FONTANA, Domenico
Architetto, nato nel 1543 a Melide (Mili) sul lago di Lugano, morto nel 1607 a Napoli. La sua opera è collegata al periodo d' intensa attività edificatrice promossa in Roma da Sisto V ed ivi inserisce il carattere architettonico dell'ultima fase del Rinascimento, di cui il F. è una delle figure più significative. Le notizie che sul Fontana ci forniscono il Baglione, il Baldinucci, il nipote Carlo Fontana (v.) e indirettamente gli Avvisi del tempo ci dànno piena cognizione della sua opera nel suddetto periodo sistino, ma tacciono completamente delle vicende precedenti. Vi si accenna solo come il F. sia giunto in Roma ventenne, forse condotto dai tanti Lombardi che ivi convenivano, e che abbia lavorato da stuccatore.
Verso il 1570 il Peretti, il futuro papa Sisto, fatto cardinale, prese il F. al suo servizio. La grande villa Montalto sull'Esquilino, ricca di fontane, di statue, di padiglioni, fu l'opera iniziale di questo primo periodo; e sembra che intanto abbia il F. lavorato a S. Luigi de' Francesi e al palazzo della Cancelleria, ove è suo il grande portone, non molto diverso invero da quello già progettato dal Sangallo. Ma lavoro di ben maggiore importanza allora iniziato fu quello della grande cappella del Presepe in S. Maria Maggiore, ideata come vera e propria chiesa a croce greca, coperta da cupola. Nel mezzo il F. collocò l'antica cappella del presepe, trasportandola con singolare perizia tutta intera, imbragata entro una solida armatura. Il lavoro di tale cappella continuò per tutto il tempo del pontificato di Sisto V, che la fece ornare di marmi policromi, di pitture e di sculture e vi volle collocati due monumenti sepolcrali, cioè il proprio e quello di S. Pio V (le statue principali sono del Valsoldo e del Sormani). Dei grandi lavori eseguiti nel periodo del pontificato sistino (1585-90) si darà qui un semplice elenco.
Tra le opere prevalentemcnte tecniche sono da citare l'acquedotto dell'acqua Felice, l'antica acqua Alessandrina, che ebbe nella piazza ora detta di S. Bernardo la sua mostra monumentale, il ponte di Borghetto sul Tevere e la erezione dei grandi obelischi sulle piazze di S. Pietro (1586), di S. Maria Maggiore (1587), di S. Giovanni in Laterano (1588), di piazza del Popolo (1589). Specialmente la prima di tali operazioni, quella relativa al trasporto dell'obelisco vaticano dal posto che occupava presso S. Maria della Febbre ed alla sua elevazione nella platea anteriore a S. Pietro, destò la maraviglia dei contemporanei e levò alta la fama dell'autore; il quale diede ampia relazione dei procedimenti seguiti nell'opera Del modo tenuto nel trasportare l'obelisco vaticano e delle fabbriche fatte da N. S. Sisto V, Roma 1589, e fece riprodurre l'armatura e la scena del trasporto in una delle pitture della Biblioteca Vaticana, interessantissime appunto per i documenti grafici che recano dei lavori sistini.
