DOMENICO di Lorenzo (Domenico da Lucca)
Nacque a Lucca nel maggio (fu battezzato il 28) del 1452 da maestro Lorenzo di Domenico. Apprese molto probabilmente l'arte organaria dal padre (documentato a riparare l'organo della cattedrale di Pisa nel 1437 e nel 1472, ancora vivente il 31 maggio 1488). Condivisero lo stesso mestiere i fratelli Luca (collaboratore di D. nello stesso duomo pisano nel 1489-90) e Nicola (ivi attivo nel 1486-87), mentre l'altro fratello Matteo esercitò la professione notarile; si ha notizia anche di una sorella, Margherita (battezzata il 3 febbr. 1456), forse moglie di quel Piero che coadiuvava Lorenzo a Pisa nel 1472. Nulla si sa di un altro fratello Michele.
La prima notizia della sua attività risale al 1479: abitava allora a Treviso e il 18 agosto si accordava con gli amministratori della basilica di S. Antonio per la costruzione di un organo in tutto simile a quello della chiesa padovana di S. Giovanni in Verdara (questo riferimento induce a credere che quest'ultimo strumento fosse opera dello stesso D.); il prezzo pattuito era di 100 ducati d'oro più l'organo piccolo allora ivi esistente. Il lavoro dovette riuscire gradito ai committenti, dato che il 26 agosto dell'anno seguente gli affidavano la costruzione dell'organo maggiore per il prezzo di 170 ducati più l'organo grande. Lo strumento fu effettivamente costruito durante il 1481, mentre il pagamento si protrasse fino al 1483. All'atto della stipulazione venne fatto riferimento all'organo della chiesa dei carmelitani di Padova: è possibile che anche questo strumento fosse dovuto a Domenico.
Nel frattempo - il 20 ott. 1480 - si era impegnato per la costruzione di un nuovo organo nella cattedrale della sua città, Lucca, per la cospicua somma di 450 ducati d'oro larghi (nel prezzo era tuttavia compresa la cassa con i relativi ornamenti d'intaglio, di colori e di dorature). Poco più di un anno dopo - il 3 nov. 1481 - era la volta della chiesa lucchese dei Ss. Giovanni e Reparata, dietro compenso di 70 ducati più l'organo vecchio; lo strumento doveva essere "a una ala secondo la forma di quello de Servi", il che induce ancora una volta a supporre che anche tale strumento fosse opera sua. La costruzione di quello della cattedrale lucchese dovette essere abbastanza sollecita; l'atto di quietanza finale fu tuttavia redatto solo il 13 genn. 1484 e ne restavano esclusi i mantici, che l'organaro aveva dovuto rifare per ragioni che non vengono spiegate, ma forse connesse con la collocazione dello strumento. La soddisfazione dell'Opera committente fu comunque tale che pochissimo tempo dopo - il 7 apr. 1484 - affidava a D. la costruzione di un secondo organo, curiosamente pattuito in modo alternativo sia in base di 16 piedi, sia di 24, per un compenso rispettivamente di ducati 275 (più altri 25 eventuali) e di 450 (più altri 100 eventuali), oltre all'organo vecchio ancora esistente in cattedrale (la cui consegna avveniva il 13 maggio successivo). Come termine di consegna veniva fissato un periodo di quattro anni; evidentemente D. doveva avere allora molto lavoro, come del resto attesta esplicitamente Daniele Obizzi scrivendo il 17 giugno 1484 al fratello Lodovico (frate nel convento di S. Antonio a Padova).
Quattro anni più tardi D. ultimava la costruzione dell'organo per la chiesa di S. Michele in Foro a Lucca: il 12 genn. 1488 si impegnava ad inserirvi in più del pattuito il registro dei flauti e già il 2 maggio successivo veniva steso l'atto di accettazione e quietanza. Il 31 dello stesso mese D. e l'Opera della cattedrale procedevano di comune accordo alla rescissione del contratto per la costruzione del secondo organo.
