PONZONE, Domenico da
PONZONE, Domenico da. – Predicatore minore osservante, nacque probabilmente intorno alla metà del XV secolo, forse a Genova, come suggerito da una lettera del 1496 di Isabella d’Este al marito Francesco II Gonzaga, dove egli è detto «zenovese» (Giornale ligustico, XII (1885), p. 149).
Un ramo dei marchesi di Ponzone, proveniente dall’omonima località presso Acqui, era attestato a Genova già dalla fine del XIII secolo.
Mariano da Firenze, nel Tractatus de origine, nobilitate, et de excellentia Tusciae, menziona invece Domenico da Ponzone come nativo della Lunigiana, notizia che si accorda con il cognome «da Ponzo Spediano» attribuitogli da Lucas Wadding (1745), che rimanda a La Spezia, nella cui provincia si trova una località denominata Ponzò. Per il suo cognome sono attestate nelle fonti anche le varianti «da Ponzo», «Ponzoni», «Ponsolo» e «Ponzollo».
Le notizie riguardanti la sua giovinezza e formazione sono quasi nulle, ma si può supporre che abbia ricevuto una buona educazione teologica e rivestito l’abito nel convento dei minori osservanti di Genova. Le prime menzioni riguardanti l’operato di Ponzone risalgono al 1481, nel contesto della spedizione indetta da papa Sisto IV per liberare Otranto dai turchi. È altamente probabile che il compito di predicare la crociata a Genova gli fosse stato affidato da Angelo Carletti, vicario generale dell’Osservanza francescana, che diverse bolle papali avevano destinato al ruolo di commissario apostolico a questo scopo. Le autorità genovesi avevano negato al pontefice la richiesta di armare cinque galee per contribuire alla spedizione, ma Ponzone riuscì a convincere molti privati cittadini a donare denaro per la causa, con la promessa che le navi sarebbero servite a recuperare le colonie di Mitilene e Focea antica e nuova dagli Ottomani. In ciò egli ebbe l’appoggio del doge e del Consiglio, che assentirono all’elezione di ventidue procuratori deputati ad aiutare il frate, e che lo dotarono di capacità coercitive contro coloro che, avendo promesso denaro, non si fossero poi mostrati solleciti a donarlo. Anche se gli sforzi di Ponzone non si concretizzarono in un reale contributo all’impresa di Otranto, risulta evidente che nel 1481 egli era già predicatore capace e affermato.
Nel 1483 Ponzone contribuì, insieme al confratello Francesco di San Colombano, alla fondazione a Milano di una Cassa di prestito, che fu il germe del Monte di pietà approvato poi da Ludovico il Moro nel 1496, sempre in seguito al suo operato. Come è tipico dei minori osservanti di fine Quattrocento, gran parte della predicazione itinerante di Ponzone fu imperniata sulla promozione di tali istituzioni. Egli favorì nel 1494 lo sviluppo di quelli di Piacenza e di Reggio Emilia, e nel 1496 incoraggiò anche la creazione dei monti di Treviso e Udine.
Particolarmente complessi furono, nel corso degli anni Novanta del Quattrocento, i suoi rapporti con Firenze, dove pure predicò per il Monte nel 1493 e 1495.
Un sermone tenuto nel corso del ciclo quaresimale del 1492 a Firenze mostra come per un certo periodo Ponzone facesse uso, nelle sue omelie, di immagini apocalittiche, in questo probabilmente ispirato dalla contemporanea predicazione di Girolamo Savonarola, di cui fu all’inizio un simpatizzante. In seguito però Ponzone si allontanò dal domenicano, fino a divenirne uno dei più fieri oppositori. Il motivo può essere rinvenuto nella sua vicinanza a Ludovico il Moro, ostile a Savonarola per il favore di quest’ultimo nei confronti della spedizione italiana di Carlo VIII: i rapporti di Ponzone con il duca di Milano lo resero inoltre sospetto agli occhi della Signoria fiorentina, che nel luglio 1494 gli impedì di predicare in città perché ritenuto una spia milanese. Allontanatosi alla volta di Genova, fu perquisito a Sarzana dal capitano fiorentino Pietro Tornabuoni, che lo trovò in possesso di documenti sospetti, «a religioso non appartenenti» (Parenti, 1994, I, p. 86). Nel gennaio 1495 Ponzone predicò nuovamente a Firenze, questa volta con il sostegno dell’oligarchia locale, ostile al regime a governo largo appoggiato da Savonarola. Egli si scagliò contro le riforme costituzionali volute da quest’ultimo e l’amnistia per i fautori dei Medici. Ponzone criticò la pretesa di Savonarola di esercitare un apostolato profetico e l’intromissione da parte di religiosi negli affari politici. L’approvazione delle riforme nel marzo 1495 e la persistenza di sospetti sui suoi rapporti con il duca di Milano lo spinsero infine ad allontanarsi da Firenze, dove era divenuto malvisto dai cittadini.
Nel dibattito etico-economico sulla liceità della percezione, da parte dei monti, di un piccolo interesse sul capitale prestato (al fine di coprire le spese di esercizio), si schierò a favore, sebbene l’agostiniano Nicolò Bariani, intransigente difensore della gratuità, nel suo De Monte impietatis annoveri Ponzone tra i suoi sostenitori (probabilmente perché la primigenia Cassa di prestito milanese, date le sue limitate finalità, era gratuita). Lo dimostra il ruolo da lui svolto nel Capitolo provinciale di Pavia del 1497, dove – sostenuto dal vicario generale Girolamo Tornielli – chiese a Ludovico il Moro di intervenire per fare in modo che frate Michele d’Acqui, noto fautore della gratuità, non potesse partecipare al Capitolo per esprimere le sue posizioni. L’esito del Capitolo generale di Milano del 1498, in cui i monti gratuiti furono obbligati a richiedere interessi, spinge a credere che la richiesta di Ponzone ebbe successo.
