DOMENICO da Pistoia
Le sole notizie che attualmente si hanno su questo domenicano figlio di Daniello o Daniele da Pistoia sono strettamente legate con la storia della tipografia di S. Iacopo di Ripoli a Firenze, da lui fondata e diretta, insieme con frate Pietro di Salvatore da Pisa, fra il 1476 e il 1484, e della quale è conservato il Diario autografo, oggi nella Biblioteca nazionale di Firenze (Magl. X, 143).
Nulla si sa della sua giovinezza, dei suoi studi, del suo iter monastico. Il Chiappelli suppone possa essere appartenuto a famiglia ebrea convertita o alla famiglia pistoiese dei Filiarchi, la sola in cui il nome del padre, Daniello, ricorre con una notevole frequenza. I suoi studi dovevano essere stati di tipo "umanistico" - anche se la sua scrittura, come risulta dal Diario, era una semigotica usuale piuttosto rozza - perché si diletta a Copiare testi, come un Cicerone, De amicitta e De senectute, che nel 1480 presta a ser Antonio Nerli (a quanto pare un cartolaio il cui nome ricorre più volte nel Diario, forse parente del tipografo Bernardo), per ser Niccolò Carnesecchi da Pisa (cc. 20r, 71v; ancora cc. 19v, 29r, 30v, 77r).
Secondo il Fineschi, venne nominato vicario e procuratore presso il convento femminile di S. Iacopo di Ripoli a Firenze dal capitolo generale del 1474, ma nulla risulta dagli atti di questo capitolo, tenutosi a Roma in S. Maria sopra Minerva (B. M. Reichert, Acta capitulorum generalium Ordinis praedicatorum, III, Romae 1900, pp. 331-333; A. M. D'Amato, Gli atti dei capitoli generali del 1474 e del 1486 e altri frammenti, in Archivum fratrum praedicatorum, XVII [1947], pp. 221-224). Nel Diario si accenna invece alla sua provenienza dal convento di S. Domenico di Fiesole (uno dei conventi riformati che aderiscono alla congregazione di Lombardia) e, ripetutamente, alle sue cariche di vicario, sindaco, procuratore, priore (c. iv, a. 1477; cc. 113v, 114v) 123r, a. 1483; vedi anche Arch. di Stato di Firenze. Protocolli notarili di Piero di Bernardo Cennini, c. 345, a. 1480, e. 138v, ediz. Marzi, p. 435: gubernator).
In genere viene indicato come anno della sua morte il 1484 - anno in cui cessa l'attività della stamperia -, fra il maggio e l'agosto (il 17 maggio D. annota nel Diario un deposito; il 19 agosto procuratore del convento è Vincenzo di Bernardo Brunetti, c. 127v), ma non è possibile escludere, al contrario, il trasferimento in un altro convento.
Quella di S. lacopo di Ripoli è una delle prime e delle più importanti tipografie fiorentine, che lavora senza interruzione per otto anni, con una produzione copiosa e variata, spesso formando società, sia pure di breve durata, con altri tipografi. Nel Diario si trovano nominati don Ippolito (1477: cc. 2rv, gr), - il tedesco Giovanni da Magonza, che il 12 maggio 1477 vende ai frati le matrici di una serie di caratteri romani "colle maiuschole e sue breviature", gli stessi poi usati per alcune delle edizioni ripoliane (per esempio il Libro da compagnie, B. M. C., VI, 620, I.G.I., 3107; Diario, cc. 7r, 8r, 9v, 103v); il tedesco Niccolò di Lorenzo (1480-1483: i contraenti sono da un lato Bartolomeo Fonzio in vece di Niccolò, dall'altro D. e il cartolaio Bartolo di Domenico di Guido: Arch. di Stato di Firenze, Protocolli notarili di Piero di Bernardo Gennini, ediz. Marzi, pp. 434-436). Più importante la "compagnia" con il veneziano Lorenzo di Francesco Alopa, fratello di un altro tipografo che lavora per Ripoli, Antonio, che nel 1477 0 1478 entra nella stamperia come "garzone allo stampar libri"; nel 1483 fa compagnia ad un terzo con D. e dopo il 1484 rileva i torchi ed i caratteri della tipografia (cc. 9v, 2r della seconda numerazione, 114v e passim).
Per la preparazione e lo smercio dei libri, con notevole senso pratico ed abilità, D. si serviva sia di personale e di attrezzature interne (fra l'altro anche alcune suore del monastero lavoravano come compositrici), sia della collaborazione di numerosi cartolai e dei loro lavoranti. Annessi alla stamperia, che si presentava come una sorta di "artista collettivo" (Perini), erano locali per la rubricazione e la rilegatura dei libri e una fonderia per i caratteri.
