COSSELLI, Domenico
Nacque a Parma il 27 maggio 1801 da Alessandro e da Fiorita Borelli. Giovinetto, studiò canto e dopo una parentesi di studi ecclesiastici e di lavoro come sellaio e calzolaio, cui fu costretto dalla grande indigenza in cui versava la famiglia, riprese a cantare per diletto e studiò musica da autodidatta. Fu il maestro F. Carozzi che, avendolo udito cantare in strada, conquistato dalla meravigliosa voce e dal grande talento, lo incoraggiò e prese a insegnargli i rudimenti dell'arte musicale. Nel 1820 entrò a far parte del coro del teatro Ducale di Parma, continuando a studiare con A. Busi; nella primavera del 1821 si esibì per la prima volta in pubblico nell'opera Amalia e Leandro, ossia Il trionfo della rassegnazione di P. Dell'Argine, musicato da G. Liberati. Per questa rappresentazione, eseguita in casa Sanvitale, il C. faceva parte di un gruppo di artisti, professionisti e dilettanti, tutti istruiti da L. Tartagnini, professore di fagotto e maestro di canto.
Studiò poi con A. Savi e nel 1822 a Forlimpopoli eseguì il Barbiere di Siviglia di Rossini, nello stesso teatro che A. Fusinato rese celebre con la poesia del Passatore. Le cronache di allora (cfr. Ferrarini, Parma teatrale e ottocentesca, p. 117) parlarono della rivelazione di un giovane cantante "che ha reso sublime l'intero spettacolo". Il C. replicò la stessa opera nell'estate del 1823 al teatro Ducale di Parma, dove cantò nel Tancredi e nella Cenerentola, ottenendo in queste due prime opere rossiniane un buon esito, ma rimanendo coinvolto nel generale insuccesso riportato dalla Cenerentola. Nel 1828, sempre al teatro Ducale, durante il camevale, cantò con successo nella Semiramide (e nella Zelinira, che ebbe però un risultato più mediocre). Fu proprio con le opere di Rossini che si impose all'attenzione generale, dimostrando le sue spiccate, particolari doti di attore oltre che di cantante. Nel 1825 a Ravenna aveva cantato nella Gazza ladra e nella Semiramide, con quest'ultima nel 1829 avrebbe dovuto esordire al teatro Carcano di Milano, ma preferì rompere il contratto con il prestigioso teatro, temendo il confronto con il cantante F. Galli. Stimato negli ambienti teatrali milanesi che vedevano in lui un interprete capace di risvegliare l'entusiasmo per il teatro lirico, non volle affrontare il pubblico della Scala e rientrò nella sua città annunciando il ritiro dalle scene. Fu il medico e filosofo G. Tommasini a ridargli, con non poco sforzo, coraggio e fiducia.
A Roma, al Valle, nella stagione 1826-27 il C. aveva cantato con grande successo, partecipando tra l'altro alla prima di Olivo e Pasquale di G. Donizetti. Allargò la sua fama in Italia soprattutto con il repertorio rossiniano e riscosse eccezionale successo nel Barbiere di Siviglia alla Pergola di Firenze e nel Conte Ory a Bergamo. Successivamente, dopo il 1830, abbandonò il genere giocoso, per dedicarsi completamente alle opere di Bellini e di Donizetti. Fu proprio con la Lucia di Lammermoor che raggiunse la celebrità, nel 1835, allorché partecipò alla storica prima al S. Carlo di Napoli. Il 13 giugno 1838, al teatro Ducale di Parma, prese parte alla prima esecuzione dell'opera Marin Faliero, sempre di Donizetti, con un successo strepitoso. La bella voce baritonale e il temperamento drammatico ne fecero l'interprete ideale del repertorio romantico, soprattutto belliniano e donizettiano: lo stesso Donizetti, non potendo contare sul baritono Tamburini come protagonista di Parisina, scelse il Cosselli.
La voce del C. bellissima, sonora, agile era perfetta, ideale per le opere donizettiane; arrivava a toccare, sicura e ardita, la tessitura tenorile per tornare con timbro uguale e perfetto e profonda chiara robustezza alle più gravi note baritonali. Autodidatta, il C. era riuscito a formarsi una cultura vasta che gli consentiva di interpretare con intelligente e accurata capacità di caratterizzazione ogni personaggio affidatogli. Memorabile rimase la sua interpretazione del ruolo del duca Alfonso nella Lucrezia Borgia;l'opera fu, per oltre un ventennio, fonte per lui di strepitosi successi in tutti i teatri italiani ed europei, condivisi con Marianna Barbieri Nini, meravigliosa protagonista. In questa occasione il C. si rivelò tra l'altro eccezionale basso cantante tanto che Donizetti ebbe a dirgli "ti proclamerei il primo basso del mondo se non ci fosse il baritono Cosselli" (M. Ferrarini, Parma teatrale e ottocentesca, pp. 118 s.).
