ALAMANNI (Alemanni, Alamani, Alemani, Allemani), Domenico
Dignitario e diplomatico dei re di Polonia da Sigismondo Augusto a Sigismondo III Vasa, morto nel 1595.Non sappiamo quando e perché dovesse abbandonare Firenze, sua patria: quasi certamente fu accusato di avversare la signoria dei Medici, come già altri membri della sua famiglia. Sembra da escludersi l'altra ipotesi, avanzata dal Ciampi, che egli sia andato in esilio per motivi religiosi, data l'attività che più tardi svolse in accordo col nunzio pontificio Bolognetti. Verso la metà del secolo si trovava in Polonia, ove s'era stabilito col padre Tommaso, portando certamente con sé una notevole parte della sua fortuna: nel 1557 ottenne in possesso terre da un monastero cisterciense della diocesi di Cracovia. Acquistò poi beni nel voivodato di Lublino, e sposò una polacca, Anna Meglewska. Si guadagnò diversi protettori influenti, specie nella famiglia Tęczyński: faceva parte del seguito di Giovan Battista Tęczyński, quando, nell'estate del 1561, questi si recò in missione diplomatica in Svezia. Scopo della missione era il raggiungimento di un accordo sulla questione della Livonia e la conclusione di un'alleanza polono-svedese in funzione antimoscovita; la missione svedese che segui il Tęczyński al suo ritorno in Polonia avanzò la proposta d'un matrimonio da concludersi fra i Vasa e gli Iagelloni: insomma, si posero allora il problema baltico e quello delle relazioni polonosvedesi, nella forma in cui l'A. dové più tardi affrontarli, quale legato di Stefano Báthory.
Pochi anni dopo, il 19 maggio 1566, l'A. ottenne l'indigenato da Sigismondo Augusto; negli anni seguenti fece acquisto di nuovi beni nel voivodato di Cracovia, e, rimasto vedovo, si risposò, intorno al 1570, con Elisabetta Fanelli, di famiglia italiana, figlia di Sigismondo, maestro di cucina del re. Nel medesimo periodo otteneva l'ufficio di dapifero di Lublino. Sotto Enrico di Valois, l'A. espletava funzioni a corte: nella notte del 18 giugno 1574, fu il primo a scoprire la fuga del re e a darne notizia. Durante l'interregno si recò in Transilvania con la delegazione polacca, che fece ritorno col nuovo re Stefano Báthory. Conservò sempre il favore del Báthory, che gli affidò a volte incarichi delicati e di notevole importanza. Il 4 genn. 1577, il re lo nominò maestro di cucina; in quello stesso anno perorava presso il granduca Francesco I la causa del suo dignitario, insistendo perché venissero liberati dal sequestro i beni che l'A. ancora possedeva in Toscana. Nel 1581, l'A. venne nominato starosta di Nowe Miasto Korczyn; nello stesso anno, si trovava al campo del re, all'assedio di Pskov, ed assisté ai negoziati di Jan Zapolski.
Conclusa la pace nel gennaio dell'anno seguente, si delineò nuovamente l'attrito con la Svezia per la questione della Livonia, pretendendo il Báthory il passaggio alla Polonia di numerose fortezze, fra le quali Narva, di cui gli Svedesi s'erano impadroniti durante le operazioni di guerra contro Ivan il Terribile. L'A., considerato esperto dei problemi baltici, fu inviato quale legato presso Giovanni III Vasa.
Egli giunse a Stoccolma il 13 apr. 1582. La regina Caterina, figlia di Sigismondo Augusto lagellone, e il gesuita polacco Stanislao Warszewicki, cappellano del re, fecero di tutto per mitigare l'animo di Giovanni III, che s'ostinava a non voler ricevere l'ambasciatore. Il 22 aprile, ottenuta la prima udienza, l'A. espose il punto di vista polacco: i territori occupati dagli Svedesi erano gli stessi per cui la Polonia aveva dichiarato guerra alla Moscovia; d'altronde, essi spettavano di diritto al Báthory, poiché Ivan III, con la pace di Vilno, gli aveva ceduto tutta la Livonia, eccettuati Narva e alcuni forti secondari. A sua volta il re oppose che Mosca non aveva il diritto di cedere alla Polonia quei territori: tolti al comune nemico, essi dovevano restare a quello degli alleati che era riuscito ad impadronirsene. A questo primo, infruttuoso colloquio, seguì un'udienza con la regina, durante la quale l'A. sottolineò l'opportunità di mantenere i buoni rapporti fra i due paesi. Il 25 aprile alcuni dignitari svedesi si riunirono nel castello di Stoccolma con l'A.; invitato a presentare le sue richieste definitive, egli dichiarò che, se Giovanni III avesse ceduto Revai, Narva e gli altri forti, il Bàthory avrebbe pagato immediatamente alla Svezia il debito di Sigismondo Augusto, cioè la dote di Caterina e la sua parte della successione Sforza; e, oltre a ciò, avrebbe continuato a lavorare per la conclusione d'una pace fra la Svezia e la Russia.