Fra i cartolai, con alcuni dei quali D. forma società, spesso brevi e tavolta ripetute, i nomi che ricorrono più spesso sono quelli di Bartolomeo Particini, Giovanni di Nato del "popolo" di S. Lucia d'Ognissanti, committente di molte fra le opere stampate, Bartolo o Bartolomeo di Domenico, Zanobi di Mariano, Gherardo e Monte di Giovanni, ser Francesco di Piero di S. Felicita, i fratelli Varnucci (M. Levi D'Ancona, Miniatura e miniatori a Firenze dal XIV al XVI secolo, Firenze 1962, pp. 380, 404-405 e passim). Per la stamperia lavorano anche ser Piero Pacini da Pescia, che collabora con D. come notaio, fornitore di materiali, committente, intermediario per la vendita dei libri, e Bartolomeo Fonzio, che nel 1477 entra in contatto con la tipografia tramite il cartolaio Bartolomeo di Domenico per la edizione della Explanatio in Persium (ilFonzio cura personalmente la stampa, ed il manoscritto autografo consegnato a D. è oggi il Riccard. 666 della Bibl. Riccardiana di Firenze) e continua ad avere rapporti saltuari con i frati: fra il 1478 e il 1480 corregge libri per Ripoli (anche se nel 1478 cura per il tedesco Niccolò di Lorenzo l'editio princeps del De medicina di Cornelio Celso), si impegna a venderli, fornisce la carta, forse aiuta a stampare, si interessa alla edizione di alcune opere come le Vite dei pontefici e imperatori romani del Petrarca e, forse, il Lamento in morte di Giuliano de' Medici (Diario, c. 49r, e Arch. di Stato di Firenze, S. Iacopo di Ripoli, Contratti, filza I, n. 17, ediz. Nesi, pp. 61-62), annota di sua mano sul Diario i contratti per la stampa della Logica dello pseudo Agostino e delle Selve di Stazio (Diario, cc. 68v, 69r, 76r, 77r).
Le opere edite in S.Iacopo di Ripoli sono circa 94, in latino ed in volgare, antiche e moderne: non sembra che alle spalle delle edizioni vi sia un lavoro filologico e una collaborazione culturale con unianisti e studiosi contemporanei: forse si ripropongono edizioni già esistenti, come nel caso del Fiore di virtù (G. K. W., 9920-9921), ristampato dall'edizione veneziana del Beretin Convento, e solo sporadicamente si trovano nominati nel Diario correttori come il Fonzio o un frate, Niccolò di Tobia di S. Marco (c. 85r: ma il Defecerunt di S. Antonino che gli viene affidato non risulta fra le edizioni ripoliane conosciute, nelle edizioni di Ripoli mancano sempre le prefazioni). È probabile quindi che i criteri di scelta siano stati in parte di carattere economico e in parte di carattere culturale, in modo da potersi rivolgere a un mercato assai vasto, che si estendeva anche al di fuori di Firenze (Pistoia, Siena, San Gemignano, Bologna, Pisa, Milano, Venezia), attraverso vari canali: il popolo (religiosi, ambulanti, cerretani, cantastorie), i cartolai e, più raramente, gli intellettuali e i nobili.
Si trovano quindi testi più o meno impegnativi, che vanno da quelli usati nelle scuole di primo grado a quelli che presuppongono nel lettore un discreto grado di cultura, e, accanto a questi, opere adatte a un pubblico di livello culturale non altissimo: opuscoli di devozione, orazioni, sacre rappresentazioni, leggende, salteruzzi miniati, spesso fogli volanti o fascicoli di poche pagine, che venivano tirati anche in parecchie centinaia di esemplari e che venivano pagati subito dai committenti, come le mille copie dei Miracoli della Vergine (I. G. I., 6502), della Storia di S. Margherita (L G. I., 6178), delle Orazioni della Croce e di S. Giuliano (Nesi, pp. 32 s.).
I caratteri usati sono di due tipi: quattro alfabeti romani, di cui uno con varianti, un alfabeto gotico e uno greco; le iniziali sono in genere rubricate o assenti, salvo nel Driadeo di Luca Pulci, dove sono bianche su nero con decorazione fioreale, forse quelle comprate dall'orafo Banco (Diario, c. 87v: "piastruccie da fogliame" e lettere per mini piccini e grandi). È possibile che, fra i primi, D. abbia usato anche la xilografia, sempre che sia uscito da Ripoli il Margutte privo di note tipografiche che si trova alla Bibl. Casanatense di Roma, Inc. 1553 (L G. I., IV, p. 344; Audiffredi, pp. 395-396; D. Reichling, Appendice ad Hainiicopingeri..., 1004; Nesi, p. 48).
Gli elenchi più completi delle edizioni di Ripoli sono stati pubblicati dal Follini, nell'introduzione al catalogo della Magliabechiana del Fossi; dal Bologna, in ordine alfabetico; dalla Nesi, in ordine cronologico, basato essenzialmente sui dati forniti dal Diario.
