GALLETTI, Domenico (Dominicus Gallettus)
Figlio di Jacopo, nacque a Monte San Savino nel 1443 o nel 1444, come si deduce dall'epitaffio apposto sulla sua tomba, nel quale si afferma che morì nel 1501 all'età di 58 anni.
Amico fin da giovanissimo di Marsilio Ficino, compì a Firenze studi filosofici e umanistici. Canonico della metropolitana di Arezzo, nel 1466 fu chiamato presso la Curia romana dove ebbe l'ufficio di segretario apostolico e di abbreviatore "de parco maiori", mantenendo tuttavia il canonicato aretino e le relative prebende. La data del trasferimento a Roma è testimoniata sia da una lettera in volgare del G. a Lorenzo de' Medici datata 11 giugno 1474 - in cui egli scriveva tra l'altro di essere in quella città già da "octo anni passati" - sia dal documento con cui Innocenzo VIII, il 22 marzo 1486, lo nominò segretario apostolico e nel quale si affermava che egli prestava servizio in Curia da venti anni come "scriptor".
Nel 1469 Paolo II intimò all'abate aretino Girolamo Aleotti, concanonico del G., di corrispondere per intero a quest'ultimo le rendite del suo canonicato; l'Aleotti replicò che ai canonici non residenti (come, appunto, il G.) spettavano solo "duodecim mensuras frumentarias". Nel 1474 il pontefice concesse al G. due benefici ecclesiastici, vacanti per la morte di Bartolomeo Gherardini. I Gherardi e i Gherardini si opposero al provvedimento. Il G. scrisse, allora, a Lorenzo de' Medici la già ricordata lettera dell'11 giugno 1474, chiedendo la sua protezione e la sua assistenza nella controversia. Nella medesima epistola il G. coglieva l'occasione per lamentarsi della sua condizione in Curia. È certo, tuttavia, che il G. percorse in Curia una carriera di tutto rilievo. Sotto i pontificati di Paolo II e di Sisto IV lavorò come "scriptor brevium", accanto al fulginate Sigismondo de' Conti e fu alle dirette dipendenze dell'amico Leonardo Dati, vescovo di Massa Marittima e "secretarius domesticus" pontificio, sino alla morte di quest'ultimo (1472). Gaspare da Verona, biografo di Paolo II, scrive che il G. e il Conti "miris, quamvis iuvenes, virtutibus fulgent". Il 22 marzo 1486, sotto Innocenzo VIII, il G. divenne segretario apostolico di numero; il documento di nomina gli concedeva il diritto a subentrare nel primo posto di segretario che si fosse reso vacante. Ciò si verificò nell'agosto del 1491, alla morte di Pietro Altissen. Lo stesso Innocenzo VIII gli conferì, il 23 luglio 1485, una cappellania nella chiesa di S. Lorenzo a San Giovanni Valdarno e, nel medesimo giorno, gli concesse un salvacondotto per la Toscana. Il 13 genn. 1486 gli assegnò inoltre la pieve di Pian di Maiano, nella diocesi di Arezzo. Il Liber notarum del Burckard testimonia della sua riconferma a scrittore e segretario apostolico nel 1493 e nel 1497; serba inoltre memoria della sua partecipazione, sempre nella veste di scrittore apostolico, alle processioni del Corpus Domini del 1498 e del 1499. Il G. ricoprì queste cariche fino alla morte.
Pur vivendo prevalentemente a Roma, il G. conservò stretti contatti con l'ambiente fiorentino e in particolare con la cerchia di Marsilio Ficino. Nella celebre lettera a Martino Uranio sui suoi amici e discepoli il Ficino include, infatti, il G. tra quelli che erano suoi familiari sin da poco dopo la sua adolescenza: insieme con Giovanni Cavalcanti - che fu presentato al Ficino proprio dal G. -, a Cherubino Quarquagli, a Pietro Fanni, ad Amerigo e Tommaso Benci.
Il Ficino scrisse al G. tre epistole, nessuna delle quali ci è giunta datata. La prima, di carattere morale (reca il titolo Stultitia et miseria hominum), è indirizzata congiuntamente a lui, al Fanni e al Quarquagli, che vivevano tutti a Roma e gravitavano nell'ambiente curiale; la seconda tratta della sua amicizia col G. e col Cavalcanti; la terza è una commendatizia per un suo cugino, Sebastiano Salvini.
Il G. fu in relazione, inoltre, con umanisti e letterati quali Leonardo Dati, Gerolamo Aleotti (che gli scrisse una lettera, nel 1472, raccomandandogli un cugino sacerdote), Naldo Naldi (che gli dedicò, prima del 1473, l'elegia Ad Dominicum Gallettum versus scribere incipientem, incoraggiandolo all'attività poetica), Jacopo Gherardi Volterrano (cui dedicò un carme latino, ricordando il comune amore per la poesia), Giovan Pietro Arrivabene, vescovo di Urbino, e Tommaso Fedra Inghirami (i quali, in due lettere al Gherardi, rispettivamente del 7 febbraio e del 1° apr. 1497, la cui copia è nel ms. Vat. lat. 3912 della Bibl. apostolica Vaticana, cc. 105rv, 106v, lo incaricavano di salutare a loro nome il G.), il veronese Benedetto Rizzoni, anch'egli scrittore e poi segretario apostolico (di cui ci resta un'epistola, non datata, al G., conservata in Mss., 233 della Bibl. civica di Verona, c. 99r), il trevigiano Girolamo Bologni (che indirizzò Ad Dominicum Gallum secretarium apostolicum, identificabile col G., l'elegia III, 32 del suo canzoniere latino Candida). È improbabile che sia il G. quel "Dominicus Sabinus" (= da Monte San Savino?) che Giovanni Antonio Campano in un'epistola elogia per aver corretto la sua Oratio in principio Studii Perusiae e definisce "vir doctissimus et Ciceronis imprimis imitator". Questa orazione, infatti, è del 1455, quando il G. non aveva neppure dieci anni.
