BELLI, Domenico
Non si Conosce di questo compositore né il luogo né la data di nascita; né si possono avanzare delle supposizioni per la mancanza assoIuta di documenti. La notizia che fosse al servizio del duca di Parma è riportata dal Fétis il quale, però, non specifica il periodo. Così pure l'ipotesi di una presunta origine parmense del B., formulata dal Della Corte, non ha trovato alcuna conferma nelle ricerche del Pelicelli.
Dal 1610 al 1613 il B. fu maestro del coro nella chiesa di S. Lorenzo a Firenze, succedendo in tale carica a Marco da Gagliano. Nel 1616 a Venezia uscì del B. Il primo libro dell'Arie a una e a due voci per sonarsi con il Chitarrone (una esecuzione moderna, a cura del Tirabassi, delle arie Occhi belli e Giorni fugaci avvenne il 3 maggio 1913 alla Sala Erard di Bruxelles). Nello stesso anno venne rappresentata a Firenze, nel palazzo della Gherardesca di proprietà dei Rinaldi, l'Aminta di T. Tasso, di cui il B. aveva composto la musica degli intermedii (Orfeo dolente. Musica di D. B. Diviso in cinque Intermezzi con li quali il Signor Ugo Rinaldi ha rappresentato l'Aminta, Favola boschereccia del Signor Torquato Tasso, Venezia, Ricciardo Amadino, 1616).
L'opera è dedicata allo stesso Ugo Rinaldi il quale, insieme con altri amici, partecipò come attore alla recita. L'autore del testo (che ha per titolo Il lamento di Orfeo) è sconosciuto: tuttavia è da notarsi che tutto il primo e il secondo intermedio e il primo canto di Orfeo del terzo intermedio coincidono con la prima, la seconda e con il principio della terza scena de Il pianto di Orfeo di G. Chiabrera (forse scritto nel 1608 e pubblicato fra le sue Favolette da rappresentarsi cantando, Firenze, Zanobi Pignoni, 1615); poche differenze si notano per il resto. Il Solerti ha proposto due ipotesi: il testo è ampliato dallo stesso Chiabrera - ed è questa l'ipotesi verso la quale egli propende - ovvero il B. ha dato ad altri l'incarico di ampliare la favoletta scritta dal Chiabrera nel 1608 (cfr. Musica, ballo..., p. 376).
La trama dell'opera non presenta tuttavia caratteri di originalità. Per quanto riguarda la parte musicale è da notarsi anzitutto la eccezionalità del basso che è cifrato. I ritornelli sono affidati ad un quartetto di viole, mentre l'orchestra probabilmente comprendeva anche l'intera famiglia dei liuti ed uno o due clavicembali. In tutta la partitura (di cui si conserva una sola copia nella Biblioteca pubblica di Breslavia) predomina il nuovo stile monodico del "recitar cantando" che si andava rapidamente affermando in quel tempo.
Sia le Arie sia l'Orfeo furono dal B. inviati da Firenze in dono al duca Ferdinando di Mantova con una lettera dell'ii giugno 1616 (in Ademollo, La bell'Adriana...), assai significativa per la sobria difesa che egli fa delle sue opere che sembravano, allora, aver acquistato fama "di rendersi difficili et incantabili, causa attribuita ai Bassi, che suonano, per esser molto serrati di crome". Forse non è da escludersi - secondo il Tirabassi - che alla novità e alle difficoltà di esecuzione si potesse aggiungere una certa rivalità fra il B. e i musicisti della coeva Camerata fiorentina dei Bardi, ove si consideri che Giovan Battista Doni lo storico e teorico musicale fiorentino del tempo, non fa alcun accenno nei suoi numerosi scritti sulla musica scenica all'Orfeo del Belli.
Il 9 marzo 1617 l'arciduca Leopoldo d'Austria fu presente ad una rappresentazione in casa Rinaldi, dove venne eseguita da "... giovani... nuovi accademici, detti li Storditi,... una pastorale con cinque e sei intermedi", secondo quanto narra Giulio Caccini in una lettera al segretario granducale Andrea Cioli del io marzo 1617, unica e vivace memoria di questo avvenimento (Solerti, Musica, ballo...). Gli intermedi furono L'Andromeda, "favolamarittima" composta in versi da Iacopo Cicognini e in musica dal B.; la grandiosa scenografia fu opera di Cosimo Lotti; presero parte all'esecuzione anche due allievi del B., rimasti, però, sconosciuti.
Continua il Caccini: "... La musica poi fu tale che conforme alle passate, le quali hanno fatto sempre parere tediosa qualsivoglia favola, quantunque ben recitata, che meglio di questa non si potea né si può desiderare: questa ha auto tanto di varietà per l'invenzione e la dolcezza dell'armonia sempre accompagnata da varietà di strumenti, che realmente Maestro D. B. autor di essa, può gloriarsi di aver mostrato quanto possa l'arte della musica accompagnata col giudizio". Ambigue parole di lode che suggerirebbero una conferma alla presunta rivalità del B. con i musicisti della Camerata.
