FREDIANI, Domenico Ermenegildo
Nacque a Seravezza, in Versilia, il 13 apr. 1783 da Giovanni (1760-1794) e da Scolastica Roncoli, poveri operai senza estimo. Dopo la morte del padre, mentre la madre (insieme con la sorella, di cui non sappiamo il nome, e con il fratello maggiore Andrea Nicola, nato nel 1780) si trasferì a Roma, il F. entrò nel conservatorio di Firenze, dove lavorò servendo nella farmacia fino al 1801, quando si stabilì anche lui a Roma, dove si trovava un monsignore, Luigi Frediani, caudatario di Pio VII, che si suppone fosse un suo cugino.
Il 19 genn. 1803 a Pruno, nel comune di Stazzema, in provincia di Lucca, sposò Angela Vangelisti (1788-1817) di Salvatore, che però abbandonerà presto, nonostante fosse in stato interessante, per tornare a Firenze a esercitare la professione di speziale in S. Maria Novella. Dopo aver ottenuto, grazie a una raccomandazione del compaesano Luigi Angiolini, la nomina a luogotenente farmacista nel servizio sanitario dell'armata napoletana, nel 1806 si trasferì a Napoli, abbracciando con entusiasmo (con il nome di Enegildo) una carriera che in pochi anni lo avrebbe fatto arrivare al grado di capitano e gli avrebbe procurato la nomina a cavaliere dell'Ordine del merito. Seppe inserirsi con facilità nell'ambiente aristocratico napoletano, dove era solito recitare i suoi versi d'occasione e proporre le sciarade e i logogrifi che componeva con straordinaria facilità.
Nonostante manchino testimonianze sicure al riguardo, è probabile che egli abbia seguito Gioacchino Murat nella campagna di Germania del 1809 e di Russia del 1812. Nel 1814 lasciò Napoli per recarsi prima a Roma e poi a Senigallia, dove risiedette per più di un anno, per tornare nuovamente a Roma tra la fine del 1815 e l'inizio del 1816 con la speranza di trovarvi un impiego. Per lo stesso motivo si recò, ma anche in questo caso inutilmente, nel maggio del 1817 a Firenze, dove, dopo aver pensato di cercar fortuna in Brasile, venne convinto a recarsi in Egitto, il cui governo aveva allora bisogno di completare con persone qualificate i quadri dell'esercito e dell'amministrazione civile.
Imbarcatosi a Livorno il 1° settembre, il 22 il F. giungeva ad Alessandria, da dove, dopo essersi fermato il tempo necessario per visitare le antichità e conoscere i principali componenti della comunità italiana, ripartiva alla volta prima di Rosetta e poi del Cairo (lungo il Nilo si fermò a visitare le rovine di Naucrati, situate a mezzogiorno di Fūwa). Il 4 nov. 1817 lasciava il Cairo diretto a Tebe per aggregarsi alla spedizione di lord Somerset Lowry-Corry, secondo conte di Belmore, che intendeva raggiungere Wādī Ḥalfa, fino cioè alle seconde cateratte.
Viaggiando via terra, accompagnato da una sola guida, il 23 novembre giunse a Tebe, dove trovò non solo il Belmore, ma anche B. Drovetti, H. Salt e G.B. Belzoni, con il quale strinse amicizia. Lasciato partire il 24 novembre il Belmore per la Nubia, proseguì il viaggio per terra. Arrivò a Siene (Assuan) il 30 novembre; qui si ricongiunse con la comitiva del Belmore, insieme con la quale visitò l'isola Elefantina, la cateratta e l'isola di File, spingendosi fino a Wādī-Ḥalfa.
Dal 5 al 23 dicembre percorse il tratto compreso tra Siene e la seconda cateratta fino ad Abū Simbel, dove quattro mesi prima il Belzoni aveva scoperto il piccolo tempio di Hathor e Iside, fatto scavare nella roccia da Ramses II. Mentre il Belmore, risalendo il Nilo, ritornava a Tebe, il F. si recò a Meroe, da dove avrebbe voluto recarsi prima nel Sennār e poi in Abissinia, oppure passare in Arabia, visitare la Palestina e rientrare infine in Egitto. Ma, dopo che insieme con il fratello del Belmore ebbe varcato i confini della Nubia, spingendosi fino a Socotī, dovette tornare indietro per l'ostilità dei mamelucchi, che dominavano su quei territori.
