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FLABIANO, Domenico

di Giorgio Ravegnani - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 48 (1997)
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FLABIANO, Domenico

Giorgio Ravegnani

Appartenente a una famiglia veneziana dell'originario ceto tribunizio, fu attivo nella prima metà del sec. XI. Le notizie sulla sua vita sono estremamente scarse, a motivo della rarità di fonti che lo riguardano il F. fu proprietario di beni fondiari, ma non è certo che egli abbia esercitato l'attività di mercante di seta, come taluni sostengono.

Nel movimentato clima politico di Venezia nella prima metà del sec. XI, che vedeva le famiglie aristocratiche in tenace lotta per il potere, divenne il capo dell'opposizione al doge Ottone Orseolo che era stato allontanato una prima volta da Venezia nel 1024, ma che, dopo essersi rifugiato in Istria, aveva in breve tempo ripreso il potere. Nel 1026 i suoi avversari riuscirono a deporlo, inviandolo in esilio a Costantinopoli ed eleggendo al suo posto Pietro Centranico o Barbolano. Quattro anni più tardi anche il Centranico venne rovesciato dai sostenitori dell'Orseolo, che decisero di richiamare in patria l'ex doge affidando provvisoriamente il potere al fratello di questo, il patriarca di Grado Orso. Il F., insieme con gli altri responsabili della cacciata dell'Orseolo, fuggì da Venezia temendo la vendetta degli avversari o, secondo un'altra versione, venne allontanato circa quattro mesi più tardi dal patriarca Orso.

Un'ambasceria veneziana era stata nel frattempo inviata a Costantinopoli per riportare in patria l'esule, ma, quando arrivò a destinazione, l'ex doge era già morto. Qualche tempo dopo il rientro di questa ambasceria a Venezia, il patriarca di Grado abbandonò il potere che aveva retto per quattordici mesi; l'abbandono fu seguito dal tentativo di un altro Orseolo, Domenico, di impossessarsi del ducato, ma dopo solo un giorno e una notte venne cacciato e costretto a riparare a Ravenna. Al suo posto fu eletto doge il F., mentre ancora si trovava in esilio in una non precisata località italiana. L'elezione è comunemente collocata nel 1032, ma è probabile che debba essere anticipata ai primi mesi dell'anno precedente.

Il dogado del F. fu un periodo di tranquillità dopo la fine burrascosa del dominio degli Orseolo. L'azione politica del nuovo doge dovette essere improntata all'equilibrio e alla moderazione, tanto da fargli meritare la definizione di "prudentissimus vir" (Origo, p. 140). La stessa fonte lo presenta come capo del popolo veneziano al momento della lotta con la famiglia rivale: non è del tutto chiaro cosa significhi questa affermazione. ma non è da escludere che essa alluda all'emergere nella lotta politica di nuove forze, di cui il F. sarebbe stato l'esponente. L'azione di governo del F. non mostra tuttavia alcun radicale cambiamento rispetto al passato, tale da configurarlo come un avversario dei tradizionali ceti dominanti, ma vi si può cogliere un forte elemento di novità, consistente nella tendenza a circoscrivere i poteri della suprema carica dello Stato per evitare che divenisse patrimonio ereditario di poche famiglie. A questo fine venne adottato, probabilmente verso il 1040, un "salutare provvedimento" (Andrea Dandolo, Chronica, p. 209), che proibiva ai dogi in carica di associarsi un coreggente o nominare un successore o permettere ad altri di farlo al loro posto. Si metteva così fine legalmente a una consuetudine ormai consolidata, in forza della quale si era affermata la successione dinastica, sul modello bizantino.

La storiografia veneziana, a partire dalla cronaca attribuita a Pietro Giustiniani, colloca sotto il dogado del F. l'apertura di processi contro gli Orseolo e un bando generale contro l'intera famiglia, ma in questo caso si tratta sicuramente di una notizia errata, perché gli Orseolo continuarono ad avere posti di rilievo nella vita politica veneziana anche dopo l'avvento al potere del Flabiano. Un Pietro Orseolo, figlio forse del doge Domenico, era a Rialto nel 1036, ancora in possesso del patrimonio avito, parte del quale fu legalmente trasferito, verso la metà del secolo, in proprietà della famiglia Flabiano, come mostra un documento del maggio 1084.