La risposta che l'A. portò al Bàthory, a Grodno, il 16 giugno, fu decisamente negativa. Sebbene egli, attenendosi scrupolosamente alle istruzioni ricevute, avesse agito con la maggior moderazione, Giovanni III aveva assunto un atteggiamento sprezzante, accennando più volte al grado relativamente basso ricoperto dal legato nella gerarchia di corte, tanto da richiedere in ultimo l'invio di un plenipotenziario più qualificato.
L'insuccesso della missione svedese, che, d'altronde, non era imputabile all'A., non impedì al re d'inviarlo a Cracovia, sul finire dello stesso anno 1582, perché decidesse della questione scoppiata fra la Compagnia di Gesii, da una parte, e il vescovo Pietro Myszkowski e l'università di Cracovia, dall'altra, circa il permesso da accordare o meno all'Ordine, per l'apertura di una Casa in quella capitale. Le ragioni dei gesuiti venivano sostenute, con veemenza forse inopportuna, dal legato Antonio Possevino, e, con maggior moderazione, dal nunzio Alberto Bolognetti (Bolognetti, Epistolae II, n. 78, pp. 143-145). Sappiamo che l'A., interpretando l'animo del re, tenne dalla parte dei gesuiti, che ebbero il permesso; la questione si trascinò ancora durante l'anno seguente, ma le fonti relative non fanno più cenno dell'Alamanni. Nel periodo immediatamente successivo alla legazione svedese, egli si adoperò, ancora in altre occasioni, a tutela degli interessi cattolici, collaborando col nunzio apostolico. Nell'agosto 1582, il Bolognetti riferiva come l'A., inviato dal re presso le Dietine, gli avesse promesso "ogn'opra possibile perché questi nuntn siano eletti del numero de' cattolici o almeno che non si diano loro certe commissioni seditiose et atte a causar poi nella dieta grandissimi disturbi" (Bolognetti, Epistolae, I, n. 425, p. 451) la Dieta, infatti, che si preparava per l'autunno del 1582, essendo terminata la guerra, avrebbe affrontato problemi interni e questioni religiose. Nel medesimo periodo, l'A. collaborava col nunzio alla conversione d'un eretico italiano, Niccolò Bucella, medico personale del re; gli dava informazioni sulla reputazione del Possevino in Moscovia, non propriamente favorevoli; gli mostrava, insomma, "particolare amorevolezza" (Bolognetti, Epistolae, II, n. 377, p. 660). Giacché alla dieta del 1585 si volle ricordare espressamente che l'A. era uno straniero, che godeva il possesso di beni in Lituania "contra statuta", si può pensare che la sua collaborazione col nunzio apostolico non riuscisse gradita alla maggioranza della nobiltà polacca.
Poco dopo, l'A. terminò di ricoprire la carica di maestro di cucina, ed ebbe la nomina a sotto-starosta di Cracovia; ma non ne svolse mai effettivamente le funzioni. Il 9 genn. 1588, Sigismondo III Vasa lo nominò direttore delle saline reali di Olkusz; da allora, egli scompare dalla vita pubblica. Possedeva a quel tempo beni propri nel voivodato di Cracovia, ed aveva in affitto terre nelle regioni di Lublino, Cracovia, Łęczyca, e, di proprietà di Lew Sapieha, in Lituania. Già poeta latino e italiano, parlava e scriveva correntemente in polacco. Mantenne relazioni con i Fiorentini in Polonia: nel 1583 era stato designato dalle parti a comporre, insieme col Bolognetti, una lite sorta tra i Soderini e Sebastiano Montelupi, mercanti fiorentini a Cracovia.
Suo fratello Giacomo fu canonico di Warmia e segretario reale, ed ebbe rapporti col Bolognetti. Oltre ad un figlio morto bambino, Sebastiano, tenuto a battesimo dal Báthory, lasciò due figlie e tre maschi, Adamo, Tommaso, Sigismondo. Tommaso ebbe un figlio, Stanislao, che mori giovane nel 1641. Gli Alamanni di Polonia possedevano uno stemma proprio; sembra che verso la metà del sec. XVII la famiglia abbia fatto ritorno in Italia.
