CARBONE, Domenico
Nacque a Milano il 21 marzo 1880 da Giorgio e da Alessandra Perosino, discendente da illustre famiglia piemontese che aveva dato il patriota e letterato Domenico e il patologo Tito. Nel 1904 si laureò in medicina e chirurgia a Pisa e nel 1906 conseguì anche la laurea in chimica pura a Pavia. Dal 1906 al 1909 fu assistente di batteriologia agraria nell'allora R. Scuola superiore di agricoltura di Portici (poi facoltà di scienze agrarie della università di Napoli); nel 1909 si trasferì a Pavia come aiuto nell'istituto di igiene di quella università, rimanendovi fino al 1911, anno in cui conseguì la libera docenza in batteriologia agraria. Fu quindi per alcuni mesi ufficiale sanitario di Reggio Emilia e assistente straordinario nei laboratori del frenocomio di S. Lazzaro di quella città. Dopo questo breve periodo, nello stesso anno ritornò nell'ambiente universitario, quale aiuto nell'istituto di igiene dell'università di Padova, passando da questa nel 1915 - insieme al direttore dell'istituto stesso, A. Maggiora - all'analogo istituto dell'università di Bologna, dove continuò la sua attività fino a tutto il 1919. Ottenuti nel 1918 la libera docenza in igiene e polizia medica e nello stesso anno l'incarico di batteriologia a Bologna, l'anno seguente fu chiamato da Serafino Belfanti a fondare presso l'Istituto sieroterapico milanese una nuova sezione dedicata alle ricerche di batteriologia industriale e agraria, che diresse fino alla morte.
Nelle sue prime ricerche, dedicate alla patologia generale e alla biochimica, confermò la specificità delle ossidasi e dimostrò la pratica utilizzazione della tirosinasi per la ricerca della tirosina nelle urine; chiarì il processo di ossidazione enzimatica dell'adrenalina e studiò il meccanismo della reazione di Wassermann e la composizione del cervello umano nella paralisi progressiva. Allo studio dei microrganismi patogeni per l'uomo contribuì con tre lavori sul Vibrio comma, agente del colera, per il quale propose un metodo di diagnosi batteriologica rapida (1912), poi largamente impiegato durante la guerra 1915-1918 ed in occasione di alcune epidemie; introdusse inoltre speciali terreni colturali particolarmente adatti a tale germe e studiò l'azione antisettica dell'aceto nei confronti di esso (1916).
Il suo contributo più vasto e importante fu però portato alla batteriologia agraria e industriale. Già durante la sua permanenza a Portici nel laboratorio diretto da Giacomo Rossi aveva collaborato a lungo con questo in ricerche sperimentali sulla macerazione aerobica delle piante.
Riprese tale argomento a Padova nel 1913, giungendo all'isolamento di un "fermento macerante aerobico", il che gli diede occasione di riesaminare la posizione sistematica dei microrganismi maceranti aerobici, che assegnò in parte al gruppo Bacillus subtilismesentericus e in parte al Bacillus asterosporus, cui apparteneva il fermento da lui isolato. Continuando tali ricerche aBologna, constatò che la macerazione della canapa non sterile assumeva in ambiente anacrobico caratteristiche analoghe a quelle della macerazione rustica e diverse da quelle della macerazione ottenuta con i "fermenti pectici aerobici". Partendo da questa osservazione il C., attraverso una lunga e paziente serie di studi, giunse all'isolamento e alla identificazione di un bacillo pectolitico anaerobico, sporigeno, cromogeno, cui diede il nome di Bacillus felsineus. Dimostrò in seguito che tale microrganismo è diffuso nel terreno, nel fango, nell'acqua e in vari materiali di macero, nonché nei terreni coltivati a canapa e a lino, mentre manca o è rarissimo nei materiali analoghi provenienti da località ove non viene praticata la macerazione: concluse pertanto che la macerazione rustica della canapa e di tutte le altre piante tessili è dovuta per la massima parte alla attività del Bacillus felsineus.
Gli studi del C. sulla macerazione anaerobica, che gli valsero nel 1923 la medaglia d'oro al premio della fondazione Brambilla da parte dell'Istituto lombardo di scienze e lettere, diedero l'avvio alla ripresa della linicoltura in Italia e in particolare al sorgere (1922) del primo stabilimento italiano di macerazione del lino a Manerbio (Brescia). Il metodo biologico del C. per la macerazione del lino è basato sull'aggiunta all'acqua in cui si immerge la materia tessile di una coltura mista di B. felsineus e di Saccharomyces ellipsoideus, nota in commercio con il nome di felsinozima. Il C. propose anche l'impiego del B. felsineus per l'estrazione della fecola dalle patate, e in successive ricerche approfondì lo studio della biologia dei microrganismi maceranti e la loro utilizzazione per diverse piante tessili europee e tropicali. Tra i contributi portati dal C. alla batteriologia agraria e industriale meritano anche di essere ricordate le sue ricerche sulla decomposizione dell'acido ippurico a opera dei microrganismi dei salumi e quelle riguardanti la decomposizione microbiologica dei vegetali nel terreno.
