dolore
L’effetto placebo sul dolore
Il placebo (➔) è una preparazione farmaceutica a base di una sostanza farmacologicamente inerte, che viene somministrata per gli effetti psicologici che può avere sul paziente, e che è capace di migliorare le condizioni cliniche del soggetto. È possibile estendere il concetto di placebo anche a trattamenti diversi da quelli farmacologici: esistono infatti strumenti placebo (strumenti lasciati spenti e quindi non realmente utilizzati dal medico) e interventi chirurgici placebo, in cui il medico anestetizza il paziente e accede alla parte malata, ma non interviene su di essa.
Per effetto placebo si intende tutto il complesso di reazioni attivate nel soggetto che ha ricevuto un trattamento placebo. In effetti si è riscontrato che l’assunzione di sostanza, consigliata o somministrata dal medico, determina sovente nel paziente una reazione psicologica positiva e quindi una pronta ripresa di funzioni, per es. quella gastrointestinale, sotto importante controllo neurovegetativo, fornendo altresì elementi di aspettativa di guarigione (soggettiva) o di reale miglioramento (oggettivo). Il medico gioca un ruolo fondamentale in questo contesto, poiché è in grado di convincere il paziente che il farmaco o il trattamento che sta per assumere lo farà stare meglio: numerose prove cliniche dimostrano che uno stato emotivo tranquillo e fiducioso è accompagnato da una maggior efficacia dei trattamenti farmacologici. È indispensabile anche che il paziente ritenga che la sostanza somministrata sia dotata di un principio farmacologicamente attivo, proprio perché come tale gli viene proposta dal medico in cui egli ripone fiducia. A sostegno di questa fiducia, è fondamentale che il placebo sia indistinguibile dal farmaco e non presenti caratteristiche organolettiche peculiari. colore, sapore, odore, dimensioni, peso, consistenza e, in senso lato, fisicità del placebo devono per definizione essere l’esatta replica del farmaco, senza peraltro contenere principi attivi. L’effetto placebo, quindi, è un fenomeno psicobiologico in cui l’innescarsi di un nuovo stato emotivo determina precisi cambiamenti all’interno del nostro cervello. In pratica il sistema nervoso, in risposta al significato pieno di attese dato alla terapia prescrittagli, innesca modificazioni neurovegetative e produce una serie numerosa di endorfine, ormoni, mediatori, capaci di modificare la sua percezione del dolore, i suoi equilibri ormonali, la sua risposta cardiovascolare e la sua reazione immunitaria. Queste risposte del sistema nervoso comprendono meccanismi sia consci (che coinvolgono anche processi cognitivi) sia inconsci. La coscienza gioca un ruolo fondamentale poiché la risposta a un trattamento dipende dalle aspettative che il medico riesce a creare nel paziente: per es., nei malati di morbo di Alzheimer, i cui processi cognitivi sono compromessi, l’effetto placebo è molto ridotto. Nei meccanismi inconsci, come la secrezione ormonale o l’attività del sistema immunitario, l’effetto placebo si innesca dopo una fase di ‘condizionamento’ in cui il paziente impara ad associare il trattamento alla scomparsa di un sintomo, quale il dolore fisico. Se, dopo la fase di condizionamento, il medico somministra al paziente un trattamento identico ai precedenti, ma privo di principio attivo, l’effetto terapeutico non cambia.
L’effetto placebo è molto evidente nelle terapie del dolore, dell’ansia e della depressione. Un esperimento importante a tal proposito è quello condotto dai medici e farmacologi Levine e fields a San francisco, nel 1978. In questo studio, i soggetti trattati con placebo raggiungevano uno stato di analgesia che poteva essere abolito somministrando il naloxone, un antagonista dei recettori per gli oppioidi; ciò dimostra che il trattamento placebo causa la liberazione di oppioidi endogeni. Esperimenti più recenti, svolti con l’aiuto di diverse tecniche non invasive in grado di visualizzare l’attività del cervello (PEt), dimostrano che la somministrazione di placebo attiva diverse aree: giro cingolato, corteccia prefrontale e orbitofrontale, insula, nucleus accumbens, amigdala, talamo, sostanza grigia periacqueduttale. Queste aree sono coinvolte nel controllo fisiologico del dolore, nella risposta allo stress, nel determinare gli stati emozionali e in molte funzioni cognitive. come già accennato, l’effetto placebo è condizionato dal contesto in cui la somministrazione avviene: se il trattamento è effettuato in un ambiente ostile o da personale che lascia intravedere effetti spiacevoli, si può osservare un effetto opposto, denominato effetto nocebo, in cui il paziente sperimenta uno stato di malessere che può mimare gli effetti indesiderati di un farmaco. In situazioni del genere sono state misurate alterazioni dei neurotrasmettitori endogeni del tutto opposte a quelle osservate con l’effetto placebo. Dati i suoi potenti effetti, il trattamento con placebo è una componente essenziale nelle sperimentazioni cliniche che mirano a valutare l’efficacia di nuovi farmaci. In partic., le misure sperimentali (per es., intensità del dolore) vengono registrate in parallelo su pazienti che assumono il principio attivo e su pazienti che ingeriscono un placebo. Il protocollo sperimentale viene condotto in doppio cieco, ciò rimane ignoto ‘chi assuma cosa’ sia al paziente sia al medico, perché le confezioni dei prodotti sono identiche e differenziabili unicamente in base a un codice la cui corrispondenza è nota solo a una terza parte esterna all’esperimento. tuttavia, partendo dal principio che occorre assicurare ai pazienti la più efficace cura possibile, trattare alcuni di essi con sostanze inerti farmacologicamente pone problemi di carattere etico in questo tipo di sperimentazioni. Oggi l’uso del placebo è ammesso in alcuni casi generali, per es. quando non esiste una cura di provata efficacia; in ogni caso, tale possibilità è sempre valutata da opportuni comitati etici.