DE MARTINO, Domenico
Nacque a Napoli il 22 maggio 1813, da Luigi. "scribente", e Michela D'Apuzzo. Della sua vita privata sappiamo quello che risulta dall'atto di morte: proprietario, sposò Marianna Forno, che gli diede tre figli e gli premorì. In una lista elettorale fu dichiarato negoziante (Roma, 24 luglio 1869).
Poco in vista nelle cospirazioni contro l'assolutismo borbonico (forse è lui il D. su cui la polizia indagò nell'estate 1854: Arch. di Stato di Napoli, Ministero Polizia, Gabinetto, fascio 1.423), dopo l'Unità partecipò alle lotte della democrazia napoletana. Spirito religioso, abbracciò la confessione evangelica, di cui Garibaldi aveva permesso la propaganda (sua dichiarazione nel Consiglio comunale di Napoli il 5 febbr. 1864) e aderì agli ideali umanitari della massoneria, che negli anni '60 ebbe a Napoli una forte componente democratica (Scirocco, Democrazia e socialismo, pp. 138-41).
Apparve tra gli attivisti del partito d'azione nella primavera 1862, come promotore, con Carlo Gambuzzi, dei Tiro nazionale, l'organizzazione patrocinata da Garibaldi per addestrare i cittadini alla guerra popolare (Arch. di Stato di Napoli, Prefettura, f.319; Il Popolo d'Italia, 26 giugno e 23 luglio 1862); il Gambuzzi, a cui sarà costantemente vicino, lo mantenne legato al partito dopo Aspromonte (G. Greco, Momenti e figure di democratici meridionali nel Risorgimento, Salerno 1979, pp. 131 s., 144).
In seguito alle delusioni del '62 il D. si accostò alla linea della Sinistra parlamentare incline alla partecipazione alla vita politico-amministrativa. Nel luglio 1863 fu eletto con altri democratici consigliere comunale a Napoli, nel rinnovo parziale del Consiglio. Benché sottolineasse il suo distacco dalla prassi paternalistica dei moderati (entrando in carica, il 4 novembre, chiese la pubblicità delle sedute, e il 9 appoggiò una mozione per un monumento a Garibaldi), collaborò al buon andamento dei lavori, mostrando particolare interesse per i problemi del bilancio, per l'istruzione delle classi povere, per la costruzione di nuovi quartieri e l'edilizia popolare, con una competenza che gli fu riconosciuta anche dagli avversari.
Infatti, in un Consiglio dominato dai moderati, il 27 nov. 1863 fu nominato revisore dei conti comunali e membro della commissione per le opere pubbliche. Assiduo alle sedute, intervenne frequentemente nei dibattiti. Eletto assessore il 21 marzo 1864, in un tentativo di accordo tra moderati e democratici, non accettò per ragioni personali, continuando a prendere frequentemente la parola: il 23 maggio illustrò una petizione della Società operaia napoletana sul caro delle pigioni e le cattive condizioni igieniche della città; nel giugno si oppose all'erogazione di un contributo per la progettata ferrovia Napoli-Caserta-Benevento-Foggia, asserendo che la spesa dovevano addossarsela le province avvantaggiate dalla nuova linea, e nell'ottobre fece parte di una commissione incaricata di approfondire la questione; l'8 luglio riferì sulla revisione delle liste elettorali e presentò una lunga relazione sul bilancio dei '62.
Con le elezioni parziali del luglio '64 si rafforzò la presenza dei democratici nel Consiglio comunale. Il nuovo sindaco, Fedele De Siervo, nel clima di collaborazione tra i due partiti nazionali instauratosi in seguito alla Convenzione di settembre, favorì l'accordo tra moderati e democratici. li 7 nov. '64 il D. fu il primo degli assessori eletti, e fu poi membro di varie commissioni.
Dal novembre '64, in una lunga serie di sedute, illustrò il bilancio di previsione per il 1865, rispondendo ad osservazioni e critiche; nel febbraio '65 riferì sulle offerte per la costruzione di un nuovo quartiere nella zona di Chiaia: la discussione si protrasse per molti mesi, imperniandosi sui progetti dell'imprenditore A. Gabrielli per quartieri a Chiaia e all'Arenaccia. Il D. caldeggiò l'acquisto delle raccolte artistiche del ministro borbonico F. Santangelo, che stavano per essere vendute a stranieri.