Il 26 marzo di quello stesso 1488 egli aveva anche assunto l'impegno di restaurare l'organo della chiesa di S. Frediano a Pisa; il lavoro avrebbe comportato il rifacimento del somiere e della tastiera. Nel luglio del 1489 iniziava la costruzione di un nuovo grande organo per la cattedrale di Pisa, ultimato nel luglio del 1490; ma già l'11 gennaio precedente aveva assunto l'incarico di fornire alla stessa chiesa "un organotto della propurssione et missure et grossessa et grandessa et tiri et tucte propurtione et modo chome quello che è in della pieve di Pescia", riutilizzando materiali del vecchio organo cui già lui e i suoi familiari avevano lavorato. Circa nello stesso periodo cade la costruzione di un altro organo in località assai remota, il santuario della Madonna della Quercia presso Viterbo; il 2 febbr. 1491 D. ne riceveva il saldo di 140 ducati. All'inizio dell'anno seguente - gennaio 1492 - effettuava lavori di modesta entità per "rachonciare" l'organo di S. Maria delle Carceri a Prato.
Alcuni anni più tardi, il 10 sett. 1495, D. stipulava il contratto per la costruzione di un piccolo organo nella chiesa lucchese di S. Pier Maggiore; lo strumento doveva essere posto in opera per il mese di giugno dell'anno successivo dietro compenso di 250 ducati d'oro, comprensivi degli ornamenti lignei.
L'anno dopo D. era impegnato a Roma in S. Pietro in Vaticano per la costruzione di un nuovo grande organo commissionato da papa Alessandro VI; alla decorazione pittorica della cassa lavorò il bolognese Giovanni Aspertini (padre del più noto pittore Amico). Nello stesso periodo dovette cadere anche la costruzione di quello della chiesa di S. Salvatore in Lauro nella stessa città. Sul finire del secolo, dal 1498 al 1499, risulta intento a "ritemprare" l'organo da lui costruito nella cattedrale pisana.
All'inizio del nuovo secolo ritroviamo D. in Italia settentrionale: il 16 nov. 1502 figura a Venezia come testimone alla stesura del testamento di Francesco da Savignano. Il 26 ott. 1505 stipulava il contratto per la costruzione dell'organo della chiesa dell'Incoronata a Lodi; dietro un compenso di 186 ducati d'oro lo strumento doveva essere pronto per la fine di settembre dell'anno seguente; il collaudo tuttavia seguiva soltanto il 15 ott. 1507 e all'indomani veniva effettuato il saldo.
Come veniamo a sapere da tre lettere (in data 2 sett. 1506, 10 genn. 1507 e senza data) inviate dall'organaro ai deputati alla fabbrica della chiesa, c'erano stati ritardi nei pagamenti e, di conseguenza, nell'andamento dei lavori; la costruzione dello strumento avveniva tra l'altro in concomitanza con quella dell'organo per la chiesa di Brera (appartenente allora agli umiliati) di Milano. Nei documenti della chiesa lodigiana, infine, D. è indicato quale "magister Dominicus quondam magistri Laurentii de Baldis de Luca"; si tratta dell'unica attestazione del cognome.
Il 26 sett. 1508 egli stipulava con l'Opera della cattedrale di Siena i patti per la costruzione di un nuovo organo collocato "in cornu epistolae" in faccia a quello di Lorenzo di Giacomo da Prato. Nella stessa città egli si trovava nel 1512, quando le autorità cittadine dispensavano dal servizio di banditore Giovanni di Antonio Piffero affinché potesse "assidue adsistere dictuin magistrum Dominicum tani in civitate Senarum quain extra" per apprendere l'arte organaria. Intanto, il 4 ag. 1509, egli aveva assunto l'impegno per la costruzione di un organo nella chiesa della Ss. Annunziata di Firenze, protrattasi poi fino al 1523; la lite per il pagamento insorta tra i frati serviti e D. si trascinò anche dopo la morte di questo e si risolse soltanto il 30 ag. 1527 con una sentenza della curia vescovile di Lucca; a sostenere i diritti dell'eredità era il nipote Nicola (figlio del fratello Michele).