Sebbene nessun sermone di Ponzone sia pervenuto integralmente, le fonti evidenziano quali fossero i temi della sua predicazione che risulta in linea con i temi centrali dell’Osservanza francescana del XV secolo. Connesso al sostegno ai monti è il tema antiebraico, legato all’attività feneratizia di alcuni membri di questa comunità: Ponzone sostenne, spesso con successo, come a Mantova nel 1496, la necessità per gli ebrei di portare contrassegni identificativi come cappelli gialli e distintivi a vista sugli abiti. Pare comunque che i suoi sermoni fossero meno virulenti di quelli del confratello Bernardino da Feltre, se è vero che le autorità veneziane, che avevano bandito quest’ultimo dai loro territori proprio per i tumulti antiebraici che aveva provocato, permisero invece a Ponzone di recarsi a Udine in sua vece.
La vicinanza di Ponzone a Ludovico il Moro, attestata già nel 1483, divenne sempre più stretta negli ultimi anni della sua vita. A Milano si era già recato nel 1496, per promuovere la creazione di un vero e proprio monte, e dal marzo 1497 risiedette stabilmente nella città, essendo stato esonerato dal papa, su richiesta del Moro, dall’obbedienza ai superiori (Sevesi, 1930, p. 164). Fu confessore del duca e arbitrò una disputa tra lui e Battista di Campofregoso per la protezione di Novi Ligure, conclusasi a favore del Moro.
Morì di febbre continua con apostema il 13 maggio 1499, a Roma, dove si era recato come mediatore in un’altra controversia, e fu sepolto nel convento dell’Aracoeli.
Riconosciuto come uno dei più grandi predicatori della sua epoca e come valente teologo, Ponzone fu anche poeta ed editore. Oltre a un’edizione di propri sermoni vari e prediche quaresimali, non pervenuta, scrisse nel 1493 una poesia proemiale per il Mariale di Bernardino de’ Bustis, di cui fu anche il censore, e curò a Venezia nel 1496 l’edizione a stampa del Liber de oculo morali di Pierre de la Cipière e nel 1498 di un commentario ai salmi attribuito ad Alessandro di Hales (Sbaraglia, 1806, p. 224).
Fonti e Bibl.: A. Giustiniani, Annali della Repubblica di Genova, V, Genoa 1537, c. 241; L. Wadding, Annales minorum seu trium ordinum a S. Francisco Institutorum, XIV, Romae 1745, p. 244; G. Grasso, Documenti riguardanti la costruzione di una lega contro il Turco, in Giornale ligustico di archeologia, storia e belle arti, VI (1879), pp. 321-494; V. Meneghin, Documenti vari intorno al B. Bernardino Tomitano da Feltre, Roma 1966, docc. 177, 179, 205, 210, 212, 238.
G.G. Sbaraglia, Supplementum et castigatio ad scriptores trium ordinum S. Francisci, Romae 1806, p. 224; G. Casalis, Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli stati di s.m. il re di Sardegna, XV, Torino 1847, ad vocem; Un predicatore ligure a Mantova, in Giornale ligustico di archeologia, storia e belle arti, XII (1885), pp. 149-151; A. Corna, I Francescani e l’origine del Monte di pietà di Piacenza, in Archivum Franciscanum Historicum, II (1909), pp. 32-46, 216-231; C. Cannarozzi, Il pensiero di Fra Mariano da Firenze, in Studi Francescani, XXVI (1929), pp. 121-179; P. Sevesi, Le Clarisse in Milano, Milano 1930, p. 164; R. Ridolfi, Studi savonaroliani, Firenze 1935, pp. 103-105; P. Compostella, Il Monte di pietà di Milano, I, Le origini, Milano 1966, pp. 18-22; V. Meneghin, I monti di pietà in Italia: dal 1462 al 1562, Vicenza 1986, pp. 79, 84, 91, 94, 120, 147 n. 2; P. Parenti, Storia fiorentina, a cura di A. Matucci, Firenze 1994, I, 1476-78/1492-96, pp. 27 s., 48 s., 86, 171, 189-191, 193 s., 196, 199, 207; II, 1496/1502, p. 266; J. Traeger, Renaissance und Religion: die Kunst des Glaubens im Zeitalter Raphaels, München 1997, p. 210; G. Andenna, Aspetti politici della presenza degli osservanti in Lombardia in età sforzesca, in Ordini religiosi e società politica in Italia e Germania nei secoli XIV-XV. Atti del Convegno, Trento… 1997, a cura di G. Chittolini - K. Elm, Bologna 2001, pp. 331-371, in partic. pp. 353 s.; S. Fasoli, Perseveranti nella regolare osservanza, Milano 2011, p. 191; D. Weinstein, Savonarola: ascesa e caduta di un profeta del Rinascimento, Bologna 2013, pp. 95 s., 114-116, 137, 172, 176, 183, 356, 365, 383, 448; R. Calimani, Storia degli ebrei italiani, II, Dal XVI al XVIII secolo, Milano 2014, p. 271.