Di opere di Donizetti e di Bellini, oltre che di tante rossiniane, fu interprete prestigioso (La straniera, Il pirata, Beatrice di Tenda, Puritani, Anna Bolena, Lucrezia, Belisario, Il furioso, Roberto Devereux). Nel 1830 e '38 il C. cantò al teatro Giglio di Lucca, al teatro La Fenice di Venezia nella stagione 1831-32,al teatro degli Avvalorati di Trieste nel 1838,al teatro Grande di Trieste sempre nel 1838e al teatro Alfieri di Firenze nel 1830e 1840-41. Prese parte alle prime rappresentazioni di Iltaglialegna di Dombar di F. Grazioli (Roma, teatro Valle, 1826), Ivanhoe e Carlo di Borgogna di G. Pacini (Venezia, teatro La Fenice, 1832 e 1835), Palmira di F. Stabile (Napoli, teatro S. Carlo, 1836).Donizetti scrisse per il C., oltre probabilmente alla parte di Azzo nella Parisina, Il Diluvio universale, azione tragico-sacra in tre atti (interpretata al Carlo Felice di Genova con grande successo nella stagione 1833-1834)e il ruolo di Asthon nella Lucia di Lammermoor (Napoli, teatro S. Carlo, 26 sett. 1835).
Il C. viene considerato come l'iniziatore del tipo di baritono drammatico, in contrapposizione al tipo ornamentalistico (quale il Tamburini), secondo una tipologia vocalistica che si direbbe definitivamente qualificata nei primi baritoni verdiani, da Ronconi a Varesi. La sua vocalizzazione di antico stampo era eccezionale, e gli consentiva di emergere nei ruoli seri rossiniani e anche in opere di Mercadante (INormanni a Parigi ed Elena da Feltre),Pacini (Ivanhoe, Carlo di Borgogna e L'ultimo giorno di Pompei),di Meyerbeer (Ilcrociato)e Cimarosa (Ilmatrimonio segreto).Con eccezionale versatilità seppe trasformare la sua voce di basso comico in basso cantante e poi in baritono drammatico. Grazie alla rigorosa formazione musicale e alla perfetta padronanza dei mezzi vocali poté curare ed approfondire l'interpretazione dei ruoli più diversi.
Seppe inoltre unire alle doti vocali ottime qualità di attore e particolari cure nell'interpretazione del personaggio, aiutato dalla buona cultura umanistica e dalla naturale predisposizione alla rappresentazione drammatica.
Ancora nel 1840, durante il carnevale, il C. cantò nella Parisina e nel Belisario di Donizetti e nell'Elena da Feltre di Mercadante. Nel maggio 1841 cantò applauditissimo al teatro Comunale di Ferrara nel Marin Faliero e nella Lucrezia Borgia col titolo Giovanna I di Napoli. La stima e l'ammirazione di cui godeva gli valsero la nomina di virtuoso onorario della corte ducale.
Nel 1843, ancora giovane, si ritirò dalle scene e si trasferì a Vienna. Nella capitale austriaca si dedicò all'insegnamento del canto, ma a questa sua nuova attività dovette rinunciare ben presto a causa di una grave malattia. Tornato in patria, si stabilì nella villa di Marano, dove tra i ricordi di una gloriosa carriera visse gli ultimi anni della sua vita, circondato da musicisti e letterati famosi. Alla morte di Donizetti (8 apr. 1848) si ritirò definitivamente a Parma.
Considerato l'incarnazione della forza nella scena lirica così come il Tamburini era stato l'incarnazione della dolcezza, formò numerosi allievi destinati alla celebrità. Aveva sposato Anna Scodellaro di Fusignano e dalla loro unione non nacquero figli. Si dedicò anche alla poesia e di lui rimangono versi di gusto bernesco, graziosi e piacevoli. Occupò, inoltre, un posto di magistrato nel limitrofo paese di Marore.
Morì a San Lazzaro Parmense il 9 nov. 1855.
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