Delle opere architettoniche le più note sono: i lavori del palazzo del Quirinale, iniziati nel 1585 nella parte sulla Piazza di Montecavallo e poi terminati sotto Paolo V dal Mascherino e dal Maderno; la scala a doppia rampa d'accesso alla chiesa della Trinità dei Monti (1587), di cui intanto doveva esser terminata, forse dal Della Porta, la facciata; il grande palazzo lateranense (1587-88) e la loggia della benedizione nel lato nord della basilica di S. Giovanni e l'esterno rifacimento dell'edificio del Sancta Sanctorum; il completamento del palazzo Vaticano (1587-90) con la costruzione del braccio verso la Piazza di S. Pietro e con quella della grande biblioteca fabbricata a metà del cortile del Belvedere; il granaio di Piazza di Termini e l'ospizio dei Mendicanti a Ponte Sisto. Altre opere interessanti sono l'elevazione delle statue di S. Pietro e di S. Paolo sulle colonne trionfali di Traiano e di Marco Aurelio quasi a simbolo di una riconsacrazione cristiana; e il disegno del sontuoso catafalco elevato in S. Maria Maggiore in occasione delle esequie di Sisto V (27 agosto 1591). Parte importante ebbe il F. dal novembre 1588 all'agosto 1590 anche nella costruzione, sul tamburo elevato da Michelangelo, della cupola di S. Pietro. Ivi egli appare quale collaboratore di Giacomo della Porta, architetto della fabbrica vaticana, ed è molto probabile che la sua grande perizia tecnica e il prestigio di cui era circondato abbiano avuto la prevalenza nelle determinazioni relative alle principali operazioni costruttive, quali quelle delle modalità della cupola doppia con gli arconi in pietra e le falde intermedie in mattoni a spina di pesce, o della solidissima armatura di legname, o del lantemino grande e massiccio, tale da aumentare la componente verticale della spinta recata sui piedritti, o della tripla cerchiatura in ferro della cupola stessa.
Il nome del F. è altresì legato alla grande sistemazione edilizia di Roma intrapresa da Sisto V, che sui colli dell'Esquilino, del Viminale, del Pincio tracciò una rete di vie rettilinee a disposizione stellare, aventi per vertici la piazza del Popolo, le chiese di S. Maria Maggiore, di S. Giovanni in Laterano, di S. Croce in Gerusalemme. Fu il primo piano regolatore di tipo moderno, vasto talmente che gran parte della nuova Roma è stata costruita nelle sue maglie, organico nei concetti di viabilità, ricco di effetti estetici basati sulle visuali monumentali opportunamente disposte.
In questa mirabile attività in cui si accoppiano l'energia del committente e quella del realizzatore, il desiderio di fare, di far presto, travolge ogni senso di rispetto per i monumenti antichi. Per ricavare pietra da costruzione si distrugge il Settizonio, il glorioso patriarchio lateranense è demolito per dar posto al nuovo palazzo, mutilato è il cortile del Belvedere in Vaticano, e lo stesso Colosseo è minacciato dal prolungamento dello stradone di S. Giovanni verso il Campidoglio e dai progetti di utilizzazione.
In questo periodo romano ebbe il F. a collaboratori il fratello Giovanni e il nipote Carlo Maderno e gli architetti Matteo di Castello e Girolamo Rainaldi. Spesso egli e i suoi aiutanti erano non soltanto direttori e amministratori delle opere, ma anche appaltatori; e il papa direttamente rivedeva e liquidava i conti, esonerando la Camera apostolica dal registrarli e ordinando il pagamento al F. "senza darli molestia di verificare le partite del conto". Era questa ampia fiducia accompagnata dai maggiori onori. In occasione dell'elevazione dell'obelisco vaticano il F. fu nominato cavaliere dello Sprone d'oro ed ebbe un'annua pensione; una medaglia di bronzo fu coniata col suo ritratto e a lui fu concesso di segnare a grandi lettere il suo nome su gran parte dei suoi lavori. Ma alla morte del grande protettore le invidie e i sospetti corsero alla riscossa, e il F. fu da Clemente VIII esonerato dalla carica di architetto pontificio e invitato a rendere conto dei denari spesi nelle fabbriche di stato. Il F. allora riparò a Napoli, ove iniziò il secondo periodo della sua attività architettonica. Dal viceré conte di Miranda fu nel 1592 nominato architetto regio e ingegnere maggiore del regno; e in Napoli tracciò le vie di Chiaia e di S. Lucia, eresse la Fontana Medina (a cui lavorò lo scultore Pietro Bernini), il palazzo Carafa della Spina, ornato di sculture del Merliano, e verso il 1600 iniziò la costruzione del grandioso palazzo reale, che pur nelle grandi trasformazioni portatevi nei secoli XVIII e XIX conserva la vasta linea impressagli dal maestro. A Napoli il F. morì dopo aver fatto testamento il 12 dicembre 1604 in favore del figlio Giulio Cesare; e fu seppellito in una bella e ornata tomba in S. Anna dei Lombardi. Il suddetto figlio, suo coadiutore nel periodo napoletano, continuò le sue opere quale architetto regio, è sua in particolare la costruzione del Palazzo degli studî, ora Museo Nazionale.