Il ms. plut. 90 sup. 36 della Bibl. Medicea Laurenziana di Firenze, alle cc. 59v-60r, contiene la copia di una breve lettera del G., non datata, ma scritta con ogni probabilità a Roma e indirizzata, stando all'intestazione, al canonico fiorentino Niccolò Corbizzi, ma in realtà diretta ad altra persona, non individuabile tuttavia sulla base del testo. In questa lettera, infatti, il G., che si rallegra con il suo corrispondente per la guarigione del vescovo di Firenze, scrive: "Vale et me Nicolao Corbizo viro integro et litterato plurimum commenda".
Il G. fece testamento il 19 nov. 1501. Morì a Roma il 21 di quello stesso mese. Il suo corpo fu sepolto il giorno successivo nella chiesa di S. Maria sopra Minerva. Lasciò un figlio, Giulio, che sposò Giacoma Del Monte, sorella del papa Giulio III.
Del G. umanista e cultore degli studi letterari conosciamo le seguenti opere: De pace Italiae restituta, orazione indirizzata a Paolo II nel 1468 in occasione della pace stipulata per iniziativa del pontefice tra Venezia, da un lato, e la lega di Napoli, Milano e Firenze, dall'altro. Il testo dell'orazione ci è stato trasmesso dal ms. Vat. lat. 3694 della Bibl. apostolica Vaticana (codice di dedica al pontefice) ed è stato pubblicato in Serie di aneddoti, III, Verona 1787, pp. 10-19. L'orazione è seguita da un breve Hymnus in metro saffico (edit0 ibid., p. 19). A Paolo II, forse nella medesima circostanza, il G. indirizzò anche un Carmen in 133 esametri, che ci è stato trasmesso dal ms. Vat. lat. 3695 (codice di dedica), e che è stato pure pubblicato in Serie di aneddoti, III, pp. 20-24 (i primi trentuno versi furono riediti in Novelle letterarie [di Firenze], XVIII [1787], coll. 485 s.). Un epigramma latino del G. appare, insieme con altri di umanisti quali S. de' Conti, A. Pelotti, D. Calderini, C. Quarquagli, il Porcellio, nella raccolta di componimenti in onore del cardinale Pietro Riario, databile alla seconda metà del 1473 e contenuta in Mss., 257 della Bibl. capitolare di Verona, cc. 252r-261v e in Mss., 280 della Bibl. civica di Verona, cc. 42v-50r. Un componimento del G. in endecasillabi faleci indirizzato a Jacopo Gherardi Volterrano è nel ms. Vat. lat. 3912 della Bibl. apostolica Vaticana, c. 42rv (i vv. 37-40 sono stati pubblicati dal Della Torre, p. 767).
Fonti e Bibl.: Gaspare da Verona, De rebus gestis Pauli secundi, in Le vite di Paolo II di Gaspare da Verona e Michele Canensi, a cura di G. Zippel, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., III, 16, p. 64; I. Burchardus, Liber notarum, a cura di E. Celani, ibid., XXXII, 1, vol. I, pp. 430, 437; vol. II, pp. 36, 111, 150, 304 s.; Arch. di Stato di Firenze, Mediceo avanti il principato, XXX, 482; G.A. Campano, Opera, Venetiis 1502, c. 9v; M. Ficino, Opera omnia, Basileae 1576, pp. 637, 751, 828; A. Fortunio, Cronichetta del Monte San Savino, Firenze 1583, p. 36; G. Aleotti, Epistolae et opuscula, a cura di G.M. Scarmagli, Arezzo 1769, I, pp. 539-541, 604; Negli sponsali della marchesa Anna Maria di Sagremoso col marchese Giovan Paolo de' Dionisii, in Serie di aneddoti…, III, Verona 1787, pp. 4-9; N. Naldi, Elegiarum libritres, a cura di L. Juhàsz, Leipzig 1934, p. 43; M. Ficino, Lettere, I, Epistolarum familiarium liberI, a cura di S. Gentile, Firenze 1990, pp. 112 s.; G. Bologni, Candidae libri tres, a cura di C. Griffante, Venezia 1993, p. 157; G. Marini, Degli archiatri pontifici, II, Roma 1784, p. 206; G. Biadego, Catalogo descrittivo dei manoscritti della Biblioteca comunale di Verona, Verona 1892, pp. 164, 188; A. Della Torre, Storia dell'Accademia Platonica di Firenze, Firenze 1902, pp. 767 s. (e passim); W. von Hofmann, Forschungen zur Geschichte der kurialen Behörden, Roma 1914, II, pp. 116 s., 123, 177; M.E. Cosenza, Biographical and bibliographical dictionary of the Italian humanists, Boston 1962-67, II, p. 1532; V, p. 773; E. Lee, SixtusIV and men of letters, Roma 1978, pp. 52, 80, 82; P. Farenga, Monumenta memoriae. Pietro Riario fra mito e storia, in Un pontificato ed una città. Sisto IV (1471-1484). Atti del Convegno… 1984, Roma 1986, p. 202; P.O. Kristeller, Iter Italicum, I, p. 276; II, pp. 10, 297, 322, 365 s., 582, 586.