DOLLARO
(XIII, p. 102)
Il d., moneta-cardine del sistema monetario internazionale, è stato caratterizzato negli anni Ottanta da ampi e lunghi cicli, prima ascendenti, poi discendenti, che hanno trasmesso forti impulsi o amplificato oscillazioni nelle grandezze sia reali sia finanziarie dell'economia mondiale, dai paesi industriali a quelli in via di sviluppo. Il tasso di cambio del d., in quanto principale ''prezzo relativo'' dell'economia mondiale, ha determinato modifiche importanti nella struttura dell'economia statunitense, specie nel settore manifatturiero, e delle altre economie industrializzate, nonché del commercio internazionale nel suo insieme. I movimenti del d. si sono associati a rilevanti spostamenti nella composizione geografica dei flussi internazionali di capitale: gli Stati Uniti, in particolare, sono divenuti importatori netti di capitali, finanziando con risorse provenienti dal resto del mondo una parte cospicua del proprio disavanzo corrente.
Le premesse dei movimenti recenti della valuta statunitense vanno ricercate, però, nella situazione determinatasi agli inizi degli anni Settanta con la transizione dal regime di cambi fissi, che caratterizzò il sistema monetario internazionale dagli accordi di Bretton Woods del 1944 fino alla decisione degli Stati Uniti di sospendere la convertibilità del d. il 15 agosto 1971, al regime di cambi fluttuanti che con vicende alterne ha contraddistinto i due ultimi decenni (v. anche sistema monetario internazionale, in App. IV, iii, p. 345). Nella transizione tra il periodo dei cambi fissi e il regime di fluttuazione il d. si deprezzò in misura significativa; negli anni Settanta proseguì la fase di flessione del d.; dal 1980 iniziò una tendenza all'apprezzamento che riportò il corso del d. su valori ampiamente superiori a quelli medi degli anni Settanta. Dai massimi raggiunti nel febbraio 1985 è iniziata una fase di ampio deprezzamento che si è interrotta nell'estate del 1988; successivamente il valore del d. è rimasto piuttosto stabile fino all'estate del 1990, da quando è ripresa una tendenza al deprezzamento.
La decisione del 1971 di sospendere la convertibilità del d. sanciva ufficialmente il progressivo passaggio, in atto de facto dal 1968, a un regime di fluttuazione generalizzata delle monete; malgrado ingenti interventi in sostegno effettuati dalle banche centrali dei principali paesi industriali, il d. si era fortemente deprezzato sin dai mesi precedenti, ma in agosto la pressione al ribasso si accentuava facendo precipitare la decisione di abbandonare temporaneamente la parità fissa della moneta. Dopo un periodo di fluttuazione, le autorità monetarie dei principali paesi raggiunsero un'intesa, sancita dagli accordi ''smithsoniani'' del dicembre 1971, per un riallineamento generalizzato delle monete nell'intento di ripristinare e consolidare, con una configurazione più realistica dei rapporti di cambio, il sistema dei cambi fissi. Il riallineamento così deciso, in particolare il deprezzamento del d. che ne conseguì, fu però insufficiente ai fini del riequilibrio dei conti con l'estero degli Stati Uniti, anche perché permaneva un orientamento espansivo delle politiche economiche interne. La pressione sulla moneta statunitense si accentuava agli inizi del 1973; dopo una temporanea chiusura dei mercati dei cambi negli Stati Uniti il d. subiva una svalutazione del 10%.
Persistenti turbolenze valutarie portavano le autorità monetarie degli Stati Uniti e degli altri principali paesi a riconoscere l'inevitabilità, in tali circostanze, di un regime di fluttuazione dei cambi ancorché ''controllata'' attraverso interventi ufficiali sui mercati.
Con i miglioramenti della bilancia dei pagamenti americana nel 1975, il d. si apprezzava; il fenomeno proseguiva nel corso del 1976. Tuttavia, dal 1977 il peggioramento della bilancia di parte corrente, il cui saldo diventava negativo per circa l'1% del PNL, e l'aumento del tasso d'inflazione innescavano una discesa della valuta americana che risultava nell'arco di due anni pari a circa il 15%. Alla fine del 1978 l'Amministrazione attuava un complesso di misure volte a sostenere il d.: oltre a un'azione monetaria restrittiva, il disegno di stabilizzazione poggiava sulla disponibilità di ampie linee di credito, destinate a finanziare gli interventi sui mercati valutari, concordate con le banche centrali del Giappone, della Germania Federale e della Svizzera.
Il periodo di pronunciato apprezzamento del d. iniziato nel 1980-81 e culminato nel febbraio-marzo 1985 è stato collegato in misura preminente, nel dibattito accademico e di politica economica, all'espansione fiscale perseguita nel paese dall'amministrazione Reagan, in presenza di una politica monetaria divenuta non accomodante dal 1979. La consueta spiegazione analitica di tale risultato poggia sull'idea che aumenti della spesa pubblica finanziati attraverso emissioni di titoli si riflettono nel breve periodo in più elevati tassi d'interesse interni rispetto a quelli esterni, e quindi in afflussi di capitali atti a finanziare il maggiore disavanzo delle partite correnti determinato dal maggiore assorbimento interno; il tasso di cambio si apprezza al di là del suo livello di lungo periodo, nella misura necessaria per generare, da un lato, aspettative di un suo futuro deprezzamento e rendere in tal modo compatibili i tassi d'interesse interni con quelli esterni, e per originare, dall'altro, un disavanzo corrente che compensi gli afflussi di capitale.
