BUONINSEGNI (Boninsegni, Boninsegna), Domenico
Nipote dello storico e uomo politico omonimo, nacque a Firenze da Piero e da Costanza di Giannozzo Manetti nella seconda metà del XV secolo. Suo padre fu della Balia del 1471 e di quella del 1480 e, così come il fratello Rodolfo, ricoprì cariche pubbliche, per lo più capitaneati nello Stato fiorentino, sotto Lorenzo il Magnifico.
Il B. fu dei Priori nel 1507; nel 1511 era uno dei capitani, per il quartiere di S. Maria Novella (nella qual chiesa fu poi sepolto), del Bigallo e dell'arciconfraternita della Misericordia, che sceglievano Francesco Guicciardini per avvocato dell'istituzione caritativa. Dopo il ritorno dei Medici a Firenze fu assunto al servizio del cardinale Giulio, il futuro Clemente VII, che seguì a Roma e nei suoi successivi spostamenti. In un ordine di pagamento ai Fugger del 1517, a firma autografa, il Medici lo qualificava come "nostro agente" (Archivio di Stato di Firenze, Mediceo avanti il Principato, f.CXXXVII, n. 1027): in effetti il B. apparteneva alla "familia" del cardinale (il "padrone", come spesso lo chiama nelle sue lettere) con funzioni di amministratore o "fattore" generale. Nelle sue mani erano dunque in larga parte i cordoni della borsa del Medici, e talora, data la notevole influenza del vicecancelliere su Leone X, dello stesso pontefice. Il B. venne così a trovarsi spesso coinvolto in una fitta trama di pressioni e di raccomandazioni.
Si serviva ad esempio di lui il cardinale Francesco Soderini nell'ottobre del 1515, quando il B. si trovava a Bologna al seguito del Medici (ibid., f. CXXXVII, n. 699). A lui si rivolgeva due anni più tardi, per questioni di finanziamenti, l'ammiraglio pontificio Paolo Vettori, cui il B. raccomandava che lui e i suoi facessero "el chane botolo, cioè non si partire dalla porta sino a tanto che abbino quello che vogliono, ché io per li fastidii e faccende dispettose inelle quali mi truovo non posso perdere tempo" (Ibid., Carte Strozziane, s.1, f. 369, cc. 99-100). Motivo quest'ultimo che, non senza pedante vanteria, il B. porta spesso innanzi a sua giustificazione e che i contemporanei più volte sottolinearono. Così Niccolò Machiavelli, nello stesso 1517, quando il mercante fiorentino Donato Dal Corno tentava di recuperare un credito dai Medici, nel sollecitare da Lodovico Alamanni un intervento presso il B., osservava: "perché in uno huomo simile a Domenico, per la moltitudine delle occupazioni, simili commissione sogliono morire sanza havere da canto particulare favore, che le tenga vive". Per cui era opportuno che l'Alamanni si desse da fare per "esaminare del modo come simili danari si potessino fare vivi" (Lettere, pp. 382 s.). Nelle parole del Machiavelli può forse intravvedersi, sia pure assai sfumata, una riserva non tanto sulla rettitudine, quanto sulla condiscendenza e sull'affabilità del Buoninsegni. E di una "terribilità" del B. parlerà ad esempio nel 1519 Sebastiano del Piombo in una lettera a Michelangelo: "De la terribilità di Messer Dominico Boninsegni non ve ne scrivo niente; è corozato con tutti e parmi sia divenuto oltre modo terribile senza uno proposito al mondo" (Sammlung..., p. 120).