Il C. inoltre coltivò con particolare predilezione lo studio della immunità nelle piante. Ispirandosi al concetto di una sostanziale unità della patologia animale e vegetale, pur con le profonde differenze dovute alla diversa e talvolta opposta fisiologia, egli a partire dal 1922 affrontò sperimentalmente il problema della fito-immunità. Le sue ricerche sull'argomento, oltre a mettere in luce molti fatti particolari interessanti direttamente o indirettamente la fisiopatologia vegetale, gli permisero di concludere che nei vegetali sono largamente diffuse delle sostanze, presenti nei succhi cellulari o circolanti nei liquidi vasali, che si comportano verso molti microrganismi come anticorpi aspecifici; spesso queste sostanze presentano una pseudospecificità, che può mascherare eventuali anticorpi specifici, formatisi nei tessuti vegetali inoculati preventivamente con antigeni microbici. Dimostrò inoltre nei vegetali una protezione contro le superinfezioni, limitata ai tessuti vicini a quelli primariamente infettati; un aumento di resistenza più o meno durevole può essere determinato talvolta in seguito a un assorbimento radicale o ad una inoculazione di germi attenuati o morti, oppure di prodotti del loro metabolismo: tale aumento di resistenza sembra presentare talvolta caratteri di specificità. Il C., inoltre, propose e attuò processi di vaccinazione per le piante e per gli insetti (baco da seta). Nel 1930 insieme a Carlo Arnaudi raccolse nella monografia L'immunità nelle piante (Milano 1930; tradotta poi in russo) quanto allora si conosceva sull'argomento e il risultato delle sue ricerche. Gli ambienti scientifici internazionali riconobbero al C. i suoi meriti di precursore in questi studi, designandolo relatore su temi di immunologia vegetale al I congresso internazionale di microbiologia di Parigi (1930), al congresso internazionale di botanica di Amsterdam (1935) e al III congresso internazionale di patologia comparata di Atene (1936).
Autore di numerose pubblicazioni scientifiche, il C. nel 1925 riuscì secondo nella terna al concorso per la cattedra di batteriologia agraria e patologia vegetale nell'università di Roma, ma preferì rinunciare alla carriera universitaria per continuare il suo lavoro presso l'Istituto sieroterapico.
Morì a Milano il 7 dicembre del 1940.
Fra i suoi scritti principali si ricordano: Ricerche sull'origine di alcuni pigmenti microbici con speciale riguardo alla tirosinasi, in Rend. d. Ist. lombardo di sc. e lett., s. 2, XXXIX (1906), pp. 327-54; Sulla diagnosibatteriologica rapida del colera (in coll. con G. Pighini), in Pathologica, IV (1912), pp. 74 ss.; I microrganismi nell'industria, Bologna 1923; La macerazione industriale dellepiante tessili col "Bacillus felsineus", Milano 1920 (2 ediz., ibid. 1926); L'immunità dellepiante, in Riv. di biologia, VIII (1926), pp. 62-73; La vaccinazione dei bachi da seta, in Rend. d. Ist. lombardo di sc. e lett., s. 2, LXII (1929), pp. 138-42; L'immunità nelle piante (in coll. con C. Arnaudi), Milano 1930; Ricerche sulla vaccinazione delle piante (in coll. con A. Kalajev), in Phytopathologische Zeitschrift, V (1932), pp. 91-97; Sulla naturadell'immunità vaccinale nelle piante, in Boll.d. Soc. ital. di biol. sperimentale, IX (1934), pp. 1264 s.; Ricerche sulla natura dell'immunità vaccinale nelle piante, in Nuovo Giorn. botanico ital., XLI (1934), pp. 759-66; Lavaccination des plantes et son mécanisme, in Zesde internationaal botanisch Congres(Amsterdam, 2-7sept. 1935).Proceedings, II, Leiden 1935, pp. 212-15.
Bibl.: Annuario della R. Università degli studi di Padova per l'anno accademico 1912-13, Padova 1913, pp. 99 s.; Annuario della R. Università di Bologna per l'anno accad. 1915-1916, Bologna 1916, pp. 358-62; Rendiconti del RegioIstituto lombardo di scienze e lettere, s. 2, LVI (1923), pp. 1015 ss.; LVII (1924), pp. 27 s.; C. Arnaudi, D. C., in Riv. di biol., XXXII (1941), pp. 250-69 (con completa bibl.); L. Montemartini, D. C., in Atti della Soc., ital. di sc. nat. e del Museo Civico di st. nat. in Milano, LXXX (1941), pp. 13-27 (con completa bibl.); C. Arnaudi, D. C., in Ann. di microbiologia (Milano), I (1940-41), pp. 113-16; A. Zironi, D. C., in Boll. dell'Ist. sieroterapico milanese, XX (1941), pp. 1-3.