DODONE
Non sono note né la data di nascita né le origini di questo vescovo di Modena e incerti sono pure gli inizi della sua carriera ecclesiastica. Quando viene ricordato per la prima volta, in un atto di enfiteusi "in urbe Mutine" del 6 luglio 1100, conservato nel locale Archivio capitolare, appare già nelle vesti di vescovo. Tuttavia, diciassette mesi più tardi, stando al successivo documento del 2 dic. 1101non risulta essere stato ancora consacrato. Questa circostanza ha fatto pensare a una certa resistenza verso la sua nomina, da parte del clero modenese, scismatico per una quindicina d'anni sotto il precedente governo del vescovo Eriberto (1055-1095), sostenitore dell'antipapa Clemente III.
Il Simeoni, in quello che finora resta l'unico vero studio sulla figura di D., ipotizza che egli fosse originario di Cremona e legato in qualche modo alla famiglia dei Dodoni che, sul finire del sec. XI, si poneva fra i capi del movimento patarino di quella città. A sostegno dell'origine cremonese di D., il Simeoni riporta un episodio, narrato da Bonizone nel suo Liber ad amicum, che si verificò durante il sinodo romano del 1074 e che vide testimoni l'arcivescovo di Ravenna Guiberto (poi antipapa con il nome di Clemente III) e un giovane ecclesiastico cremonese - "Dodonein egregium indolis iuvenem, eiusdem Cremone civeni" - il quale difese strenuamente i suoi concittadini dalle accuse del ravennate. Questo episodio, a dire sempre del Simeoni, spiegherebbe l'iniziale riluttanza del clero modenese ad accettare come vescovo un uomo che aveva fama di energico campione della riforma gregoriana.
Vera o presunta che sia l'origine cremonese di D., resta un fatto assodato che la successione all'episcopio modenese non fu semplice. Ancora vivo lo scismatico Eriberto, verso il 1081 da papa Gregorio VII era stato nominato vescovo di Modena Benedetto, che rimase per lunghi anni a Savignano, ospite della contessa Matilde. Benedetto morì dopo il 1096 e nel giugno iogg, quando si posero le fondamenta del nuovo duomo modenese, la città era ancora senza vescovo, come si desume dalla Relatio sive descriptio de innovatione ecclesie Sancti Geminiani Mutinensis praesulis, attribuita dal suo più recente editore (Galavotti, 1974) al magiscola Aimone. Alla luce di questo stato di cose, la costruzione del duomo è stata vista come un vero e proprio "mistero", considerando del resto anche il fatto che le condizioni statiche di quello preesistente erano allora, a quel che pare, più che accettabili. Ma secondo la Relatio la costruzione del duomo era stata decisa unanimemente da tutta la cittadinanza modenese; e in questa decisione alcuni storici hanno individuato uno dei primi atti del nascente Comune di Modena. Infatti la città, se poté uscire definitivamente dallo scisma sotto il vescovato di D., è proprio in seguito alla sua morte, avvenuta dopo il 27 maggio 1134, durante un grave momento di crisi politica e religiosa, che trovò la forza necessaria per erigersi a Comune con la creazione dei consoli, i quali sono ricordati per la prima volta in un atto del 24 giugno 1135. Stando così le cose, risulta indubbio che il governo di D. sull'episcopio modenese era oltremodo importante per la formazione del primo Comune modenese.
Il vescovato di D. durò circa trentacinque anni e, salvo il periodo di aperto contrasto con il vicino monastero di Nonantola, fu abbastanza tranquillo. Del suo governo sono rimasti numerosi atti (circa 60 pergamene, conservate nell'Archivio capitolare di Modena, che sono state pubblicate dal Vicini), i quali, in particolare, forniscono notizie dei frequenti e amichevoli rapporti del vescovo con la contessa Matilde di Canossa e del suo impegno, in questo periodo di relativa stasi nella lotta tra Chiesa e Impero, a rafforzare la propria posizione in varie zone della sua diocesi.