La prima opera pubblicata, già in vendita il 14 nov. 1476, è l'Ars minor di Donato in 400 copie (G. K. W., 8990); la seconda - senza tener conto delle varie orazioni messe in vendita fra il dicembre 1476 e il marzo 1477 - l'unica che riporti nel colophon il nome dei due frati stampatori oltre a quello del monastero, la Leggenda di s. Caterina di Raimondo da Capua del 24 marzo 1477 (L G. I., 10327). Si susseguono poi, per citare solo i principali, testi di narrativa come l'episodio del Margutte ed il Morgante maggiore di Luigi Pulci (L G. I., 8227), le Centonovelle del Boccaccio (I. G. I., 1775 e G. K. W., 4447: due edizioni), il Driadeo di Luca Pulci (I. G. I., 8213), l'anonimo cantare La Sala di Malagigi (L G. I., 6042); testi scolastici tradizionali e libri di carattere educativo, come i Donatelli, i Rudimenta grammatices del Perotti (B. M. C., VI, 623; Nesi, p. 49), le Regulae grammaticales del Guarino più volte ristampate (L G. I., 8124-8125), l'Aesopus moralisatus (I. G. I., 90; G. K. W., 387); opere moralizzanti e religiose, come il Confessionale volgare di s. Antonino (I. G. I., 666; G. K. W., 2153), l'Arte del ben morire di Domenico Capranica (L G. I., 887-890; G. K. W., 2619: due edizioni), le Regole della vita spirituale e le Regoledella vita matrimoniale di fra' Cherubino da Siena (I. G. I., 2730, G. K. W., 6600), i Salteri, il Vangelo.
Vengono ancora stampate opere dell'antichità classica: la Catilinaria e la Giugurtina di Sallustio (I. G. I., 8537), il De viris illustribus urbis Romae di Sesto Aurelio Vittore (I. G. I., 1086), il De grammaticis etrhetoribus di Svetonio (I. G. I., 9226), forse un Lattanzio (Diario, cc. 72v, 73v), l'Argonauticon di Valerio Flacco (I. G. I., 10051) e le Selve di Stazio ad opera del Fonzio. Fra le opere di logica e di astronomia si trovano la Expositio di Donato Acciainoli all'Etica aristotelica tradotta da Giovanni Argiropulo (I. G. I., 14; G. K. W., 140), la Logica dello pseudo Agostino ristampata due volte (I. G. I., 1003-1004, 9152; G. K. W., 2957-2958), le Obiectiones e le Annotationes di lacopo Riccio d'Arezzo alla Logica di Paolo Veneto (L G. I., 8355), la Sfera di Gregorio Dati (I. G. I., 3323; G. K. W., 8020); due volumi sono forse suggeriti da una epidemia di peste, il De regimine sanitatis di Moses ben Maimon (I. G. I., 6750) e il Consiglio contro la pestilenza di Marsilio Ficino (I. G. I., 3862); non vengono trascurati testi, anche in volgare, degli autori del Trecento italiano Petrarca e Boccaccio. In editio princeps vengono stampate la ExpIanatio in Persium (I.G.I., 4012) e il De ponderibus et mensuris di Bartolomeo Fonzio nel 1477, nel 1478 le Vite del Petrarca (I.G.I., 7563), il Lamento in morte di Giuliano (I.G.I., 9703), le Storie di Alessandro Magno di Curzio Rufò tradotte da Pier Candido Decembrio (I. G. I., 3292; G. K. W., 7877), la Expositio dell'Aeciaiuoli, nel 1481-82 forse il Morgante del Pulci (A. Pellizzari, I tre Morganti, in Scritti vari dedicati a Mario Armanni, Milano 1938, pp. 230 ss., e, contra, F. Ageno, Le tre redazioni del Morgante, in Studi di filologia italiana, IX (1951), p. 7 e passim), nel 1483 la traduzione di Marsilio Ficino dei Dialoghi di Platone (I.G.I., 7860).
La traduzione dei Dialoghi platonici è l'ultima opera stampata a Ripoli in 1.025 copie: D. inizia il lavoro il 25 genn. 1483 insieme con Lorenzo Veneziano su commissione dei discepoli ed amici del Ficino Filippo di Bartolomeo Valori e Francesco di Niccolò Berlinghieri e dopo un inizio stentato, in pochi mesi, con ritmo intenso ed utilizzando un secondo torchio con dei nuovi caratteri fatti venire da Lucca, vengono consegnati ai committenti circa due terzi del lavoro; rimasto interrotto, forse per la morte del frate, il Platone è completato e sottoscritto nel 1485 dal solo Alopa, mentre la stamperia, priva del suo animatore, è costretta a chiudere.
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