Bibl.: Cenni biografici sull'A, danno L. Fournier, Les Florentins en Pologne, in Charpin-Feugerolles e Fournier, Les Florentins à Lyon. Les Florentins en Pologne, Lyon 1893, pp. 228-232 e K. Lepszy, Alamani Dominik, in Polski Słownik Biograficzny, I, Kraków 1935, pp. 40-42. Sull'A. e sugli Alamanni di Polonia danno notizie K. Niesiecki, Herbarz Polski (wyd. przez J. N. Bobrowicza), II, w Lipsku 1939, pp. 20-22; e A. Boniecki, Herbarz Polski, I, Warszawa 1901, pp. 32 s. Per le vicende anteriori alla legazione svedese, cfr. R. Heidenstein, Rerum Polonicarum ab excessu Sigismondi Augusti libri XII, Franco-furti ad Moenum 1672, p. 197; S. Ciampi, Bibliografia critica delle antiche reciproche corrispondenze... dell'Italia colla Russia, colla Polonia ed altre parti settentrionali..., I, Firenze 1834, pp. 173 e 176 s.; Akta Metryki Koronnéj co wazniejsze z czasów Stefana Batorego 1576-1586, a cura di A. Pawiński, in Zródla dziejowe, XI, Warszawa 1882, n. 115, p. 205; Archiwum Jana Zamoyskiego, Warszawa-Kraków 1904-48, I, n. 169, p. 188, n. 311, p. 325; II, n. 462, p. 89, n. 567, p. 205, n. 568, p. 206 s., n. 607, pp. 246-250; III, n. 734, p. 41; IV, n. 1091, p. 20; Swiętosław Orzelski, Bekrólewia ksiâg ośmioro 1572-1576 (Interregni Poloniae Libri), a cura di E. Kuntze, Scriptores Rerum Polonicarum, XXII, Cracoviae 1917, p. 239 e n. 2. Sulla legazione svedese: Relacya legacyi Pana Kuchmistrza Posła Króla Polskiego do Szwedzkiego Króla, a cura di I. Polkowski, in Acta historica res gestas Poloniae illustrantia ab anno 1507 ad annum 1795, XI (Acta Stephani Regis 1576-1586), Cracoviae 1887, pp. 362-384 (per le istruzioni scritte, del 19 marzo 1582, consegnate personalmente dal Báthory a Riga, cfr. Acta historica, cit., p. XVI, n. 139, pp. 349 ss., e p. 353 n. 1); P. Pierling, Papes et Tsars (1547-1597), Paris 1890, p. 331; H. Almquist, Johan III och Stefan Batori ar 1582. Domenico Alamannis beskickning till Sverige, in Historisk Tidskrift, XXIX, 2, Stockholm 1909; Legatio Domini Alemani Magistri Culinae Sacrae Regiae Maiestatis quam habuit apud Regiem Sueciae, publiée par K. I. Karttunen, Roma 1910 (cui segue un Rapporr du nonce de Pologne au Cardinal Secretaire d'État concernant l'ambassade d'Alamanni, tratto dall'Archivio Vaticano, e pubblicato anche tra le Epistolae del Bolognetti, I, n. 412, pp. 432-437) in Annales Acad. Scientiarum Fenicae, s. B, II (Etudes Romaines publiées par l'expedition finlandaise, I), Helsinki 1911; K. I. Karttunen, La légation de D. A. en Suède l'an 1582, Helsinki 1911, in Annales Acad. Scientiarum Fenicae, s. B, II; Id., Jean III et Stefan Bathory. Études sur les relations politiques entre la Suède et la Pologne de 1576 à 1583, Genève 1911, in Annales Acad. Scientiarum Fenicae, s. B, V, n. 1, pp. 135-144. Per le vicende successive alla legazione svedese: J. Wielewicki, Historici diarii domus professae Societatis Iesu Cracoviensis anni viginti 1579-1599, in Scriptores Rerum Polonicarurn, VII, Cracoviae 1881, pp. 28-32; Leges, Privilegia et Statuta civitatis Cracoviensis (1507-1795), a cura di F. Piekosiński, II, 1, Cracoviae 1890, n. 766, p. 6; Archivum Domus Sapienahae, I (Codex epistolaris 1575-1606), a cura di A. Prochaska, Lwów 1892, n. 462, p. 387; Diaria Comitiorum Poloniae anni 1585, a cura di A. Czuczynski, in Scriptores Rerum Polonicarum, XVIII, Cracoviae 1901, pp. 292 s.; Alberti Bolognetti Nuntii Apostolici in Polonia Epistolarum et Actorum Pars I-II, in Monumenta Poloniae Vaticana, V-VI, Series Nuntiarurae Poloniae, Cracoviae 1923-38, oltre i luoghi già citati nel testo, I, n. 29, p. 23, n. 35, p. 30 e nota 5, n. 165, p.170, n. 191, p. 203 e nota 4, n. 443, p. 497, App. 10, p. 677; II, n. 20, p. 46, n. 78, p. 146, n. 140, p. 253. Sull'attività letteraria dell'A., cfr. E. Gamurrini, Istoria genealogica delle famiglie nobili toscane et umbre, II, Fiorenza 1671, p. 457; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, p. 149; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, I, 1, Brescia 1753, p. 243.