CERCIÀ (Cerciano), Domenico
Nacque verso il 1770 (per il Manferrari 1768) a Napoli. Se è vero quanto riferisce il Fétis (annotazione per altro non confermata dal Florimo), sarebbe stato allievo, presso il conservatorio della Madonna di Loreto, di Fedele Fenaroli, che vi ricopriva sin dal 1777 il ruolo di primo maestro di cappella. Suoi compagni di studio sarebbero quindi stati Cimarosa, più anziano di una ventina d'anni, G. Cordella, N. Zingarelli, S. Palma, F. Ruggi, S. Fighera, G. Mosca, C. Coccia e M. Carafa, tutti iscritti al medesimo corso di composizione.
Attivo quasi esclusivamente nell'area napoletana tra il 1790 e il 1829 (non si hanno infatti notizie di suoi allontanamenti dalla città natale), il C. raggiunse una certa notorietà, dal momento che alcune delle sue opere teatrali - un genere d'elezione obbligatorio in una città come Napoli - raggiunsero i palcoscenici del teatro Nuovo, del S. Ferdinando e persino del S. Carlo. Della fama da lui raggiunta a Napoli nell'ultimo decennio del secolo è testimonianza anche in una lettera di Cimarosa, probabilmente indirizzata a un impresario. Il già celebre maestro di Aversa, infatti, cui il C. era stato segnalato da eminenti personalità napoletane, scriveva nel 1793 alludendo al successo delle sue opere e raccomandava quindi il più giovane collega, allora poco più che ventenne e alle sue prime esperienze teatrali (Schlitzer).
Nei tredici melodrammi rimastici - i cui libretti in gran parte sono conservati nella Biblioteca del Conservatorio S. Pietro a Maiella - (il Fétis aggiunge però alla lista un non meglio identificato Il Robbe vecchie), il genere prevalente è quello dell'opera buffa con qualche esempio in vernacolo napoletano (Lo matremmonio 'ntrappecuso). Unica eccezione di rilievo l'opera seria Scipione in Cartagena (rappr. il 4 nov. 1801 per l'onomastico della regina alla presenza di Ferdinando IV, interprete il tenore D. Mombelli nei panni dell'Africano).
Tipico rappresentante di quel realismo musicale che aveva reso l'opera buffa napoletana celebre anche fuori d'Italia e ben accetta agli stessi ambienti culturali francesi, il C. offre una serie di affreschi della società partenopea del tempo (le sue opere giocose si svolgono quasi tutte nella capitale del Regno delle Due Sicilie o nelle immediate vicinanze), una divertente galleria di personaggi di ogni indole e ceto sociale. Vi si possono trovare così nobili, rivenduglioli, sensali di negozi, attori girovaghi, militari graduati, massari, astrologhi, locandiere, "scuffiare", servi mariuoli, vecchi biliosi e sordastri, sfaccendati, patiti per le cabale e anche, in caratterizzazioni particolarmente felici, il negoziante sciocco che vuol fare l'erudito, il fanatico per il lotto; tutti personaggi che nell'arguzia e nella caricata ilarità trovano la via di un'immediata comunicazione. Un bagaglio quindi ben noto alla storia del teatro comico napoletano di cui il C. deve considerarsi tra gli epigoni di non scarso rilievo. Anzi proprio nel periodo forse più vivo della fantasia e della vis comica della scuola musicale partenopea, che assume una tinta parodistica, egli creò, pur nella casistica consueta del genere buffo che proprio sul finire del secolo sembrava raggiungere il suo vertice qualitativo, un suo mondo ridanciano e burlone.
Non molto sappiamo dei suoi librettisti; conosciamo infatti solo il nome di Paolo Ferretti, che compose il testo per il suo unico dramma serio (1801), di Andrea Leone Tottola, il futuro librettista rossiniano che collaborò con lui per Il servo trappoliere (1806) e infine quello del fecondissimo Giuseppe Palomba con cui il C. collaborò ripetutamente a partire dalle sue prime opere (L'equivoco curioso, 1790; Le false magie per amore, 1791 e I commedianti, 1795) sempre nel genere giocoso.