Nell'estate del 1518 egli attendeva a Genova ad un piccolo strumento, una "operetta" come la definisce l'organaro scrivendo il 5 luglio di quell'anno dal capoluogo ligure ai deputati dell'Incoronata; nella lettera egli esprimeva anche il suo "dispiacere" al sapere che l'organo da lui costruito nel tempio lodigiano era stato danneggiato dai topi "et che andò per mano a un altro".
L'ultimo lavoro di cui si abbia notizia fu l'organo per il duomo di S. Martino a Pietrasanta, commissionatogli l'8 ag. 1519; lo strumento - che avrebbe dovuto essere simile a quello di S. Pier Maggiore di Lucca, sia pure con un registro e un mantice in più - non fu mai ultimato; essendo morto D. nel marzo del 1525, i suoi eredi restituivano all'Opera del duomo di Pietrasanta in data 14 maggio 1526 una parte del danaro da lui ricevuto in acconto a più riprese.
Degli organi costruiti da D. sopravvivono parte delle canne di quello della cattedrale di Lucca, parte delle canne, il somiere, il crivello e la catenacciatura di quello della Ss. Annunziata di Firenze. È possibile che risalgano ugualmente alla sua opera i nuclei più antichi di altri organi lucchesi, quali ad esempio quelli di S. Frediano a Lucca e della collegiata di Camaiore. Mancando tuttavia il supporto documentario e restando da compiere probanti confronti diretti dei manufatti, non è possibile andare oltre la semplice e timida ipotesi.
L'ambito degli strumenti è quasi senza eccezione impostato sul fa, con due tipi usuali di estensione: per quelli di 6 piedi, 38 tasti (fa1 - la4, senza fa diesis1, sol diesis1 e soldiesis4) come a Lucca (Ss. Giovanni e Reparata, S. Pier Maggiore) e a Lodi; per quelli di 12 piedi, 47 tasti (fa1 - la4, senza i primi due cromatici) come nelle cattedrali di Lucca e Siena o anche di 50 tasti (fa1 - la4, senza gli stessi cromatici dell'ambito di 38) per una sola volta (Firenze, Ss. Annunziata).
Del tutto insolita l'estensione dell'organo del Santo di Padova con 55 tasti (re1 - la4, senza mi bemolle1 oppure sol diesis4); singolare anche quella prefigurata per l'organo in base di 16 piedi della cattedrale lucchese: ai 47 tasti consueti andavano aggiunti nel grave do, re, mi bemolle, mi, fa diesis e sol diesis, più un tasto fa di 24 piedi: in tutto 54 tasti. In realtà il numero complessivo era anche maggiore per la presenza del "terzo ordine" (l'espressione è ripetuta in tutti e tre i progetti per la cattedrale lucchese), cioè di semitoni "spezzati" per le coppie re diesis/mi bemolle e sol diesis/la bemolle; il loro numero non viene purtroppo specificato dai documenti, ma si può ragionevolmente supporre che essi fossero sei (la bemolle1, 2, 3 e rediesis2, 3, 4).
Il numero dei registri oscilla tra un minimo di tre (Padova) e un massimo di sei (Lucca, cattedrale: entrambe le versioni di 16 e 24 piedi, Viterbo, Lodi, Siena, Firenze), che sembra assumere il carattere della norma, accanto a casi di quattro (Lucca, Ss. Giovanni e Reparata) e di cinque (Lucca, cattedrale: versione di 12 piedi, e S. Pier Maggiore).
