DIVISMO
Fenomeno legato alla diffusione del cinema e alla connessa popolarità degli attori protagonisti (divi) che li rende, presso il grande pubblico, oggetto di fanatica ammirazione. Portando l'attore in primo piano e trasformandolo in un elemento di fascinazione e di adorazione, il d. ha contribuito al successo del cinema.
Generatore di mitologie, il d. cinematografico è situato da E. Morin "in una zona mista e confusa, tra fede e divertimento... In altre parole il fenomeno... è a un tempo estetico e magico-religioso, senza mai essere, se non al limite estremo, l'uno e l'altro completamente". Il sociologo e antropologo francese, anziché considerarlo "come un'isola di ignoranza, di infantilismo e di religiosità in seno a una civiltà moderna di tipo essenzialmente razionale", reputa che "siano stati proprio gli sviluppi della modernità, cioè della vita urbana e borghese, a creare e ad alimentare i miti del divismo".
Estraneo ai primordi del cinema, il d. viene adottato dalla nuova industria nella seconda metà del primo decennio del 20° secolo, sulla falsariga della tradizione teatrale. Gli storici sono discordi nell'attribuire la paternità dell'iniziativa a questo o a quel paese, comunque la valorizzazione, a fini commerciali, di attori e attrici scritturati in esclusiva valse ad assicurare effettivi elementi di richiamo nei confronti del pubblico, a ridurre i rischi delle imprese e ad agguerrire la concorrenza tra le varie case produttrici.
Plasmati da una complessa orchestrazione di competenze, i divi hanno subordinato alla relativa fissità della loro maschera i caratteri dei personaggi rivestiti, determinando procedure produttive, lo star system, che si fondano sulla priorità dell'attore nell'ordine dei fattori mobilitati per conseguire il successo. Ricca e diversificata, la tipologia divistica ha rispecchiato e rispecchia i mutamenti del costume, la psicologia delle masse, i desideri delle moltitudini, l'inconscio collettivo, i modelli di comportamento proposti dalla società. Parimenti, il d. è stato sempre alimentato da un sistema di sollecitazioni facenti capo alla stampa, alla radio, alla pubblicistica specializzata e per amatori, ai circoli di fans, strumenti attraverso i quali si suscita la curiosità attorno alla vita privata dei divi e ai film da essi interpretati.
Avversato dai cineasti che, dopo il 1917, rivoluzionarono il cinema russo, ebbe successivamente una blanda versione nelle repubbliche socialiste; e anche il neorealismo italiano non ha potuto farne a meno, nonostante la guerra dichiarata alle convenzioni e a tutto ciò che cristallizzasse la creatività. Se sino agli anni Quaranta le divinità dello schermo furono spiritualizzate o incarnarono una prepotente venustà fisica, eccezionali doti di seduzione e aspirazioni irraggiungibili dall'uomo della strada, nel secondo dopoguerra sono state accorciate molte distanze e ha avuto il definitivo sopravvento un registro più prossimo all'esperienza comune: J. Dean e M. Monroe sono stati gli emblemi di un rinnovamento profondo e di un nuovo corso ancora in atto. Benché intramontabile, tuttavia, il d. cinematografico è stato insidiato dall'analogo fenomeno televisivo e sconfitto dalla maggior popolarità che si sono conquistati i cantanti di musica leggera e gli idoli del rock.
Bibl.: G.C. Castello, Il divismo, Roma 1957; F. Alberoni, L'élite senza potere, Milano 1973; E. Morin, I divi, trad. it., ivi 1977; C. Sartori, La fabbrica delle stelle-divismo, mercato e mass media negli anni 80, ivi 1983; G. Aristarco, Il mito dell'attore, Bari 1983; G. Grazzini, Addio alle dive, in Le dive, ivi 1985.