Durante il dogado del F. cade la conclusione di un'interessante controversia fra un fabbro ferraio di nome Giovanni Sagomino e il gastaldo ducale incaricato di controllarne le prestazioni, di cui si conserva la testimonianza documentaria. Il Sagomino ottenne dal F. quanto già aveva inutilmente chiesto sotto il predecessore Centranico e cioè di non essere costretto a recarsi nel palazzo del doge per prestare l'opera, ma di poter lavorare, presso il suo domicilio, il ferro che gli fosse stato portato dal carceriere ducale. Si tratta della più antica testimonianza sui rapporti fra una corporazione e l'autorità ducale rappresentata in questo caso dal gastaldo. Si ricorda inoltre al tempo del F. un importante avvenimento in materia di disciplina ecclesiastica. Nel 1040 venne infatti convocato nella chiesa di S. Marco un concilio provinciale dei vescovi. In questa occasione si stabilì in primo luogo che le consacrazioni dei sacerdoti non avessero luogo prima del trentesimo anno di età e quelle dei diaconi prima del venticinquesimo, se non in caso di necessità e con il consenso del metropolita. Si intendeva così mettere fine allo scandalo delle ordinazioni immature, come quelle degli stessi Vitale Orseolo e Domenico Gradenigo, eletti rispettivamente a sedici e diciotto anni di età. L'anno successivo il F. intervenne inoltre nella contesa fra il patriarca Orso e il vescovo di Olivolo a proposito della giurisdizione nella chiesa dei Ss. Gervasio e Protasio, riconoscendo il diritto di investitura ad entrambi.

In politica estera proseguirono i contrasti con l'imperatore iniziati sotto gli Orseolo. L'imperatore Enrico II aveva nominato patriarca di Aquileia il fedele Poppone dei conti di Treffen, assumendo così un atteggiamento nettamente ostile al ducato veneziano. Quando gli Orseolo furono cacciati per la prima volta, Poppone si impadronì di Grado, ma in seguito il patriarca di Grado riuscì a ottenere dal papa la condanna del rivale e il ristabilimento dei suoi diritti. I contrasti con l'Impero si rinnovarono dopo l'avvento al trono di Corrado II, che nei primi mesi del 1026 rifiutò di rinnovare i patti in favore dei mercanti lagunari. L'anno successivo, a Roma, dopo essere stato consacrato, Corrado II fece convocare un sinodo in cui vennero riconosciuti ad Aquileia i diritti metropolitici sulla sede di Grado, che veniva pertanto declassata a semplice pieve. I dirigenti veneziani, decisi a difendersi, chiesero probabilmente il sostegno dell'imperatore d'Oriente e Corrado II rispose con atteggiamenti sempre più ostili. In un diploma del 1034 concedeva infatti al patriarca di Aquileia il territorio compreso fra Piave e Livenza. Corrado II morì nel 1039 e di conseguenza la pressione su Venezia si allentò. Il suo successore, Enrico III, aprì la strada alle trattative rinnovando nel 1040 i privilegi di cui godeva il monastero veneziano di S. Zaccaria, dove si era recato in pellegrinaggio prima di salire al trono.

Nulla di preciso si sa dei rapporti fra Venezia e l'Impero bizantino. La scomparsa nei documenti veneziani del nome di Corrado II e la reintroduzione di quelli dei sovrani di Costantinopoli attestano tuttavia un riavvicinamento agli imperatori orientali negli anni del contrasto con il sovrano tedesco. A questo riavvicinamento potrebbe ricollegarsi la concessione al F. del titolo nobiliare di protospatario, che però non è del tutto sicura. A parte questo fatto incerto non si ha notizia di altri rapporti fra il ducato e l'Impero bizantino.

Il F. morì, in età avanzata, nella prima metà del 1041, come attesta un documento del giugno di quell'anno, ove si fa riferimento ad avvenimenti accaduti al tempo del doge Flabiano. Secondo il Sanuto., fu sepolto nel monastero di S. Croce, ma in altre cronache si parla di S. Giorgio Maggiore o di S. Zaccaria, e in altre ancora si dice di ignorarne il luogo.

Non sappiamo se abbia avuto moglie o figli e ci è noto soltanto il nome di alcuni membri della sua famiglia fra il X e XI secolo, anche se non è possibile stabilire il vincolo di parentela. Nel 960 compaiono infatti Domenico e Giovanni Flabiano, nel 982 altri due Giovanni e ancora un Domenico nel 998 e 1024. Uno Stefano, che pare essere stato assai vicino al doge, è testimone in atti del giugno 1037 e del 1041 e risulta ormai morto nel 1084. Nel 1064, infine, si ha notizia di un Pietro Flabiano giudice in una controversia che coinvolse l'abate di un monastero dì Brondolo.