Nel febbraio del 1818 era quindi di nuovo a Tebe e il 26, dopo essere tornato al Cairo, andò a visitare la seconda piramide di Gīza, di cui il Belzoni stava cercando di individuare l'ingresso, riuscendo, il 2 marzo, a entrare e a vedere la tomba di Chefren. Dopo essersi recato alcuni giorni ad Alessandria per incontrare Moḥammed 'Alī, al quale voleva vendere la sua collezione di reperti archeologici per procurarsi il denaro necessario per il progettato viaggio in Palestina, Siria e Mesopotamia, ai primi di aprile ritornò al Cairo, da dove il 13 si rimetteva in viaggio via terra (probabilmente ancora in compagnia della famiglia Belmore), alla volta della Palestina, passando da Ghaza e Hebron. Trascorse alcune settimane a Gerusalemme, di cui vide anche i dintorni, ritornò al Cairo nel febbraio del 1819 attraverso Tiro, Beirūt, Damasco, Antiochia e Aleppo, dopo aver visitato tutta la regione dell'Eufrate.
Avendo ricevuto probabilmente qualche incarico nell'amministrazione statale, come si può dedurre anche dal soprannome di Amiro col quale da allora cominciò a firmare le sue lettere, nel 1820 riuscì ad aggregarsi alla spedizione scientifico-militare all'oasi di Sīwa (dove si trovavano le rovine del tempio di Giove Ammone e dove sarebbero giunti il 7 aprile), organizzata da Moḥammed 'Alī. Nel suo ambito il F. si sarebbe occupato delle ricerche mineralogiche, della determinazione della posizione geografica del luogo e delle osservazioni termometriche della famosa Fontana del Sole, redigendo pure un Plan topographique du temple d'Omm Beydah et de ses environs, che venne però stampato senza il suo nome, nonché una relazione, pubblicata, insieme con quella del Drovetti, nel 1823.
Per il valore di questa relazione Moḥammed 'Alī lo aggregò alla spedizione del principe Ismā 'īl Pascià diretta nel Sennār (seconda cateratta), con l'incarico non solo di osservare e descrivere da ogni punto di vista quel territorio, ma anche di sostenere il giovane principe sia nelle trattative diplomatiche coi capi delle tribù e coi sovrani degli Stati che sarebbero stati occupati, sia nelle questioni amministrative e finanziarie, oltre che di raccogliere i materiali necessari per la storia della spedizione.
Sappiamo che, dopo essere partiti dal Cairo, insieme con G. Segato e G.A. Corner, il F. riuscì ad assolvere a questi suoi incarichi fino al mese di novembre (1820); ma quando, in seguito a una malattia, il manoscritto delle sue memorie gli venne rubato da F. Cailliaud, giunto a luglio nel Sennār (quest'ultimo sosterrà che il F. aveva bruciato tutte le sue carte in un accesso di delirio), impazzì e venne ricoverato nell'ospedale dei Franchi dopo essere stato recuperato dal dottor G. Ricci.
In queste condizioni, il F. morì al Cairo, come comunicò al fratello, che risiedeva a Livorno, L. Borrini.
I libri, gli strumenti, le antichità egiziane e i reperti naturalistici da lui lasciati furono trasmessi nel 1825 a Livorno, a opera del console di Toscana, al figlio Francesco (al secolo Domenico) dei minori osservanti, ma, poiché il destinatario non fu in grado di sborsare la cifra necessaria per le spese di trasporto e di dogana, il governo granducale se ne impadronì, facendoli depositare nel piccolo Museo egiziano costituito nella Galleria degli Uffizi insieme con gli oggetti acquistati nel 1824 da G. Nizzola.
Il F. pubblicò La scuola di Platone dedicata ai valorosi guerrieri (Senigallia 1814), una raccolta di canti in versi sciolti e di sonetti redatti allo scopo di preparare i suoi compagni d'arme alle imprese necessarie ad assicurare all'Italia l'unità e l'indipendenza sotto lo scettro di Gioacchino Murat, nonché un volume di Sciarade, logogrifi e fredianesche (Roma 1816), dedicato al conte Antonio Appony, ambasciatore austriaco presso la S. Sede, comprendente 1395 sciarade, 25 logogrifi, 32 fredianesche, 43 bifronti e 16 omonimi, oltre all'indice con le spiegazioni e le notizie storiche che attestano la sua notevole erudizione storica e geografica. Al F. sono state attribuite anche alcune opere poetiche (Il cimitero di Spagna, Inno alla pace e L'Ausonide), nonché un'Analisi delle acque termali della Toscana e un'Analisi delle acque potabili di Roma.
