CASTELLI, Domenico
Nacque a Melide (Canton Ticino), nel nono decennio del secolo XVI (forse 1582) da un Bernardo. Sconosciuto è il nome della madre. Un documento testimonia la sua presenza fin dal 1611 a Roma dove abitava, insieme con il fratello Battista scalpellino, in una casa ai “pantani” (Ragguagli borrominiani, p. 58).
Sua prima opera sembra essere il progetto per la fontana della Piazza Grande a Faenza, realizzata nel 1619-21 (Messeri Calzi); ma è a Roma che lavorò quasi ininterrottamente dal 1624 al 1657 quale architetto delle Fabbriche della Reverenda Camera apostolica. Il C. fu, infatti, nominato soprastante dal 1° sett. 1624 (Arch. di Stato di Roma, Camerale I, Registri de’ Mandati Camerali, reg. 998, c. 18v) e misuratore dal 1° febbr. 1638 (Ibid., Mandati Camerali, reg. 959, c. 51r), cariche che ricoprì contemporaneamente fino al 30 ottobre 1644.
Nel luglio del 1631 gli fu affidato, dai Conservatori dell’“alma città di Roma”, l’incarico di architetto dello Studium Urbis che ricoprì fino al settembre del 1632, quando gli successe Francesco Borromini (Roma, Arch. stor. Capitolino, Cred. VI, t. 51, f. 151), mentre nel 1646 il suo nome appare in un elenco degli architetti e sottomaestri di strade di cui si serviva la presidenza delle Strade (Arch. di Stato di Roma, Pres. delle Strade, reg. 30, c. 44v). Fu poi nominato nuovamente misuratore dal 1° ag. 1648 (Ibid., Cam. I, Mandati Camerali, reg. 963, c. 3gv), e dal 22 apr. 1656 papa Alessandro VII gli concesse a vita l’ufficio di soprastante (Ibid., Chirografi, reg. 164, f. 29, e Not. e Cancellieri della R.C.A., vol. 1040, c. 571r), cariche che il C. ricoprì contemporaneamente fino al 30 ag. 1657.
Inoltre fu architetto dell’Arciconfraternita della Carità dal 1644, succedendo nell’incarico a F. Peparelli (Roma, Arch. di S. Girolamo della Carità, Giustificazioni e mandati, t. VII, s. n.), e architetto della Fabbrica di S. Agostino dal 1653 al 1656, anno in cui gli successe F. Borromini (Arch. di Stato di Roma, Agostiniani in S. Agostino, reg. 93, cc. 5r, 10v, 20r).
Da un documento postumo, sappiamo che alla sua morte rimasero vacanti anche gli “offitij” di architetto dell’Acqua Paola, di Campidoglio, e delle Acque (Chiane, Fiumicino, Ponte Felice e simili); come pure rimasero vacanti i seguenti luoghi pii: l’Arciconfratemita della SS. Annunziata, l’Ospedale di S. Giacomo degli Incurabili, il monastero di S. Silvestro, il monastero delle Vergini, il monastero di S. Cecilia e l’Arciconfraternita del Gonfalone (Bibl. Apost. Vaticana, Chigi, H.II. 43, c. 91).
Va pure ricordato che il C. dedicò a Urbano VIII un trattato sulla bonificazione delle acque di Romagna, con relativa pianta (Ibid., Barb. lat. 4242).
Il C., quale architetto soprastante della Camera apostolica, prese parte ai lavori del palazzo Vaticano, eseguiti dal 1623 al 1625 (Arch. dì Stato di Roma, Cam. I, Giustific. di Tesor., b. 52/17, 22, 27; b. 54/5, 10, 11; b. 56/5, 10); ai lavori del palazzo di Monte Cavallo, eseguiti dal 1623 al 1627 (ibid., b. 52/22; b. 54/10; b. 56/5, 10; b. 59/8); ai lavori del palazzo di Castel Gandolfo, eseguiti dal 1623 al 1625 sotto l’indirizzo di Carlo Maderno (ibid., b. 52/22; b. 54/10; b. 56/4); ai lavori di restauro della chiesa di S. Bibiana, di ponte Sisto, e di ponte Quattro Capi eseguiti nel 1624 (ibid., b. 54/5, 11); ai lavori del palazzo Barberini, eseguiti dal 1625 al 1629 sotto la direzione di Carlo Maderno (ibid., b. 56/20; b. 59/8); ed ancora, ai lavori della chiesa della Rotonda eseguiti negli anni 1625-33 (ibid., b. 56/6; b. 58/2, 4; e Pollak, pp. 177, 181).