Accanto all'attività teatrale il Fétis ci testimonia poi una non indifferente produzione sacra comprendente oratori, cantate, mottetti e messe, eseguiti nelle chiese di Napoli. In tutto questo vastissimo repertorio svetta la cantata La fuga e il trionfo di Davide, sutesto di Michele Zezza, rappresentata con una macchina eretta nella piazza del Pendino (opera dell'architetto napoletano D. Michelangelo Troccoli) in occasione del Corpus Domini dell'anno 1829 per ordine della Municipalità napoletana. Questa cantata fu la terza e ultima eseguita in tale sede e fece seguito al Mosè in Egitto di Paisiello (29 maggio 1823) e a La manna prodigiosa ottenuta dal popolo ebreo nel deserto (1800) di Michele Perla con cui la macchina era stata inaugurata. Si tratta dell'ultima opera del C. di cui si abbia notizia e si può quindi desumere che la sua morte sia avvenuta dopo l'anno 1829, molto probabilmente a Napoli.
Tra le opere teatrali del C. (tutte rappresentate a Napoli) si ricordano: L'equivoco curioso (libretto di G. Palomba, teatro dei Fiorentini, carnevale 1790); Le false magie per amore (libretto di G. Palomba, teatro Nuovo, autunno 1791); Lo matremmonio 'ntrappecuso (libretto di ignoto, teatro S. Ferdinando, carnevale 1792); Le astuzie simulate (libretto di ignoto, ibid., carnevale 1792); La mannaressa di spirito (libretto di ignoto, ibid., carnevale 1793); La donna trappoliera (libretto di ignoto, ibid., carnevale 1794); I furbi rivali (libretto di ignoto, ibid., primavera 1794); I commedianti (libretto di G. Palomba, teatro dei Fiorentini, carnevale 1795); Ogni parola un intoppo (libretto di ignoto, teatro S. Ferdinando, carnevale 1797); Gli amanti in angustie (libretto di ignoto, teatro S. Carlo, autunno 1797); Scipione in Cartagena (libretto di Paolo Ferretti, ibid., 4 nov. 1801); Il servo trappoliere (libretto di A. L. Tottola, teatro Nuovo, primavera 1806); Anella di Porta Capuana (libretto di ignoto, ibid., estate 1809).
Il C. fu autore inoltre delle seguenti composizioni sacre: La fuga e il trionfo di Davide, cantata per il Corpus Domini del 1829; La disfatta dei Mori in Valenza, cantata (eseguita in occasione della stessa festa probabilmente in un altro anno); La Passione del Signore, oratorio; ed inoltre un Te Deum, quattordici Messe solenni, una Messa pastorale, due Messe da Requiem, dieci Dixit, sei Credo, quattro Magnificat, tre Cantate per la festa di Natale, Le parole d'agonia di Gesù Cristo, quattro Mottetti, numerose Litanie e Tantum ergo (l'elenco completo delle opere sacre è contenuto nel Fétis).
Bibl.: C. De Rosa di Villarosa, Mem. dei compositori di musica del Regno di Napoli, Napoli 1840, p. 34; F. Florimo, La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatori, Napoli 1881, IV, pp. 81 s., 142, 152, 156, 260, 555, 567; U. Manferrari, Diz. univ. delle opere melodrammatiche, I,Firenze 1954, p. 223; F. Schlitzer, D. C., in Enc. dello Spett., III,Roma 1956, coll. 439 s.; G. Tintori, L'opera napoletana, Milano 1958, p. 141; A. Caselli, Catal. delle opere liriche pubblicate in Italia, Firenze 1969, pp. 100 s.; F. J. Fétis, Biographie univers. des musiciens, II, pp. 236 ss.; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, Suppl.,p.182.