CARBONI, Domenico
Figlio di Rizzardo, stuccatore e intagliatore, e di Paola Ponteghini, fratello di Bernardino e di Giovanni Battista, nacque a Brescia nel 1727 e vi morì a quarantuno anni l'11 maggio 1768.
Secondo le Notizie istoriche di suo fratello Giovanni Battista, riprese puntualmente dalle fonti posteriori, il C. studiò da autodidatta per imparare a disegnare "tanto in Geometria quanto in Prospettiva", studio che lo portò ad uscire dai limiti plastico-decorativi dell'impresa familiare. Per quel che risulta dalle fonti e dalle opere documentate, egli alternò l'attività architettonica vera e propria con altra che risente sempre della sua preparazione grafica come l'inchione e la creazione di macchine, sia che si tratti di altari in pietra, sia che siano effimeri apparati per feste o funerali.
La sua prima opera, se dobbiamo prestar fede alla data 1748 riportata dal Brognoli, fra quelle che possiamo sicuramente attribuirgli, è l'altare già nella chiesa di S. Maria degli Angioli, oggi in duomo nuovo (altare dell'Angelo Custode). Cosa abbia fatto prima, oltre allo studio, non è possibile a tutt'oggi sapere. Si può peraltro arguire che avrà aiutato il padre Rizzardo nelle imprese di famiglia, quali, ad esempio, alcune decorazioni nella chiesa della Carità. L'altare, alla cui decorazione collaborarono Antonio Callegari per le due statue della Fede e della Mansuetudine e G. Filiberti per il lavoro dei metalli dorati, è ancora barocco anche se presenta un certo ritegno e quasi una certa secchezza. Fra il 1746 ed il 1765 disegna gli altari di marmi policromi e le acquasantiere della chiesa parrocchiale di Gottolengo, iniziata appunto nel 1746 e terminata nel 1765. Come architetto, nel 1761 approntò per il duomo di Castiglione delle Stiviere un progetto, sul quale, però, grava il dubbio che si tratti del plagio di un progetto di G. Turbini (Orlandi). È tuttavia possibile che sia il C. sia il Turbini abbiano attinto ad una medesima fonte: di fatto la chiesa mantovana ricalca, con una certa fedeltà, la facciata del duomo di Brescia, semplificando ed appiattendo, specie nell'ordine inferiore, la robustezza plastica del Biasio alla ricerca di un più quieto distendersi delle superfici, ma con un senso ancora festevolmente decorativo nella balaustra arricchita da statue, secondo un motivo desunto anch'esso dai progetti della cattedrale bresciana. Nel 1758 disegnò con il fratello Bernardino le cantorie, e quindi, da solo, l'altare dei Santi Martiri protettori, che anche costruì nella chiesa parrocchiale di Coccaglio. Del 1764 (la dedica a Luigi Arici è datata 8 agosto di quell'anno) è la grande incisione con la visione prospettico-panoramica di Brescia, contornata da una serie di figurette rappresentanti divinità mitologiche e i fiumi e i laghi del territorio bresciano, opera eccezionale per le dimensioni (mm 590 × 1330) e per la precisione d'intaglio e di documentazione. Rimane il dubbio a chi si debbano attribuire le figure allegoricomitologiche e se detta incisione, ancorché dedicata dal C., non debba invece essere considerata frutto della équipe familiare come farebbero pensare la lettera di Bernardino allo Zamboni in data 9 marzo 1766 (C. Boselli, Un breve espistolario..., in Saggi e memorie..., VI [1968], pp. 127 s.) e le bellissime incisioni di Giovanni Battista nella sua guida del 1760.
Entro lo stesso anno 1766 doveva essere stato ultimato, a Brescia, il palazzo Morani, poi Butcelleni, se nel novembre lo Zansardi vi poteva già lavorare in una stanza. Esso presenta uno schema un po' rigidamente scolastico nella facciata dove par quasi che voglia riprendere schemi e moduli rinascimentali, mentre lo scalone appare troppo secco nell'impostazione puramente grafico-geometrica del vano e delle rampe di scale. Lo stesso verrebbe da dire, rifacendosi alla descrizione dello Zamboni, per la macchina di fuochi artificiali in onore del cardinale Ludovico Calini del 5 genn. 1767.
Per le altre opere del C. sembra opportuno considerare unicamente quelle ricordate, pur usando il vezzo retorico di una leggiadra preterizione, dal fratello Giovanni Battista: la chiesa di Fiumicello - già comune, oggi sobborgo occidentale di Brescia - e quella di S. Eufemia, in città.
Le due chiese sono talmente simili fra loro, sia nella facciata, sia nella pianta, sia nella decorazione interna, da dare l'impressione che si tratti della duplice utilizzazione di un unico progetto. Le varianti che vi si possono trovare sono dovute all'impiego, nella facciata, di materiali diversi - intonaco a Fiumicello, botticino a S. Eufemia - e ad una comprensibile maggior ricchezza per quello che riguarda l'interno della chiesa in città. Le due chiese hanno un'unica navata con cappelle poco profonde ai lati, ritmata da lesene appena accennate, con elegante decorazione vuoi a rilievo vuoi dipinta fra esse, con volte a vela divise da arconi; le due facciate a due ordini di lesene raccordati fra loro da piatte volute, che poggiano su due alette leggermente arretrate dell'ordine inferiore. Il tipo di facciata fa pensare ad influssi romani forse importati tramite il Soratini (Cappelletto). Ma manca nell'opera del C. il senso pittorico, il movimento cromatico dell'architetto lonatese e le due chiese appaiono un prezioso e raffinato esempio di passaggio fra l'ultimo barocco e un incipiente neoclassicismo.
Fonti e Bibl.: G. B. Carboni, Le pitture esculture di Brescia, Brescia 1760, p. 102 ("la chiesa di S. Eufemia si va rifabbricando da fondamenti"); Id., Notizie istor. delli pittori,scultori,architetti bresciani (1775), a cura di C. Boselli, Brescia 1962, p. 6; B. Zamboni, Mem. intorno alle pubbliche fabbriche più insigni della città di Brescia, Brescia 1778, p. 99; P. Orlandi, Abbecedario pittorico, Firenze 1788, II, col. 1348; Brescia, Civica Bibl. Queriniana, ms. K.V., 4 m I: Notizie intorno a pittori,scultori e architettibresciani, c. 5v (attribuisce al C. lo scalone della villa Fenaroli a Corneto); P. Brognoli, Nuovaguida per la città di Brescia, Brescia 1826, pp. 44, 120 (attribuisce al C. con dataz. inaccettabile la chiesa di S. Luca); S. Fenaroli, Diz. degli artistibresciani, Brescia 1877, p. 92, V. Matteucci, Lechiese artistiche del Mantovano, Mantova 1902, p. 296 n. 3; E. Ferrari, Il Comune e la parrocchia di Gottolengo, Brescia 1926, p. 22; F. Fè d'Ostiani, Storia,tradizione ed arte per le vie diBrescia, Brescia 1927, pp. 104, 509; Catalogodelle cose d'arte e d'antichità d'Italia, A. Morassi, Brescia, Roma 1939, pp. 150, 197; G. Cappelletto, L'architettura dei secoli XVII e XVIII, in Storia di Brescia, III, Brescia 1964, pp. 396 s.; G. Pansizza, Il volto storico di Brescia,ibid., pp. 1141 s.; C. Boselli, La validità: dellacronol. nelle "Glorie di Brescia" di Francesco Maccarinelli e nelle "Notizie istoriche..." di G. B. Carboni, in Arte lombarda, IX (1964), 2, p. 124; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 578.