Secondo il Titi, fu il C. a dirigere i lavori di restauro della chiesa di S. Lorenzo in Fonte, in via Urbana, eseguiti dal 1628 al 1629; come pure diresse i lavori di restauro del battistero di S. Giovanni in Fonte, che furono realizzati dal 1629 al 1635 (Pollak, pp. 134-141); mentre, sempre quale soprastante, partecipò ai lavori per la fortezza di Nepi nel 1628 (Arch. di Stato di Roma, Cam. I, Giust. di Tesor., b. 61/12); per la rocca di Frascati nel 1629 (ibid., b. 63/5, 16); per gli argini del fiume di Farfa dal 1633 al 1640 (ibid., b. 83/20, b. 89/7); per il castello di Saracinesco dal 1635 al 1642 (ibid., b. 76/5; b. 90/8); per la facciata di S. Anastasia dal 1635 al 1640 (ibid., b. 82/7; b. 88/13); per la rocca di Spoleto e per la fortezza di Terracina eseguiti nel 1636 (ibid., b. 80/11; b. 83/16); per il castello di Mugnano dal 1636 al 1643 (ibid., b. 80/9; b. 91/6; b. 94/10; b. 96/6, 15, 16); per Castel Sant’Angelo dal 1636 al 1644 (ibid., b. 87/4, 5; b. 89/4; b. 91/3, 6; b. 92/7; b. 94/5, 10; b. 97/4; b. 99/6); per le “passonate” di Fiumicino eseguite, sotto la direzione di G. De Vecchi, dal 1637 al 1642 (ibid., b. 82/2; b. 83/19; b. 85/6c; b. 87/5; b. 88/13; b. 89/3; b. 91/6; b. 94/10); per la rocca di Castel Nuovo di Porto (1637-43: ibid., b. 83/8; b. 85/6; b. 88/8; b. 91/6; b. 94/7; b. 96/15, 16); per i granari a Ripa Grande e per il palazzo della dogana di Toscanella eseguiti nel 1637 (ibid., b. 83/7, 9). Fra il 1637 e il 1638 il C. diresse anche i lavori di restauro della chiesa di S. Urbano alla Caffarella (ibid., b. 81/4); e sempre nel 1638 progettò e realizzò l’altare maggiore per la basilica dei SS. Cosma e Damiano (Ibid., 30 Not. Capitolini, uff. 22, vol. 75, c. 281).
Inoltre, ancora in qualità di soprastante, il C. partecipò ai lavori per i granari di S. Anastasia nel 1638 (Ibid., Cam. I, Giust. di Tesor., b. 85/6c); per il ponte S. Angelo dal 1639 al 1643 (ibid., b. 87/5; b. 88/13; b. 91/6; b. 96/3); per la rocca di Rocca Priora dal 1641 al 1642 (ibid., b. 91/4; b. 92/10; b. 94/8, 10); per il palazzo della Camera apostolica di Nettuno dal 1642 al 1643 (ibid., b. 92/14; b. 94/7, 10; b. 96/6, 16); per piazza Sciarra nel 1642 (ibid., b. 94/8); per il castello di Monte San Giovanni nel 1642-43 (ibid., b. 94/10; b. 96/15); e infine, sempre nel 1642, visitò a Monteleone di Spoleto i luoghi dove dovevano farsi le nuove ferriere (ibid., b. 94/10); mentre nel 1644 andò con Girolamo Rinaldi a Camaiola per rifare il “muro grosso”, e visitò le Chiane alla Pieve (ibid., b. 101/5).
In qualità di misuratore, il C. prese parte ai lavori eseguiti nel chiostro e nel convento di S. Carlino alle Quattro Fontane, svolti sotto la direzione di Francesco Borromini dal 1636 al 1642 (Pollak, pp. 54, 66, 69-72, 76-77, 81); nel monastero delle monache della SS. Incarnazione in Strada Pia, sotto la soprintendenza dell’Arrigucci dal 1639 al 1646 (Archivio di Stato di Roma, Cam. I, Giust. di Tesor., b. 86/4; b. 88/9; b. 90/3; e 30 Not. Capitolini, uff. 22, vol. 126, cc. 747-748v); e contemporaneamente dal 1638 al 1644 misurò e stimò i lavori fatti dalle varie maestranze nei palazzi del Vaticano, di Monte Cavallo, di Castel Gandolfo, di Vigna Giulia, nella basilica dei SS. Cosma e Damiano, in S. Caio e a ponte Sisto (Ibid., Cam. I, Giust. di Tesor., b. 82/1, 9, 10; b. 84/2, 4, 5, 9, 12, 13; b. 85/6b; b. 86/7; b. 87/5; b. 88/12; b. 89/5; b. 90/1, 6; b. 91/5, 6; b. 92/6, 8, 9; b. 94/4, 10; b. 95/6, 8, 9, 11, 14; b. 96/2, 7, 8, 9, 15; b. 97/7; b. 98/6; b. 99/2, 13).
Fu ancora il C. a redigere due misure di stime per conto della Camera apostolica, di cui la prima, del 31 maggio 1638, si riferisce a “tutti li siti posti in Castel Candolfo” e concessi da Urbano VIII al principe Taddeo Barberini (Ibid., Not. e Cancellieri della R.C.A., vol. 1534, cc. 659 ss.); la seconda, del 1639, si riferisce ai “siti accresciuti alla vigna detta il giardino del lago in Castel Gandolfo” (ibid., vol. 1536, cc. 385 ss.).
