva probabilmente conosciuto il padre del G., lo richiamò agli incarichi politici, affidandogli, nel febbraio 1595, il governo di Fermo, di cui era titolare il cardinal nipote, Pietro Aldobrandini. Fu inoltre proposta al G. l'importante carica di tesoriere generale dello Stato, quindi la nunziatura di Polonia, in sostituzione di Germanico Malaspina. Ma il G. rifiutò in entrambi i casi: non si sentiva, infatti, pronto ad assumere l'onere della Tesoreria e il debole stato di salute sconsigliava un pesante trasferimento Oltralpe.
L'11 ag. 1598 il G. fu inviato come nunzio a Firenze, dove rimase per pochi mesi. Non dovette affrontare problemi di grande importanza, a parte la questione delle "chiane", cioè la regolamentazione dei corsi d'acqua della Val di Chiana, che interessava tanto il territorio dello Stato della Chiesa quanto quello del Granducato. Lo stesso G. confessava che "fuori che certe cause civili, non ci è che far molto" (lettera al cardinale P. Aldobrandini, Firenze, 28 genn. 1599, in Archivio segreto Vaticano, Segreteria di Stato, Firenze, 13, c. 252r). Ebbe anche occasione, ricevuta l'autorità di commissario e visitatore apostolico, di ispezionare diversi monasteri e santuari, tra i quali l'eremo di Camaldoli.
Nel marzo 1599 fu presa in seria considerazione la sua nomina a governatore di Roma, ma Clemente VIII preferì inviarlo nunzio straordinario in Spagna per la composizione dei contrasti sul possesso del Finale.
La questione di Finale, più che per meriti del G., ben presto si sgonfiò da sé. Quando il nunzio ordinario, Camillo Caetani, fu richiamato a Roma, l'onere della nunziatura spagnola passò al G., insieme alla collettoria apostolica (gennaio 1600). Il G. fu messo al corrente dal Caetani delle questioni più importanti e non ricevette particolari istruzioni da Roma. Tuttavia, sapeva bene che il suo compito principale era difendere le ragioni della S. Sede nei continui conflitti giurisdizionali con i rappresentanti della "Monarquía" nella penisola iberica, nello Stato di Milano, nel Regno di Napoli e in Sicilia. Il G. seppe sostenere queste incombenze guadagnandosi approvazione e stima da parte di Clemente VIII; in diverse occasioni ottenne dalla corte di Filippo III offerte di composizione dei conflitti, ma i risultati concreti furono piuttosto limitati.
Il G. si occupò anche della riforma del clero regolare secondo i dettami del concilio di Trento, si adoperò per migliorare i rapporti tra gesuiti e domenicani - esacerbati dalla controversia de auxiliis - e cercò di aumentare il controllo della S. Sede sul locale S. Uffizio. Vigilò, inoltre, affinché non si creassero tensioni di rilievo tra Francia e Spagna e, infine, si presentò come intermediario nei rapporti tra i membri della corte di Filippo III e la Curia, nonché tra i vertici della gerarchia ecclesiastica (e, talvolta, i più importanti nobili italiani) e la "Monarquía". D'altro canto, come collettore generale, fu impegnato nel faticoso recupero alla Camera apostolica di beni e rendite appartenuti a prelati defunti.
La prestigiosa nunziatura di Spagna guadagnò al G. la promozione cardinalizia, ottenuta il 9 giugno 1604: iniziò quindi i preparativi per il ritorno a Roma, che non fu però immediato come immaginava. Morto Clemente VIII (3 marzo 1605), il G. non poté partecipare al conclave - nel quale si ventilò addirittura la sua elezione - che portò alla scelta di Leone XI. Durante il successivo pontificato, di Paolo V, nel 1606 il G. assunse il titolo cardinalizio di S. Pancrazio e poco dopo quello dei Dodici Apostoli. Dovette rinunciare all'arcidiocesi di Siponto e Manfredonia, che nel 1607 fece assegnare al nipote, Annibale Serughi.
Rimasto vicino a Pietro Aldobrandini - che si era trasferito a Ravenna -, lo informava fedelmente degli affari della corte di Roma e delle vicende politiche spagnole, sulle quali il suo giudizio era ancora considerato autorevole.
In questo periodo il G. coltivò intensamente i suoi interessi culturali, partecipando, intorno al 1608, alle riunioni dell'Accademia degli Ordinati, fondata e presieduta dal cardinale Giovan Battista Deti. Anche il suo impegno religioso cresceva: a Castel Bolognese, dove si recò in visita nel 1613, fece istituire a sue spese un nuovo monastero femminile.
Dopo la morte di Paolo V (1621), il G. presenziò al conclave che elesse Gregorio XV, collocandosi nello schieramento degli Aldobrandini.
