CARAFA, Domenico
Nacque a Napoli verso la quarta decade del sec. XV da Giovanni Antonio e da Caterina d'Acaia (della chaya).
Primogenito, come risulta da un documento del 30 settembre dell'anno 1486 (cfr. Fava-Bresciano, I, p. 91), il C. contrasse nozze con Lucrezia Saraceno, che gli diede un figlio di nome Vincenzo. Dal 1469 al '74 (le cedole di pagamento pervenuteci sono di questi anni) fu musico alla corte aragonese con stipendio mensile di 10 ducati. Il suo nome compare di frequente, ora come testimone, ora come parte, in atti notarili degli anni 1474, '76, '78, '82, '87, '89, '91, '92, '93, '97, '98, 1501, per lo più contratti di società da lui stipulati per l'esercizio di varie attività imprenditoriali. Nel 1477 Ferdinando I, per impinguare le finanze dello Stato e pagare gli stipendi ai soldati, vendette anche al "munifico dominico carrafa" una rendita di 100 ducati all'anno sui redditi, introiti e diritti della dogana di Napoli: la concessione valse almeno sino al 1508.
Ma il nome del C. è legato soprattutto alla storia della tipografia napoletana. Non certo tipografo come Sisto Riessinger, Francesco del Tuppo, Mattia Moravo, tecnici della stampa, il C. per le sue disponibilità economiche fu invece "proprietario di officine tipografiche, nelle quali fece stampare, per suo conto, da artefici tedeschi, e di strumenti tipografici, che dava talora in fitto" (Fava-Bresciano, p. 93, e Bresciano, p. 15). Qualche tempo prima del 1481 fece stampare a sue spese alcuni libri, tra cui anche i Vangeli (non sono riusciti a trovarne copia, nonostante scrupolose ricerche, il Bresciano e il De Marinis). Il 29 ott. 1481 contrasse società con due tipografi tedeschi, i maestri Giovanni Steingamer di Landsberg e Werner Raptor (Rauber) di Marburg.
Dal documento, il solo nel quale compaiono i nomi dei due stampatori tedeschi (cfr. Fava-Bresciano, pp. 95-97), trascritto per la prima volta dal Bresciano (pp. 21-23) e riprodotto poi dal De Marinis, dall'Olschlci (pp. 68-70) e da Fava-Bresciano (doc. XI, pp. 183-851, apprendiamo che la società ebbe la durata di diciotto mesi (sino al 29 apr. 1483), che il C. si impegnava a mettere a disposizione dei due soci l'officina-alloggio, il torchio, i caratteri del peso di 47 rotoli, che sarebbero tornati in suo possesso alla scadenza del contratto, e la carta necessaria. Avrebbe inoltre rimborsato un terzo della spesa mensile dagli altri due sostenuta per il vitto, e avrebbe partecipato in ragione di un terzo a tutte le altre eventuali spese, come ad es. il salario di garzoni assunti in caso di bisogno. Steingamer e Raptor da parte loro sottoscrivevano di lavorare con sollecitudine e scrupolo, stampando a loro discrezione volumi di piccolo o grande formato, e di non abbandonare la società se non in caso di pestilenza, ritornandovi però e restandovi sino alla scadenza del contratto. I danni non provocati dai contraenti sarebbero stati sopportati in parti uguali, e il guadagno, detratti il capitale e le spese, sarebbe stato tripartito. Le parti infine si impegnavano a rispettare le clausole del contratto sotto pena di 50 once di oro; ma il 4 genn. 1482 il codicillo per volontà dei contraenti venne cancellato. Fu presente alla stipula come teste un altro tipografo tedesco, Corrado Guldenmund, di cui si conoscono incunaboli. Non si conoscono invece stampe uscite dall'officina del C. al tempo della società, forse perdute o ancora da attribuirgli tra quelle pervenuteci senza note tipografiche: non sembra probante la congettura a suo favore di Fava-Bresciano (pp. 94 s.) per la stampa del 21 marzo 1481 del Fior di virtù, antecedente alla società con i tipografi tedeschi.
Il 19 dic. 1483 cedette in fitto per dieci ducati al maestro tedesco Iodoco Hohenstein caratteri tipografici del peso di 122 libbre per un periodo di otto mesi (Fava-Bresciano, doc. XIII, p. 187). Il nome del C. compare per l'ultima volta, presente come teste in un atto notarile stipulato il 7 gennaio del 1517 (Fava-Bresciano, I, p. 92).
Bibl.: G. G. Origlia Paolino, Istoria dello studio di Napoli, Napoli 1753-54, pp. 243, 258; L. Giustiniani, Saggio storico-critico sulla tipogr. del Regno di Napoli, Napoli 1811, pp. 147 s.; G. Bresciano, Di tre sconosciuti tipografi..., in Beiträge zur Kenntnis des Schrift-, Buch- und Bibliothekswesens., VI (1900), pp. 13-23; T. De Marinis, Documento che riguarda Giovanni Stanigamer de Landsperg e Bernero Raptoris de Marburcs..., Napoli 1901; Id., Per la storia della tipografia napoletana nel secolo XV, in La Bibliofilia, III (1901-1902), pp. 288-91; L. S. Olschki, A proposito d'un documento per la storia della tipografia napoletana nel secolo XV,ibid., pp. 68-73; G. Fumagalli, Lexicon typographicum Italie, Florence 1905, p. 205; Id., Giunte e correzioni al Lex. typ. It., Firenze 1939, p. 255; M. Fava-G. Bresciano, La stampa a Napoli nel XV secolo, I, Notizie e documenti, Leipzig 1911, pp. 91-95, 183-85, 187; II, Bibliogr., ibid. 1912, p. 175 n. 211; K. Haebler, Die deutschen Buchdrucker im Ausland, München 1924, pp. 145-48; G. M. Pugno, Trattato di cultura generale nel campo della stampa, II, La tipografia nel periodo eroico, Torino 1965, p. 220; R. Frattarolo, La stampa in Italia fra Quattro e Cinquecento ed altri saggi, Roma 1967, p. 54.