Nel giugno '65 il Consiglio municipale fu sciolto per l'entrata in vigore della legge comunale e provinciale 20 marzo '65. Nelle elezioni del 30 luglio prevalsero i moderati. Il D. non fu eletto: forse gli nocque il sospetto di essersi fatto corrompere dal Gabrielli (Scirocco, Democrazia e socialismo, p. 341). Intanto aveva intensamente partecipato alle varie attività del partito, impegnato a riprendere l'iniziativa dopo Aspromonte. Sul fronte delle cospirazioni, nei primi mesi del '64 fece parte della direzione dipartimentale del Comitato unitario centrale, che vide per breve tempo l'accordo di Mazzini e Garibaldi per la liberazione del Veneto. Contemporaneamente lavorò per l'Associazione elettorale italiana, fondata da Giuseppe Ricciardi con l'intento opposto di allargare la rappresentanza democratica nel Parlamento mediante il coordinamento delle candidature e della propaganda elettorale. Il D. fu l'animatore del comitato della sezione napoletana di Montecalvario (Il Popolo d'Italia, in particolare 5, 14, 18, 21, 22, 29 maggio 1864) e membro della commissione per la formulazione definitiva di programma e statuto dell'associazione (ibid., 15 ott. 1864, 19, 30 gennaio, 14 febbr. 1865).
Per i democratici era molto importante la presenza tra i lavoratori, base dell'auspicata iniziativa popolare. La Società operaia, fondata nel '60 dai mazziniani, aveva allentato i vincoli col Partito d'azione. Nel maggio-giugno '64 la presenza di Garibaldi ad Ischia sembrò l'occasione buona per ristabilire gli antichi legami. Il D., attivo socio onorario, sostenne la proposta che gli rendesse omaggio una folta delegazione; la proposta passò tra vivi contrasti, e nel luglio, ai soci onorari (esponenti politici o borghesi benefattori) fu tolto il diritto di prendere la parola (Scirocco, Democrazia e socialismo, p. 132).
II contrasto si riaprì in occasione dell'undicesimo congresso delle società operaie italiane, tenuto a Napoli il 25-27 ott. 1864. Il presidente della Società operaia napoletana, Francesco Tavassi, riaffermò l'esclusione dei soci onorari. Il D., partecipante come delegato di Reggio Emilia, difese con Gambuzzi i diritti dei soci onorari; propose poi di fare appello ai Municipi perché dessero stabilimenti agli operai, per sottrarli ai capitalisti. Fu anche inserito nella corrimissione incaricata di rivedere lo statuto (Il Popolod'Italia, 25-29 ott. 1865; Giornale delle Associazioni operaie italiane, 6 nov. 1865). Ormai, a Napoli, la Società operaia si orientava chiaramente verso i moderati.
I democratici, dopo aver costituito una Società democratica, di cui fu dirigente il D., avente tra gli scopi l'istruzione e l'educazione dei figli del popolo (Il Popolo d'Italia, 9 genn. 1865), fondarono una Associazione operaia umanitaria: all'inaugurazione, il 19 marzo, riecheggiando le preoccupazioni per la crescente disoccupazione, fu votata una risoluzione, proposta dal D., perché la Società delle ferrovie meridionali fosse obbligata ad installare a Napoli un opificio centrale con quattromila dipendenti, secondo gli accordi fissati (ibid., 19-20 e 22 marzo 1865).
Nel giugno del '65 si stabili a Napoli Michele Bakunin e convertì alle tesi all'anarchismo molti democratici. Tra questi furono il Gambuzzi, P. V. De Luca, il De Martino. La prima azione pubblica del gruppo socialista fu un'assemblea di protesta contro le tasse, tenuta in un teatro napoletano l'11 febbr. 1866. Il D., da tempo impegnato sui problemi dell'economia cittadina e del lavoro, fu uno degli oratori. Partendo dalla difesa dei principi liberisti affermatisi con la Rivoluzione francese, criticò aspramente la politica governativa ispirata da Quintino Sella. Sostenne che lo Stato imponeva nuove tasse senza un'effettiva conoscenza dei redditi dei cittadini e non sapeva utilizzare gli introiti; denunziò sprechi e dilapidazioni; ripropose la questione delle ferrovie meridionali ed accusò la politica economica dello Stato unitario di svolgersi a tutto danno del Mezzogiorno. Chiese, infine, un radicale cambiamento d'indirizzo, con un pieno decentramento amministrativo e la maggiore libertà dei Comuni (Il Popolo d'Italia, 11 -26 febbr. 1866, in particolare 14 febbraio). Questo è il più ampio e politicamente motivato discorso del D., e conferma il giudizio delle autorità governative, per le quali egli "è un tribuno dal facile eloquio. Quantunque prolisso e spesso volgare, conosce l'arte d'impressionare e di persuadere" (Scirocco, Democrazia e socialismo, p. 341).
Tornato consigliere comunale con le elezioni parziali del 29 luglio '66, il D. riprese gli interventi sulle questioni economiche.