Durante il pontificato Ludovisi, rivestì un ruolo di una certa importanza: era infatti consultato spesso e convocato in congregazioni riunite per trattare materie delicate, come la devoluzione del Ducato di Urbino o il ritorno a Roma di Marco Antonio De Dominis, arcivescovo di Spalato esule a Londra. Tra il 1621 e il 1623, infine, il G. presiedette la congregazione concistoriale in qualità di prefetto.
Nel 1623, morto Gregorio XV, il G. entrò nuovamente in conclave; dapprima sembrò avere discrete possibilità di successo, ma in seguito il suo eccessivo rigore e il divulgarsi di accuse sulla sua presunta avarizia fecero tramontare la candidatura.
Dopo l'elezione di Urbano VIII Barberini, il G. mutò titolo cardinalizio passando, nel 1624, a quello di S. Lorenzo in Lucina. Il 2 marzo 1626 ebbe la diocesi suburbicaria di Palestrina, dove si recò raramente, ma donò alla chiesa cattedrale alcune sacre suppellettili e si dimostrò generoso dispensatore di elemosine. Il 2 ag. 1629 passò alla sede suburbicaria di Porto e S. Rufina e infine, il 30 luglio 1630, come cardinale decano del Collegio, a quella di Ostia e Velletri.
Mosso da una sincera sollecitudine pastorale, durante gli anni del pontificato Barberini il G. si distinse per il mecenatismo artistico e per le iniziative di beneficenza. A Ostia fece riedificare la chiesa di S. Sebastiano (andata in rovina), spendendo circa 6000 scudi, ed eresse anche un ospedale per i lavoratori delle vicine campagne. Nella chiesa cattedrale di Velletri fece costruire, a vantaggio della locale Confraternita del Suffragio, una elegante cappella, ornata di marmi preziosi e di pitture della nipote Caterina. Donò alla cattedrale di Velletri un busto di s. Clemente (contenente le sue reliquie) e un organo. Istituì altresì un Monte dell'abbondanza dei grani, a beneficio dei molti poveri locali. Soprattutto, nel 1633, il G. fece trasportare dalla chiesa romana dei Ss. Cosma e Damiano all'oratorio della morte di Velletri una tavola raffigurante la Madonna con il Bambino e due angeli dipinta da Gentile da Fabriano nel 1426-27, durante il soggiorno romano dell'artista.
A Roma, il G. era ormai uno dei cardinali più ascoltati. Partecipò alla congregazione del Buon Governo, a quella concistoriale, a quella dei Vescovi e regolari, a quella della Fabbrica di S. Pietro.
Il G. entrò in contatto con Giuseppe Calasanzio e divenne protettore dell'Ordine dei padri della buona morte - dedicato all'assistenza ai malati - fondato da Camillo De Lellis (che aveva personalmente conosciuto). In un'ala del suo palazzo, nella strada delle Botteghe Oscure, fece edificare una chiesa dedicata a S. Lucia e in un'altra ala, nel 1635, sistemò un monastero femminile (detto del Corpus Domini) da lui fondato e guidato dalla regola carmelitana. Infine, nello stesso luogo, fondò un collegio per otto scolari meritevoli provenienti dalla sua cittadina natale.
Nel contempo il G. si dedicava ai suoi commentari, le Enarrationes in omnes Psalmos David… (Romae 1636) e il lavoro sul Pentateuco, rimasto incompiuto a causa della morte, che avvenne a Roma il 12 marzo 1639.
Le esequie furono tenute a Roma in S. Maria sopra Minerva, a Velletri e a Castel Bolognese. L'orazione funebre (del gesuita C.F. De Luca) fu, poco dopo, data alle stampe. Il G. fece testamento a favore della nipote Caterina Ginnasi e dei figli maschi dei suoi fratelli, riservando entrate sufficienti alle istituzioni da lui fondate; fu sepolto in S. Lucia alle Botteghe Oscure. Giuliano Finelli realizzò il suo monumento funebre e ne scolpì post mortem un busto, attualmente nella Galleria Borghese.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, Acquisti e Doni, bb. 15-18, dove si trova materiale relativo alla nunziatura di Spagna e un'edizione a stampa del testamento (1695). Riferimenti bibliografici e alle fonti sono in Die Hauptinstruktionen Clemens' VIII. für die Nuntien und Gesandten an den europäischen Fürstenhöfen. 1592-1605, a cura di K. Jaitner, Tübingen 1984, ad indicem; Die Hauptinstruktionen Gregors XV. … 1621-1623, a cura di K. Jaitner, ibid. 1997, ad indicem; Ch. Weber, Die ältesten päpstlichen Staatshandbücher. Elenchus congregationum et collegiorum Urbis. 1629-1714, Roma-Freiburg-Wien 1991, pp. 190, 193, 195 s.; A. Gardi, Lo Stato in provincia. L'amministrazione della Legazione di Bologna durante il regno di Sisto V (1585-1590), Bologna 1994, ad indicem; P. Santa Maria, Finelli, Giuliano, in Diz. biogr. degli Italiani, XLVIII, p. 33; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XX, coll. 1426 s.