Secondo il Baglione, il C. progettò il duomo di Monterotondo fatto costruire nel 1639 dal principe prefetto Taddeo Barberini; gli è anche attribuito il progetto del portico e del coro ligneo della chiesa di S. Isidoro, costruiti nel 1640-41, come pure quello della cappella di S. Anna, nella stessa chiesa, della quale acquistò i diritti di patronato nel 1655 (Daly). Dal 1644 al 1657 il C. firmò le misure e stime dei lavori fatti nelle carceri a Tor di Nona e in varie case, poste in Roma, di proprietà dell’Arciconfratemita di S. Girolamo della Carità (Roma, Arch. di S. Girolamo della Carità, Giustif. e mandati, tomi VII s. n.; VIII, s. n.; IX, s. n.); mentre nel 1649 risulta nominato perito dell’Arciconfraternita della Carità e del Collegio degli Inglesi per un atto di concordia e di locazione del 15 ottobre, a cui è allegata una pianta dell’isolato della chiesa di S. Edmondo in Trastevere, da lui firmata (Arch. di Stato di Roma, 30 Not. Capitolini, uff. 25, vol. 236, cc. 342 ss.); sempre per la stessa Arciconfraternita, diresse inoltre dal 1652 al 1657 i lavori della facciata della chiesa di S. Girolamo della Carità. Un’altra testimonianza della sua attività quale perito è data da un atto di permuta di terreni – dei quali uno posto in “territorio Mareni”, nel luogo detto “scoda nibbio”, l’altro posto incontro all’osteria delle Frattocchie, nel luogo detto “Tor Leonarda” – stipulato tra il cardinal Francesco Barberini e il connestabile Marco Antonio Colonna nel dicembre del 1648, al quale sono allegate le rispettive piante da lui firmate (Ibid., Not. del Trib. dell’A. C., vol. 6606, cc. 479 ss.). Come architetto dell’Acqua Paola, nel 1646 visitò con V. Spada e l’architetto Contino l’acqua dell’Ampolline, nel territorio di Anguillara, e come soprastante della Camera apostolica nel 1656-1657 si occupò anche della costruzione della chiesa di S. Agnese (Garms).
Nominato per la seconda volta misuratore della Camera apostolica, il C. collaborò dal 1648 al 1657 ai lavori fatti nei palazzi del Vaticano, di Monte Cavallo, di S. Giovanni in Laterano, di Vigna Giulia e di Castel Gandolfo, in Castel Sant’Angelo, nell’Isola Famese, alle “passonate” di Fiumicino, e a ponte Molle (Ibid., Cam. I, Giust. di Tesor., b. 106/1, 2, 3; b. 107/1, 2, 11; b. 108/1, 2, 4, 9, 12; b. 109/4, 8; b. 110/4, 5; b. 111/8, 14, 18, 20; b. 112/5, 73 8, 9, 10, 12, 15; b. 114/2, 3, 4, 6, 7, 8; b. 115/7; b. 116/2; b. 117/2, 1, 8, 13; b. 118/4, 14; b. 119/4, 5; b. 121/1; b. 123/6, 7, 8; b. 124/3, 4, 5; b. 125/8; b. 126/3; b. 127/8; b. 128/3, 4; b. 129, 3; b. 130/11); come pure partecipò ai lavori di restauro della fontana di piazza Colonna eseguiti nel 1656 sotto la direzione del Bernini (Ibid., Chirografi, reg. 164, f. 133).
Il Baglione attribuisce al C. anche la soprintendenza ai lavori del monastero delle convertite e della chiesa di S. Giacomo alla Lungara, eseguiti su progetto dell’Arrigucci; come pure gli attribuisce il progetto della chiesa di S. Maria in Campo Carleo, detta anche della SS. Concezione di Maria Vergine, fatta costruire dal cardinale Francesco Barberini.
Il C. morì a Roma il 14 ott. 1657 (Arch. del Vicariato, S. Maria in Trastevere, Liber mortuorum, 2, c. 73v) e fu sepolto a S. Isidoro nella cappella di S. Anna.
Dall’ultimo testamento del C. (16 sett. 1657) sappiamo che nominò suo erede il cardinale Francesco Barberini, al quale lasciò fra l’altro i disegni, da lui fatti, delle opere erette sotto il pontificato di Urbano VIII, oggi conservati nella Bibl. Ap. Vaticana, Barb. lat. 4409 (Prospetti e piante di tutti gli edificii eretti, sì dentro, come fuori di Roma ...), mentre al nipote Bernardo, che era figlio del fratello Giovan Battista, egli lasciò in eredità due case, una posta di fronte all’oratorio di S. Maria in Trastevere, l’altra a S. Eligio in via Giulia (Ragguagli..., pp. 54 s.).
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