Il 26 novembre, discutendo della tariffa daziaria e del bilancio, negò che i contribuenti napoletani pagassero poco, sostenne che Napoli pagava il doppio di quanto avrebbe dovuto in proporzione alle altre città, denunziò le cattive condizioni igieniche dell'ex capitale, consigliò di procurare i mezzi necessari a grandi lavori mediante l'emissione di azioni di credito immobiliare. Nel 1867, trattandosi della destinazione dei beni delle corporazioni religiose incamerati dallo Stato, caldeggiò la proposta che questi fossero ceduti ai Comuni (25 e 31 maggio 1867). Il 23 luglio chiese che non si ricorresse agli ecclesiastici nella istruzione pubblica, poiché si era in un momento di trasformazione in cui era necessario sottrarre il più possibile i giovani alle influenze clericali.
Il tono, politicamente più acceso, rispecchiava l'adesione al gruppo ispirato da Bakunin, che il 3 apr. 1867 fondò l'associazione Libertà e giustizia, di cui il D. fu socio. Anteriormente alla sua costituzione ufficiale l'associazione, in occasione delle elezioni politiche anticipate del marzo -1867, aveva pubblicato un ampio manifesto, in cui sottolineava la difficoltà della situazione economica italiana e condannava il sistema governativo. Il manifesto, che presentava anche un articolato programma politico, comprendente la completa autonomia di Province e Comuni, era firmato da un comitato dirigente di cui faceva parte il De Martino.
Questi, quindi, sempre dirigente del comitato elettorale di Montecalvario (in tale veste il 12aprile firmò un messaggio a Carlo Cattaneo contro l'accentramento amministirativo: cfr. Il Popolo d'Italia, 20 apr. 1867), si presentò candidato al Parlamento nello stesso collegio, rimasto vacante per la rinunzia di Francesco De Luca. Poco appoggiato dalla Sinistra, sospettosa delle sue simpatie socialiste, il 5 maggio riportò 71 voti contro i 77 dei generale Enrico Cosenz, che lo sconfisse nel ballottaggio del 12 maggio con 178 voti contro 108 (Indice gen. degli Atti parl. dal 1848 al 1897, II, Roma 1898).
Indicativo per le diffidenze della Sinistra il duro giudizio di Asproni, che lo definì in quei giorni "intrigante e da poco" (Diario, 5 maggio 1867): zelo e competenza nei problemi amministrativi non potevano essergli negati, mentre restavano nel vago le accuse di corruzione.
Agli inizi del '68 Libertà e giustizia si sciolse. Il D. non seguì Gambuzzi nel campo socialista. In coerenza con gli ideali della democrazia borghese, restò nella massoneria e restrinse la sua opera all'amministrazione cittadina.
Escluso dal Consiglio comunale nel rinnovo generale del 1º marzo 1868 e nel rinnovo parziale del luglio dello stesso anno, vi tornò con le elezioni parziali del luglio '69. Assiduo come sempre, ma senza il piglio aggressivo del passato, nel 1870 prese la parola sui problemi a lui cari, dal bilancio alla pubblica istruzione, con interventi generalmente brevi. Nell'ottobre '70, dopo le elezioni parziali dell'estate, la Sinistra conquistò la maggioranza e il D., l'8 novembre fu eletto assessore supplente.
Presente alle sedute fino al 19 aprile, morì dopo breve malattia l'8 maggio 1871 a Pozzuoli (Napoli).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Napoli, Stato civile, Atti di nascita, 1813, f. 2.561;Arch. d. Comune di Pozzuoli, Registro degli atti di morte del 1871, n. 124. Sull'ambiente politico in cui operò il D. è fondamentale A. Scirocco, Democrazia e social. a Napoli dopo l'Unità (1860-1878), Napoli 1973, ad nomen. Sulla sua partecipazione a Libertà e giustizia cfr. M. Nettlau, Bakunin e l'Internaz. in Italia dal 1864 al 1872, Ginevra 1928, pp. 101, 109; A. Romano, Storia del movimento social. in Italia, Bari 1966-67, I, pp. 239, 404; III, p. 35. Sulla vita amministrativa napoletana dopo il 1860cfr. A. Scirocco, Dall'Unità alla prima guerra mondiale, in Storia di Napoli, X, Napoli 1971. Perl'attività di amministratore del D., cfr. Atti del Consiglio comunale di Napoli, Napoli 1861 ss., ad nomen. Cfr., inoltre, G. Asproni, Diario politico 1855-1876, IV (1864-1867), a cura di T. Orrù, Milano 1980, pp. 116, 151, 167, 301, 319, 362, 456 s.