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divenire

di Giovanni Aquilecchia - Enciclopedia Dantesca (1970)
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divenire [divegna, cong. pres. III singol.; in Vn XXVI 5 3 la forma latineggiante deven]

Giovanni Aquilecchia

Il verbo è abbastanza frequente nell'opera poetica di D.; ricorre invece solo nove volte nelle prose. La varietà di significati rientra in quella rilevabile nella lingua del Duecento.

Quello di " diventare ", " farsi " (passare da un modo di essere ad altro diverso) è il significato più ricorrente, rimasto proprio alla lingua di oggi. Seguito o preceduto dal complemento predicativo, indica mutamento sostanziale o accidentale, sia di esseri animati che di oggetti. È questo il senso prevalente nella Commedia: If XX 41 Vedi Tiresia, che mutò sembiante / quando di maschio femmina divenne, / cangiandosi le membra tutte quante; Pg II 9 le bianche e le vermiglie guance / ... de la bella Aurora / per troppa etate divenivan rance; XIV 139 Io sono Aglauro che divenni sasso; Pd XXX 90 mi parve / di sua lunghezza divenuta tonda (detto dell'onda luminosa formata dai beati nell'Empireo). Talvolta il verbo è accompagnato dall'aggettivo di qualità: If XXXIV 27 Io non mori' e non rimasi vivo; pensa oggimai per te... / qual io divenni, d'uno e d'altro privo. Nell'uso delle prose e delle Rime il verbo indica per lo più mutamento di aspetto fisico come riflesso di stato d'animo mutato (Vn XXII 6 Vedi questi che non pare esso, tal è divenuto!), ovvero senz'altro mutamento di condizione morale (Vn XIX 9 36 e qual soffrisse di starla a vedere / diverria nobil cosa, o si morria). Cfr. ancora Vn IV 1, XI 3, XIX 6 10, XXII 9 4, XXIII 27 71, XXVI 5 3, XXXIII 8 22; Rime LXVIII 18, CXVI 46, Rime dubbie XIX 5; Cv III VII 4, XV 13, IV Le dolci rime 61 che vil uom gentil divegna (ripreso in X 2, XIV 1 e 3), XXV 5 e 6; If XVII 88, XXIV 102, XXV 70, 75 e 136, XXVI 98, XXX 4 e 38, XXXIV 22 e 91, Pg II 9, VI 27, XXV 61, XXVI 62, XXVII 14, XXXIII 39, Pd XIII 62, XXII 57, XXVII 13, 14 e 50; Fiore CXXIX 6.

Vale anche " pervenire ", " giungere ", significato con cui il verbo ricorre tre volte, sempre nella Commedia, senza dichiarazione esplicita del luogo donde il soggetto muove: If XIV 76 Tacendo divenimmo là 've spiccia / fuor de la selva un picciol fiumicello; XVIII 68 con pochi passi divenimmo / là 'v' uno scoglio de la ripa uscia; Pg III 46 Noi divenimmo intanto a piè del monte.

Per " avvenire ", " accadere ", si hanno tre sole occorrenze, di cui due nello stesso capitolo della Vita Nuova: XV 3 propuosi di dire certe parole, ne le quali... ponesse anche di quello che mi diviene presso di lei, e 7 ne la seconda [parte] dico quello che mi diviene per andare presso di lei. Cfr. anche Rime dubbie XXX 19 Similemente divien tutto giorno / d'uom che si fa adorno / di fama.

Come " derivare " ricorre solo in Rime dubbie XIX 7 (dove, come nota il Contini, va rilevato l'equivoco rispetto al diven del v. 5): ch'alcun gioioso diven per amare, / e altri amando languisce sovente: / se ciò diven d'Amor nol so pensare. V. ADDIVENIRE; AVVENIRE; DIVENTARE; VENIRE.

Vocabolario
nevrotiżżazióne
nevrotizzazione nevrotiżżazióne (o neurotiżżazióne) s. f. [der. di nevrotico]. – Il divenire nevrotico.
ridivenire
ridivenire v. intr. [comp. di ri- e divenire2] (coniug. come divenire; aus. essere). – Lo stesso che ridiventare.
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