La scontrosità del carattere (che trova valide conferme nell'epistolario del B.) e la delicatezza del suo incarico possono forse spiegare le voci, raccolte dal Vasari nella Vita di Baccio Banditielli, sulla sua disonestà, che, vera o presunta, non modifica tuttavia di molto i termini dei suoi rapporti con Michelangelo Buonarroti, che sono finora l'unico elemento che ha offerto motivo d'interesse per questo personaggio subalterno della corte medicea papale. Lo stesso scambio epistolare diretto fra Michelangelo e il B. fu assai fitto e, a partire almeno dal 1515, il nome del B. torna quasi un centinaio di volte nell'epistolario michelangiolesco e pressoché sempre per i lavori della facciata di S. Lorenzo e per le tombe medicee. Attraverso il B., che teneva i conti e amministrava i denari, si svolgevano le difficili trattative fra il cardinale de' Medici e Leone X e il Buonarroti. impegnato a levare dalle cave versiliesi i marmi necessari, sempre insoddisfatto dei lavori, incerto e sospettoso sui progetti dei committenti, sempre proclive a rimandare il momento della decisione e della stipulazione del contratto. Le dispute sulla costruzione della "strada dei marmi" di Pietrasanta (su cui si veda anche una lettera del B. a Lorenzo de' Medici, capitano generale della Repubblica fiorentina, del 4 ag. 1515, in Archivio di Stato di Firenze, Mediceo avanti il Principato, f.CXVII, n. 180), sulla preferenza da darsi, per motivi politici, ai marmi di Pietrasanta, anziché a quelli di Carrara, sui collaboratori che Michelangelo doveva scegliersi, sulle difficoltà ad ottenere i finanziamenti necessari, ecc., occupano la maggior parte di queste lettere che soltanto di rado escono dai limiti di rapporti piuttosto esterni.
Fra le più vivaci (e vivaci nei contatti fra Michelangelo e il B. equivale assai spesso risentite) si possono ricordare quella del B. a Michelangelo del 21 dic. 1516 (Carteggio..., I, p. 219: "considerato el contenuto di tutte le vostre, le vedo tanto varie che se io non impazzo mi parrà far pocho"); quella di Michelangelo al B. del 2maggio 1517 (ibid., p. 277): "...a me basta l'animo far questa opera della facciata di San Lorenzo, che sia, d'architectura e di scultura, lo spechio di tucta Italia... Messer Domenicho, io vi prego che voi mi rispondiate resoluto dell'animo del Papa e del Cardinale..."); nonché, per un raro spunto personale, la lettera del 10 febbr. 1518 (ibid., p. 319) in cui il B. chiedeva a Michelangelo un giudizio sulla sua promessa sposa: "se v'abbattete a vedere la donna mia, avisatemi che indizio fate della sua fisionomia e ditemene el vero sanza respetto alchuno, che so ve ne intendete". E l'impressione dell'artista doveva essere favorevole, se un mese dopo (ibid., p. 325) il B. poteva comunicare a Michelangelo il suo prossimo viaggio a Firenze "per vedere se quella roba è sì buona quanto voi dite".
La donna era Costanza di Leone di Benedetto Strozzi, da cui il B. ebbe le figlie Costanza e suor Carità e, nel 1525, il figlio Piero, sposato nel 1545 a Fiammetta di Giovanni di Antonio Gerini.
Dopo la morte di Leone X i rapporti fra Michelangelo e il B. si allentarono, anche se soltanto nel 1525 si informerà il Buonarroti che finalmente non ci sarà più da "travagliare" con il Buoninsegni. Il che può indicare non che il B. avesse perduto il favore del cardinale de' Medici, dopo la sua elezione al soglio pontificio (che anzi immutata, non meno della sua presunzione, era la confidenza con Clemente VII se nel febbraio 1524 poteva permettersi di rispondere ad una raccomandazione di Francesco Del Nero: "io dubito per averne più e più volte tolto la testa a Nostro Signore, se altrimenti gniene parlassi non mi dicessi che lo havessi fradicio"; Arch. di Stato di Firenze, Signoria,Dieci di Balia,Otto di pratica, f.72, c.103), ma che egli fosse stato destinato a diverso incarico o avesse intrapreso privatamente la carriera degli affari. Nel 1524 era stato console della nazione fiorentina a Roma, ed anche in questa occasione aveva avuto modo di rivelare la "terribilità" del suo carattere, perché, scaduto il suo incarico fin dal giorno di s. Giovanni Battista del 1524, rispondeva alla Signoria, nel dicembre, di aver rimesso al nuovo console una lettera a lui indirizzata per errore e si affrettava a scagionarsi d'ogni responsabilità "per chausa che la pigritia d'altri non dia innocentemente calumnia a me" (Arch. di Stato di Firenze, Signori,Responsive, f. XXXXI, c.192).