Forse il palazzo reale di Napoli, col suo forte porticato (originariamente tutto aperto e poi in parte murato per rinforzo statico) e col solenne motivo ripartito della sua facciata, rappresenta il capolavoro architettonico di D. F. Le sue opere romane invece, se ci rivelano un vero genio precursore nei campi dell'urbanistica e della tecnica, in quello dell'architettura risentono troppo della fretta con cui furono prodotte e non recano nuovi contributi alla evoluzione stilistica. Il palazzo lateranense segue lo schema del palazzo Farnese, ma lo volgarizza alquanto in un ornato sciatto nelle finestre e nelle cornici e in una distribuzione di spazî che nella facciata settentrionale è irregolare. La loggia della benedizione ivi prossima sviluppa senza grandi slanci i modelli del Vignola e del Guidetti. Gl'interni policromi della cappella di S. Maria Maggiore e della Biblioteca Vaticana sono ricchi ma pesanti e manierati; e tutta questa vasta produzione si mostra in complesso inferiore a quella dei contemporanei Della Porta, Nonni, Lunghi, Rainaldi; reca anch'essa le tracce dell'incerto momento di transizione, con un'intensa energia costruttrice spesso non tradottasi in arte.
V. tavv. CXXXVII e CXXXVIII.
Giovanni, fratello maggiore di Domenico, nato a Melide (Mili) sul lago di Lugano nel 1540, morto a Roma nel 1614, lo coadiuvò in tutte le sue opere in Roma; ed ivi rimase e lavorò insieme col Maderno al tempo di Paolo V. La sua maggiore attività fu nel campo dell'idraulica, nel condurre acque a Civitavecchia, a Frascati, a Loreto, nel sistemare i corsi del Tevere ad Ostia, del Velino sopra Terni, dell'Aniene a Tivoli. Restaurò e riprese gli antichi acquedotti recanti l'acqua a Roma dal lago di Bracciano costituendo così l'acquedotto Paolo, e in collaborazione col Maderno eresse sul Gianicolo la magnifica fontana dell'Acqua Felice. Sua è anche la fontana, ora ricostruita oltre il ponte Sisto, che era al termine di Via Giulia. Fu per qualche tempo architetto di S. Pietro e gli si attribuisce il palazzo Giustiniani, anche in Roma.
Bibl.: G. Baglione, Le vite, ecc., Napoli 1642, pp. 84-86; F. Baldinucci, Notizie dei professori del disegno, IX, Firenze 1771, pp. 237-45; G. B. Belloni, Le vite, ecc., Roma 1672, I, p. 141 e segg.; F. Milizia, Opere, Bologna 1827, V; G. Giovannoni, in L'Arte, XVI (1913), pp. 82, 96, 97; Escher, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XII, Lipsia 1916 (con bibl.); J. A. F. Orbaan, Dai conti di D. F. (1585-1588), in Boll. d'arte, 1913, pp. 419-424; 1914, pp. 59-71; id., Il caso F., ibid., 1915, pp. 165-68; A. Cametti, Una divisione di beni tra i fratelli Giovanni Domenico e Marsilio F., ibid., 1818, pp. 170-184; A. Muñoz, Roma barocca, Milano 1919; J. A. F. Orbaan, Die Selbstverteidigung d. F. D. (1592-93), in Rep. f. Kunstw., XLVI (1925), pp. 177-89; M. Guidi, I Fontana di Melide, in Roma, VI (1928), pp. 433-46, 481-94.