BRUNI, Domenico (Luigi)
Nacque a Fratta (ora Umbertide) nel 1758 da Pietro, muratore, e da Francesca Brischi. Fin da bambino studiò lettere, lingue e canto, quest'ultimo con particolare predilezione e profitto. Evirato, esordì quattordicenne al teatro di Fratta come "incantevole soprano" (Perugini) nell'opera La schiava peramore di F. M. Paci e nell'intermezzo Don Falcone di un certo Somella. Perfezionatosi con il maestro Paciotti nel 1773 a Urbania ed eseguita brillantemente al teatro locale, nel carnevale 1774, l'Incognita perseguitata di P. Anfossi, fu nominato "virtuoso" della cappella del duomo urbaniese, ma nel 1776 si recò a Roma, dove aveva ottenuto una scrittura al Teatro Alibert o delle Dame. Qui cantò La capricciosa di N. Piccinni e La vera costanza dell'Anfossi.
Sempre a Roma, nel carnevale 1777 passò al Teatro Tordinona per eseguire le opere Il marchese a forza di P. Crispi e Dal finto al vero di G. Paisiello, riscuotendo vivi successi. Da allora, svolse la sua carriera di "primo uomo" senza interruzioni per circa un ventennio sui principali teatri d'Italia e stranieri, ovunque ricercato e applaudito (delle sue più rilevanti interpretazioni si ricordano quelle dell'Alessandronelle Indie di Cimarosa e dello Scipione in Cartagena di L. Caruso al Teatro Argentina di Roma nel carnevale 1781, dell'Eroecinese diCimarosa al Teatro S. Carlo di Napoli il 13 ag. 1782, della Semiramide di M. Mortellari al Teatro alla Scala di Milano il 26 dic. 1784 e del Creso dell'Anfossi al Teatro Argentina nel carnevale 1787). Verso la fine del 1787 partì per la Russia, scritturato al Teatro di corte a Pietroburgo per tre anni. In ragione della sua celebrità, gli fu assegnato un onorario di 4.000 rubli, con 500 rubli d'indennità per il viaggio e 300 per l'alloggio; inoltre, gli venne concesso uno spettacolo a suo beneficio.
Al Teatro dell'Ermitage, a Pietroburgo, il B. cantò con esito assai favorevole alcune opere di Cimarosa nel 1788: La felicità inaspettata (24 febbraio), Atene edificata (29 giugno), La vergine del sole (22 settembre) e nel 1789 Cleopatra (27 settembre). Scaduto il suo contratto alla fine del dicembre 1790 e sciolta ormai la compagnia italiana, ricevette una somma di 700 rubli quale compenso per il mancato spettacolo cui aveva diritto; si recò quindi a Mosca, dove diede dei concerti, poi a Varsavia. Tornato in Italia, riapparve sui teatri di Brescia, di Genova (1792), di Firenze e di Modena, dove gli fu coniata una medaglia con il suo ritratto. Dal febbraio al giugno 1793 si esibì di nuovo all'estero, interpretando al King's Theatre all'Haymarket di Londra i "pasticci" I giuochid'Agrigento di Paisiello (e d'altri autori), Teodolinda di G. Andreozzi, Cimarosa, V. Federici e G. Sarti, Odenato e Zenobia del Sarti, G. Giordani, A. Tarchi, V. Federici. A Londra diede anche lezioni di canto e a tal proposito compose vari pezzi di musica, che fece stampare. Lasciata Londra, visitò Parigi e al ritorno in patria continuò a cantare a Napoli, a Torino (1794), a Pisa, a Crema (1795), a Perugia e a Bologna (1796).
Ritiratosi a Fratta nel 1797, molto ricco e con la qualifica di "virtuoso di camera" delle corti di Russia, Polonia, Sassonia e Modena, il B. si occupò a istruire i giovani nel canto e talvolta a eseguire o a dirigere musica sacra nelle chiese di Fratta, di Perugia e delle città vicine. Dal 1807 "fu chiamato tra i componenti la magistratura del suo paese e più di una volta sostenne la prima carica come gonfaloniere" (Rossi Scotti).
Il B. morì a Fratta il 17 genn. 1821 e fu sepolto nell'oratorio di S. Bernardino.
In possesso di una voce "penetrante, chiara e flessibile" (Gervasoni), d'intonazione perfetta, la cui estensione tuttavia non superava il fa alla seconda ottava (Gerber), fu stimato soprattutto per la sua profonda conoscenza della musica e per la maniera di cantare il recitativo, pur con qualche giudizio contrastante. Secondo il Gerber, infatti, "sovraccaricava le arie e i recitativi di abbellimenti fino all'incomprensibilità", mentre il critico inglese W. T. Parke (citato dallo Smith) ne considerava il canto "casto ed espressivo". Per il conte di Mount Edgcumbe (citato dallo Smith) il B., da lui ascoltato a Firenze nel 1784, era, invece, ancora "debole e povero" a confronto dei cantanti suoi predecessori in Inghilterra. In effetti, il meglio della sua voce era nel tono grave (Gerber), come il suo stile di canto, tipicamente italiano, si manteneva sempre nobile e toccante anche nei virtuosismi e nelle "fioriture" del suo tempo.
Bibl.: C. Gervasoni, Nuova teoria di musica... con not. storico-musicali, Parma 1812, pp. 100 s.; G. B. Rossi Scotti, Della vita e delle opere del cav. F. Morlacchi..., Perugia 1860, pp. XLVI s.; G. Perugini, Biogr. del cantante D. B. di Umbertide, Umbertide 1884; R. A. Mooser, Annales de la musique et des musiciens en Russie au XVIIIe siècle, II, Genève 1951, passim da p. 517 a p. 546, pp. 562 s.; W. C. Smith, The Italian Opera and contemp. ballet in London. 1789-1820, London 1955, pp. 24 s.; E. L. Gerber, Neues historisch-biographisches Lexikon der Tonkünstler, I, Leipzig 1812, col. 536; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, II, p. 217; X, p. 407.