Il 14 genn. 1104 D. era a Carpeneta (nel Pistoiese), testimone alla donazione fatta da Matilde al convento di Fontana Taoni. Nel settembre dello stesso anno assistette la contessa nella restituzione ai canonici di S. Zeno di Pistoia della corte di Pavona e del castello di Sambuca, situati sull'Appennino toscoemiliano. La stessa contessa Matilde, il 30 apr. 1106, a Modena fu presente con il suo esercito alla cerimonia della traslazione del corpo di s. Geminiano, vescovo e protettore della città. La Relatio ci informa anche che fu lei a suggerire alla cittadinanza, timorosa che qualcuno potesse violare o rubare le preziose reliquie, di attendere il passaggio del pontefice Pasquale II, che di lì a pochi mesi si doveva recare al concilio di Guastalla, per mostrare il corpo del santo e consacrarne il nuovo altare nella cattedrale (8 ott. 1106). Nel frattempo, per impedire che il sepolcro fosse violato da mani sacrileghe, si decise che esso venisse custodito da sei milites (nobili) e da dodici cives. Questo episodio è riprodotto in una delle miniature del codice capitolare O.II.11 del XIII secolo, che ci ha trasmesso il testo della Relatio. Nella scena vengono raffigurati, intorno all'arca di s. Geminiano, tutti i protagonisti della narrazione (tre milites, sei cives, la contessa Matilde, l'architetto Lanfranco costruttore del duomo, il vescovo di Reggio Bonseniore e D.), quasi si volesse simboleggiare, nell'esaltazione del santo patrono, il raggiunto equilibrio delle diverse componenti sociali esistenti in quel momento nella città. Si tratta di un'immagine che ben rispecchia la situazione storica, verificatasi sotto il governo di D., come risulta attestata dalla Relatio.
Anche se assai poco si può cogliere dalla documentazione rimasta sulla personalità di D., risulta indubbio che egli possedeva spiccate doti di diplomatico. Il 1º marzo 1107 ottenne dalla contessa Matilde la liberazione dal gravame dell'albergaria per gli abitanti di Massa, nella bassa pianura modenese. Nell'aprile 1108, a Governolo, sempre da Matilde ricevette in dono Rocca Santa Maria, che era stata sottratta alla Chiesa modenese nel 1038 dal conte Bonifacio, ottenendo per i suoi abitanti l'esenzione dall'albergaria.
Nel 1122 l'arcivescovo di Ravenna Gualtero, nel donargli la chiesa di S. Agnese, lo nominò prete cardinale; titolo che risulta segnalato unicamente in questa occasione. Verso la fine del 1125 0 gli inizi del 1126, D., in viaggio per Roma, venne incaricato da Attone, abate vallombrosano, di adoprarsi presso il papa Onorio II per impetrarne il perdono a favore dei Fiorentini, che erano stati colpiti dalla censura ecclesiastica dopo aver distrutto la rocca di Fiesole.
Non vi è dubbio che D. seppe sfruttare abilmente la situazione creatasi con la morte di Matilde (24 luglio 1115), recuperando tutte quelle terre che, già soggette alla Chiesa modenese, le erano state sottratte dal conte Bonifacio. Il 31 luglio 1115 D. ricevette piena soggezione dall'intero collegio plebano di S. Cesario; nel dicembre dello stesso anno concesse a tal Grimaldo del Frignano la custodia temporanea del castello di Savignano, il che conferma come questo castello, che ancora nel 1107 era saldamente tenuto dalla contessa Matilde, fosse tornato nelle mani del vescovo modenese. Perdurando in questa sua politica, D. non poté non entrare in conflitto con l'abate del monastero di Nonantola, che sorgeva a pochi chilometri da Modena ed era ricco di chiese e di terre sia nella pianura che nella montagna. Il nascente Comune modenese, infatti, che compiva il suo iniziale cammino accanto al vescovo, aspirava ad impadronirsi dei territori nonantolani. Tuttavia, finché fu vivo D., si trattò perlopiù di un'incruenta guerra "diplomatica", e nel 1121 il vescovo modenese ottenne da papa Callisto II una bolla con cui molte delle chiese, soggette fino ad allora all'abate di Nonantola, venivano dichiarate dipendenti del suo episcopio. Questa bolla, revocata nel 1124 dallo stesso Callisto II, venne riconfermata da Onorio II nel 1128.
I contrasti si fecero più aspri dopo il 1131, quando Nonantola chiese aiuto ai vicini Bolognesi. Iniziò così una crisi gravissima per il Comune modenese, che in quegli stessi anni perse anche il suo vescovo. Infatti D. morì dopo il 27 maggio 1134, giorno in cui compì il suo ultimo atto. Al suo posto, in novembre, operò un preposto e soltanto il 14 ag. 1136 risulta eletto un nuovo vescovo nella persona di Ribaldo.
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