Nella maggior parte delle disposizioni conosciute è sempre presente un flauto, del quale pero non e mai specificata l'altezza; dal tradizionale tipo in XV (Lucca, cattedrale) si passa a quello divenuto poi usuale in VIII (Firenze).
La separazione in registri della famiglia del principale è l'aspetto innovativo rispetto al ripieno in blocco medievale e tardogotico; ne resta comunque traccia ereditaria nel progressivo aumento di numero delle file di canne dal basso verso l'acuto, specificato a Padova in sette canne per tasto nei bassi e sedici nei soprani e a Lucca (cattedrale, versione di 12 piedi) rispettivamente in sei e undici. Ancora più dettagliato il progetto in base di 24 piedi della cattedrale lucchese, dove erano previste 6 canne nei primi 10 tasti, 7 a partire da fa1, 8 da d02, 9 da d03. 10 da fa3, 11 da d04, 12 da mi bemolle4. Tale incremento progressivo corrisponde alla presenza di raddoppi e triplicazioni, come vediamo praticato nell'organo della Ss. Annunziata di Firenze: principale doppio da fa2, ottava doppia da mi bemolle2 e tripla da fa3, quintadecima doppia da do diesis3, decimanona doppia da sol3, mentre le tre ultime file di ripieno (XXII-XXVI-XXIX) sono unite in unico registro.
Il somiere dell'organo fiorentino è di quel particolare tipo "a vento" praticato in Toscana in epoca rinascimentale, nel quale ai registri non corrispondono regoli (o pettini) di legno scorrenti sul piano superiore del somiere, ma liste di rame dentellate scorrenti sotto il piano stesso; le punte dei ventilabrini non sporgono quindi in superficie, ma da un listello di legno che copre il canale a metà altezza circa tra il ventilabro e il piano d'appoggio delle canne; la parte superiore al listello è ispezionabile mediante la rimozione di una tavoletta di copertura applicata a secco e facente parte del piano superiore del somiere stesso.
La tavola di riduzione dello stesso organo fiorentino è già armata con catenacci di ferro, in anticipo rispetto agli organari padani nell'abbandono dei tradizionali rulli di legno.
Un solo riferimento al pedale è offerto dai documenti ed è quello contenuto nel progetto di 12 piedi per la cattedrale di Lucca: "et ancora debbe havere li contrabassi facti li piedali dove fara bisogno secondo lo modo consueto al modo d'Ytalia". Premesso che il termine "contrabassi" indica non un registro, ma l'ambito inferiore al fa1 o al do1, la frase sembra indicare una pedaliera semplicemente collegata ai primi tasti manuali, secondo una consuetudine prevalente in Italia sino alla metà del '600.
Sulla falsariga del tipo di organo fissato da D. si muoverà ancora per molto tempo l'organaria toscana e centroftaliana rinascimentale.
D. ebbe chiara coscienza del proprio valore, come traspare dalle espressioni che si leggono nei documenti, quale quella che figura nel progetto per l'organo in base di 16 piedi della cattedrale di Lucca: "secondo la grandeza de dicta opera sera perfecta come un altra che sia in Ytalia" oppure in una delle lettere ai deputati dell'Incoronata di Lodi: "vo' che sia la prima chosa d'Italia di sua grandeza" o ancora, in un'altra: "con l'aiuto di Dio faremo chosa che vi domanderete ben contenti da me".
La qualità del suo operare e la reputazione che lo accompagnava sono del resto chiaramente significate dalle prestigiose committenze, sia in patria sia fuori di essa. Molti anni dopo la sua morte, nel 1546, il collaudatore dei lavori compiuti da G. B. Antegnati all'organo dell'Incoronata di Lodi, Lodovico Buffini, asseriva essi "non essere al parengono del lavoro de mo Domenico". Ancora più tardi (nel 1609) Adriano Banchieri ricordava, tra i migliori d'Italia, l'organo "soavissimo posto nella Cathedrale di Lucca fabricato da Domenico Nardi luchese".
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