Fonti e Bibl.: M. Sanuto, Le vite dei dogi, a cura di G. Monticolo, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXII, 4, pp. 149 ss.; A. Dandolo, Chronica per extensum descripta aa. 448-1280, a cura di E. Pastorello, ibid., XII, I, pp. 207 ss.; Cornadi II diplomata, a cura di H. Bresslau, in Mon. Germ. Hist., Dipl. reg. et imp. Germ., IV, Hannoverae - Lipsiae 1909, pp. 277 s.; Cronache venez. antichissime, a cura di G. Monticolo, Roma 1890, in Fonti per la storia d'Italia, IX, pp. 175 s.; Origo civitatum Italiae seu Venetiarum, a cura di R. Cessi, Roma 1933, ibid., LXXIII, pp. 29, 120, 139 ss.; Venetiarum historia vuigo Petro Iustiniano Iustiniani filio adiudicata, a cura di R. Cessi - F. Bennato, Venezia 1964, pp. 74-77; S. Romanin, Storia documentata di Venezia, I, Venezia 1853, pp. 300-304; B. Cecchetti, Degli archivi veneti antichi, in Archivio veneto, I (1871), p. 69; 17 Liber Communis detto anche Plagiorum del R. Archivio generale di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, Venezia 1872, p. 17; H. Kretschmayr, Geschichte von Venedig, I, Gotha 1905, pp. 148, 151, 155, 325, 444; R. Cessi, Venezia ducale, I, Duca e popolo, Venezia 1963, pp. 384, 389, 393; II, 1, Commune Venetiarum, ibid. 1965, pp. 3-33, 36 s., 50, 127, 137, 155; G. Zordan, Le persone nella storia del diritto veneziano prestatutario, Padova 1973, p. 430; A. Da Mosto, I dogi di Venezia nella vita pubblica e privata, Firenze 1977, pp. 45 ss., 51 s.; F.C. Lane, Storia di Venezia, Torino 1978, p. 106; R. Cessi, Storia della Repubblica di Venezia, Firenze 1981, pp. 102-107; G. Rösch, Venezia e l'Impero, 962-1250, Roma 1985, p. 37; G. Cracco, Un "altro mondo". Venezia nel Medioevo dal sec. XI al sec. XIV, Torino 1986, pp. 22, 30; D.M. Nicol, Byzantium and Venice. A study in diplomatic and cultural relations, Cambridge 1988, pp. 48 ss., 425; A. Castagnetti, Famiglie e affermazione politica, in Storia di Venezia, I, Origini-età, ducale, Roma 1992, pp. 618, 628-631; S. Gasparri, Dagli Orseolo al Comune, ibid., pp. 794, 796, 798; G. Ravegnani, Dignità bizantine dei dogi di Venezia, in Studi veneti offerti a G. Cozzi, Venezia 1992, p. 23.

Vedi anche
Pietro Barbolano Centrànico Centrànico, Pietro Barbolano. - Doge di Venezia. Eletto nel 1026 dal partito popolare contro la famiglia degli Orseoli, dopo un periodo di dogato quanto mai turbolento, dominato dal capo dei popolari Domenico Flabanico, divenuto doge dopo di lui, fu deposto nel 1032. Ottone Orsèolo Orsèolo, Ottone. - Doge di Venezia (sec. 11º), figlio di Pietro II e da lui designato a succedergli; non seppe resistere con la dovuta energia né ai rivolgimenti interni né ai nemici esterni. Appoggiò tuttavia, col consenso popolare, il fratello Orso, patriarca di Grado, contro Poppone, patriarca di ... Orso Orsèolo Orsèolo, Orso. - Patriarca di Grado (sec. 11º); figlio del doge Pietro II, con l'appoggio del padre fu eletto alla dignità patriarcale. Attaccato (1023) da Poppone, patriarca di Aquileia, poté con l'appoggio del popolo opporglisi vittoriosamente. Dopo l'esilio di suo fratello, il doge Ottone, Orseolo, ... Venièr, Francesco Venièr, Francesco. - Doge di Venezia (n. 1490 - m. 1556); successore (1554) di Marcantonio Trevisan, il suo governo mantenne quasi passiva Venezia in un biennio risolutivo per la guerra di predominio in Europa. Si ricorda il suo fastoso ricevimento per Bona Sforza, regina di Polonia.
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  • FLABANICO, Domenico
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    Apparteneva a una delle più potenti famiglie veneziane dell'inizio del sec. XI. Nemicissimo degli Orseolo, riuscì a far deporre e inviare in esilio, nel 1026, Domenico Orseolo; ma nel 1029 una sollevazione di popolo a favore dei suoi rivali lo costringeva ad abbandonare Venezia. Nel 1032, però, cacciati ...
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