Fonti e Bibl.: Lettere inedite del cavaliere E. F. a Canova, Venezia 1851 (ediz. annotata di otto lettere scritte dal F. dal Levante, dall'Egitto e dalla Nubia tra il novembre 1817 e il giugno 1820, raccolte e pubblicate nel 1851 da F. Annigoni di Valdobbiadene in un opuscolo composto in occasione delle nozze del cognato Domenico Lucheschi con la contessa Caterina Rota). Altre trentatré lettere, scritte dal F., fra il gennaio 1800 e il 25 giugno 1820, ai fratelli Francesco e Luigi Angiolini, al cav. Patrizio Canova e al principe Pio Camillo Bonelli-Crescenzi, duca di Salci, sono state pubblicate da A. Wolynsky in appendice all'ampia ricerca su Il viaggiatore E. F., apparsa a puntate sul Boll. della Soc. geogr. ital., s. 3, IV (1891), pp. 90-125, 215-324, 397-400. Cfr. inoltre: Notizia bibliografica sul viaggio fatto dal signor Federigo Cailliaud nell'oasi di Tebe, e sui deserti all'oriente e all'occidente della Tebaide dal 1815 al 1818 e pubblicata dal signor Ismail dell'Istituto di Francia (estratto dagli Annali dei viaggi di Maltebrun), in Antologia, VIII (1822), pp. 129-144; R. Richardson, Travels along the Mediterranean and parts adjacent in company of the earl of Belmore during the years 1816, 1817 and 1818…, London 1822, passim; G. Waddington - B. Hanbury, Journal of a visit to some parts of Ethiopia, London 1822 (l'unica fonte sugli ultimi anni di vita del F.); G.B. Brocchi, Giornale sulle osservazioni fatte nei viaggi in Egitto, nella Siria, e nella Nubia, V, Bassano del Grappa 1843, p. 562; B. Govin, L'Egypte au XIXe siècle. Histoire militaire et politique, anedotique, pittoresque de Méhemed-Alì, Ibrahim Pacha, Soliman Pacha (Colonel Sèves), Paris 1847, passim; G. Lumbroso, Notizie di viaggiatori italiani in Egitto dal MCCC al MDCCCXL, in Cosmos, II (1874), pp. 135 s.; J. Chavanne, Die Sahara, oder von Oase zu Oase. Bilder aus der Natur und Volksleben in der grossen africanischer Wüste, Wien 1879, p. 639; G. Lumbroso, Descrittori italiani dell'Egitto e d'Alessandria, in Atti della R. Acc. dei Lincei, cl. di scienze morali, storiche e filol., s. 3, III (1878-79), pp. 429-565; P. Amat di S. Filippo, Studi biografici e bibliografici sulla storia della geografia in Italia, I, Biografie dei viaggiatori italiani colla bibliografia delle loro opere, Roma 1882, I, pp. 551 s.; Lettere del conte C. Vidua pubblicate da C. Balbo, Torino 1888, II, pp. 272 s; G. Lumbroso, Ritocchi ed aggiunte a "Descrittori italiani dell'Egitto e d'Alessandria", in Atti della R. Acc. dei Lincei, cl. di scienze morali, storiche e fil., s. 4, X (1892), pp. 195-252 (in particolare p. 202); L.A. Balboni, Gli Italiani nella civiltà egiziana del secolo XIX. Storia-biografia-monografie, Alessandria d'Egitto 1906, I, pp. 259-276; G. Dainelli, Esploratori italiani in Africa, Torino 1960, ad Indicem; L. Gaudenzi, G.B. Belzoni avventuriero onorato col racconto dei suoi viaggi e delle sue scoperte in Egitto e in Nubia nella traduzione di S. Policardi, Padova 1960, pp. 241 ss.; R. Hill, A biographical dictionary of the Sudan, London 1967, p. 129; L.A. Christophe, Abu Simbal. L'epopea di una scoperta archeologica, Torino 1970, p. 66; C. Zaghi, L'Europa davanti all'Africa. La via del Nilo, Napoli 1971, ad Indicem; B. Drovetti, Epistolario, a cura di S. Curto e L. Donatello, Milano 1985, ad Indicem (contiene anche una lettera scritta dal F. dal Cairo in data 9 apr. 1819).