Nel successivo 1525 il B., che aveva sempre mantenuto, personalmente con frequenti viaggi ed epistolarmente, stretti legami con Firenze, fu, come già nel 1520, dei Priori, ed è probabile che questa elezione abbia segnato il suo definitivo ritorno a Firenze. Mancano peraltro ulteriori notizie biografiche.
Poiché il Cambi asserisce che il B. fu vittima della moria del 1527, probabilmente non con lui ma con uno dei suoi fratelli potrebbe essere identificato l'autore d'una breve storia in quattro libri Dell'assedio di Firenze, manoscritta in tarda copia presso la Biblioteca Marucelliana di Firenze (ms. Martelli, D131) e attribuita a un Buoninsegni. L'opera non si presenta di particolare interesse: vi riecheggiano, anche stilisticamente, motivi correnti (e qui spesso banalizzati) della storiografia e della pubblicistica fiorentina della prima metà del Cinquecento e vi si riflette, nell'illusione di una impossibile equidistanza ("ritrovandomi io lontano da molte cagioni generative di passioni e di sette per la vita mia e de' miei passati"), il dramma della maggior parte dei "principali cittadini" incapaci di porre freno alla crisi della libertà fiorentina.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Carte Pucci, III, 57, Ibid., Carte Dei,sub voce;Ibid., Carte dell'Ancisa, GG, cc. 248-250;KK, cc. 336v. ss.; Ibid., Acquisti e doni, f.302, ins. 2; f. 304 (il B. al fratello Giannozzo a Firenze, 1517, genn. 2); Ibid., Mediceo avanti il Principato, f. XIV, n. 282; f. XV, n. 72; f. XIX, n. 34; f XXIV, n. 381; f.XXV, n. 136; f. XLI, n. 300; f. CXXXVIII, n. 155 (per Piero e Rodolfo Buoninsegni); N. Machiavelli, Lettere, a cura di F. Gaeta, Milano 1961, pp. 382 s.; F. Guicciardini, Diario del viaggio di Spagna, a cura di P. Guicciardini, Firenze 1932, pp. 65 s.; Le lettere di Michelangelo Buonarroti,pubblicate coi ricordi ed i contratti artistici, a cura di G. Milanesi, Firenze 1875, passim; Sammlung ausgewählter Briefe an Michelagniolo Buonarroti, a cura di K. Frey, Berlin 1899, ad Ind.; Il carteggio di Michelangelo, I, a cura di P. Barocchi e R. Ristori, Firenze 1965, ad Ind.; G.Vasari, La vita di Michelangelo nelle redazioni del 1550 e del 1568, a cura di P. Barocchi, I-V, Milano-Napoli 1962, passim;Id., Le vite de' più eccellenti pittori,scultori e architettori nelle redaz. del 1550 e del 1568, a cura di R. Bettarini e P. Barocchi, Firenze 1966, ad Ind.; S.Ammirato, Istorie fiorentine, VII, Torino 1853, p. 10; G.Cambi, Istorie, in Delizie degli eruditi toscani, Firenze, XXI (1785), p. 218; XXII (1785), pp. 181, 271, 335; Ildefonso da San Luigi, ibid., XIV (1781), p. 234; N. Rubinstein, The government of Florence under the Medici (1434 to 1494), Oxford 1966, pp. 306, 3131 J. Delumeau, Vie économique et sociale de Rome dans la seconde moitié du XVIe siècle, I, Paris 1957, p. 209 n.