Il 15 sett. 1619 il B. fu, con sua moglie, ufficialmente accolto nella corte dei Medici. Dopo questa data non si hanno di lui altre notizie, né si conoscono illuogo e, l'anno della sua morte; tuttavia, mentre il primo può porsi. con ogni probabilità, a Firenze, il secondo, invece, ha, dato luogo a controversie.
Il Tirabassi, infatti, ritiene che il B. fosse più anziano del Caccini e di I. Peri, sia per il carattere più arcaico della sua musica, sia per il fatto che nel frontespizio del suo Orfeo il B. usa come formula di riguardo per il poeta Tasso l'apposizione "Signor": ricordando che comunemente l'appellativo "signore" era usato solo per persone viventi e che il Tasso era morto nel 1593, desume che la prima edizione dell'opera doveva essere anteriore a questa data e che la stampa del 1616 doveva costituire una seconda edizione. Ma l'ipotesi del Tirabassi appare infondata, poiché... "l'apposizione di cortesia (Signore) era usata per persone sia viventi sia defunte, come risulta da gran numero di dediche e d'altri scritti" (A. Della Corte-G. Pannain).
Figura certamente non di secondo piano nella storia degli inizi, del melodramma, il B. si distingue con una sua affermata personalità anche nella copiosissima produzione lirica del tempo. Pronto a cogliere e a rendere notevolmente il senso drammatico, egli riesce più efficace laddove l'incisività e la limpida nettezza delle sue raffinate armonie e delle sue modulazioni (di sapore talvolta arcaico) hanno modo di esprimere sentimenti potenti. Duttilità, sveltezza e libertà sttaordinarie, riguardo al passato, si notano nella condotta dei suoi bassi continui, e così pure la sua spiccata originalità si manifesta nel campo della tonalità e della ricerca formale. Si veda, per es., l'aria Occhi belli a me sereni, che nel Dizionario del Grove è ricordata come "a notable early exemple of the strophic-bass aria, with refrain and ritornello in addition", e l'aria Anima peccatrice, in cui l'eco, questa forma che nei primi tempi del nuovo stile era ancora qualcosa di abbastanza raro e limitata soltanto nei pezzi a più voci, viene usata dal B. invece per una monodia a una voce, nella quale, come nel precedente madrigale e nell'opera coeva, assume il ruolo di un interlocutore, con risposte di moda interpretate diversamente (scontento-contento, mai-ai ecc.; cfr. Schmitz). Le esecuzioni moderne dell'Orfeo del B. (dato una prima volta nella trascrizione del Tirabassi a Bruxelles il 3 marzo 1926 insieme con una versione francese dell'Aminte a cura di A. de Rudder, pubblicate l'anno dopo, e una seconda volta alla Radio, Ataliana l'8 febbr. 1951 nella trascrizione di G. F. Malipiero), che ebbero il sapore della preziosa riscoperta, hanno dimostrato il valore e la vitalità dell'opera dell'artista.
Bibl.: A. Ademollo, La bell'Adriana ed altre virtuose del suo tempo alla corte di Mantova, Città di Castello 1888, pp. 61, 216; E. Vogel, Marco da Gagliano, in Vierteljahrsschrift für Musikwissenschaft, V (1889), p. 534; A. Solerti, Vita di T. Tasso, I, Torino 1895, p. 658, nota; Id., Gli albori del melodramma, III, Milano 1905, pp. 89 ss.; Id., Musica, ballo e drammatica alla corte medicea dal 1600 al 1637, Firenze 1905, pp. 106, 128, 375-391; A. W. Ambros, Gesch. der Musik, IV, Leipzig 1909, pp. 797-803; E. Schmitz, Gesch. der Kantate und des geistlichen Konzerts, Leipzig 1914, pp. 16, 32, 48 s., 50; N. Pelicelli, Musicisti in Parma nel sec.XVII, in Note d'arch. per la storia musicale, X(1933), 4, p. 319; A. Tirabassi, The oldest opera: Belli's "Orfeo dolente", in The Musical Quart., XXV, 1 (1939), pp. 26-33; M. F. Bukofzer, Music in the Baroque Era from Monteverdi to Bach, New York 1947, pp. 29, 36, 53, 60 s.; A. Della Corte-G. Pannain, Storia della musica, I, Torino 1952, pp. 424-426, 639, 642; F. J. Fétis, Biographie universelle des musiciens, I, Paris 1860, p. 326; G. Grove's Dict. of Music and Musicians, I, London 1954, pp. 606 s.; Encicl. d. Spett., II, coll. 196 s.; Encicl. della Musica Ricordi, I, Milano 1963, p. 224.