In realtà, un differenziale d'interesse reale a lungo termine in favore del d. cominciò a formarsi nella seconda metà del 1980; dopo una flessione agli inizi del 1981, esso riprese ad ampliarsi nella seconda parte dell'anno raggiungendo un valore massimo intorno alla metà del 1983; da allora si è venuto progressivamente assottigliando. Il tasso di cambio del d. continuò invece ad apprezzarsi fino agli inizi del 1985, situandosi a quella data su un livello superiore di circa il 70% ai valori del 1980. Questa evidenza conferma che la prolungata ascesa della moneta statunitense non può essere esclusivamente ascritta a movimenti nei differenziali d'interesse rispetto alle altre principali valute.
Il persistere di una tendenza all'apprezzamento del d. fra il 1983 e il 1985 ha in parte riflesso un ritardo nell'apprendimento da parte dei mercati degli effetti della politica fiscale degli Stati Uniti del 1981-82, che comportava tagli d'imposte e un'espansione della spesa militare; il tasso d'interesse reale atteso sarebbe rimasto elevato per un arco di tempo assai lungo non solo in ragione del ritardo con cui l'inflazione avrebbe reagito alle politiche monetarie restrittive, ma anche per il formarsi di un crescente disavanzo dei conti pubblici. Esso, che fra il 1973 e il 1981 era rimasto su valori inferiori all'1% del PNL, raggiunse quasi il 3,5% fra il 1983 e il 1985; l'eccesso di domanda di risparmio che ne scaturì fu soddisfatto dall'afflusso di risorse dall'estero attraverso un crescente disavanzo delle partite correnti. In misura significativa, però, l'andamento del d. in quel periodo riflesse anche l'influenza esercitata sulla psicologia dei mercati dall'atteggiamento delle autorità USA ispirato a ''benevola indifferenza'' circa il peggioramento delle partite correnti ritenuto ottimisticamente fenomeno temporaneo che sarebbe stato corretto dai guadagni di produttività e competitività dell'industria statunitense favoriti dalle ''politiche dell'offerta'' varate dall'Amministrazione.
Il 26 febbraio 1985 il d. raggiungeva il suo valore massimo pari a quasi 3,5 marchi tedeschi, malgrado massicci interventi coordinati delle banche centrali dei paesi del Gruppo dei 10, con il concorso anche di quella americana, miranti a contenerne l'apprezzamento. La posizione statunitense di ''indifferenza'' circa l'andamento del d. mutò in conseguenza delle pressioni protezionistiche interne generate dal suo eccessivo apprezzamento; ciò consentì l'accordo del Plaza (New York, 22 settembre 1985) con cui le autorità del Gruppo dei 5 decisero di cooperare per provocare un suo ordinato deprezzamento.
Nel corso del 1986 il d. si deprezzò ulteriormente, in seguito all'allentamento delle condizioni monetarie negli Stati Uniti e al restringersi dei differenziali d'interesse rispetto agli altri maggiori paesi. Agli inizi del 1987, mentre perdurava la discesa del d., si pervenne, con l'accordo del Louvre (22 febbraio), a un'intesa mirante a riportare condizioni di maggiore stabilità nei cambi attraverso una concertazione delle politiche economiche nazionali, nella convinzione che gli squilibri commerciali si sarebbero ridotti dato il deprezzamento già avvenuto nel valore del d. e che una sua ulteriore discesa avrebbe riacceso l'inflazione negli Stati Uniti e depresso la crescita negli altri paesi. L'accordo fu di fatto sospeso dopo la caduta dei mercati borsistici il 19 ottobre di quell'anno; il d. si deprezzò del 10%, stabilizzandosi intorno alla fine dell'anno, anche grazie a forti interventi coordinati.
Dopo le ampie variazioni degli anni precedenti, nel 1988 i mercati dei cambi sono stati più stabili, con la ripresa della cooperazione internazionale. Il d. ha oscillato intorno ai livelli della fine del 1987; il rinnovato clima di fiducia è stato favorito dalla riduzione del disavanzo corrente e dall'aumento dei tassi d'interesse in funzione antiinflazionistica negli Stati Uniti. La tendenza all'apprezzamento si è accentuata nella prima parte del 1989; successivamente, dalla fine di settembre, interventi concertati da parte delle autorità monetarie dei piccoli paesi industriali riuscirono a invertire la tendenza. Il d. si è così deprezzato del 13% rispetto al marco tedesco tra il settembre 1989 e il marzo 1990, pur apprezzandosi nei confronti dello yen. Nei mesi successivi il valore del d. scendeva ancora rispetto alla generalità delle monete principali per effetto del rallentamento dell'economia statunitense. Nel primo semestre del 1991 si è poi avuto un riapprezzamento del d. nei confronti di tutte le principali valute.
Bibl.: Per una ricostruzione fattuale, v. il rapporto annuale della Banca dei regolamenti internazionali, l'Economic Outlook dell'OCSE, il World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale. Per analisi più approfondite: J. Shafer, B. Loopesko, Floating exchange rates after ten years, in Brookings papers on economic activity, 1983; AA.VV., The US dollar. Recent developments, outlook and policy options, Federal Reserve Bank of St. Louis, 1985; J. Sachs, The dollar and the policy mix: 1985, in Brookings papers on economic activity, 1985; J. Williamson, The exchange rate system, Washington 1985; R. D. Dornbusch, J. A. Frankel, Macroeconomics and the dollar, in U.S. Trade Policies in a Changing World Economy, a cura di R.M. Stern, Cambridge (Mass.) pp. 77-130.