DISTIMIA (dal gr. δυς- "male" e ϑυμός "animo")
Le distimìe sono psicosi nelle quali il nucleo fondamentale del quadro morboso è costituito da un'esagerazione straordinaria del tono affettivo, o nel senso della gaiezza, del benessere, dell'ottimismo (v. mania), o nel senso del malessere, della tristezza, del pessimismo (v. melanconia); oppure ora in un senso ora nell'altro, a periodi diversi. Se il caso è lieve, le altre funzioni psichiche non patiscono che modificazioni assai piccole; se invece la malattia è grave, l'ideazione, la critica, la volontà e persino la percezione restano trascinate e travolte dal turbamento degli affetti.
Le due sindromi, della mania e della melanconia, sono note dalla più remota antichità. Durante il rinascimento della psichiatria, le diagnosi di mania e di melanconia erano assai più frequenti che non oggi; a misura poi che s'è riconosciuto che questi quadri psicopatici possono comparire come sindromi passeggere o durevoli nei diversi processi morbosi, definibili con altri criteri e altrimenti denominati, il gruppo delle distimie o psicosi affettive s'è venuto spogliando da questi casi spurî e la denominazione di mania o melanconia è rimasta per i casi in cui lo squilibrio affettivo, con le sue conseguenze sugli altri processi psichici, costituisce tutto il quadro morboso. Poiché tale squilibrio, duri settimane, mesi o anni, è transitorio, e finisce col ritorno a condizioni normali, senza difetto psichico, si è con ciò stabilito il criterio differenziale fra le distimie e le altre psicopatie in cui possono presentarsi, in forma più o meno tipica, le sindromi della mania e della melanconia.
Già nell'antichità s'era riconosciuto che la mania e la melanconia hanno tendenza a ripetersi e anche ad alternarsi negli stessi individui; e queste vicende distimiche furono battezzate in tempi moderni come mania periodica, melanconia periodica, pazzia circolare o a doppia forma. Questa tendenza alla ripetizione e all'alternativa, indipendentemente dall'influenza degli avvenimenti esterni, fu considerata da B. A. Morel e da J. J. Magnan come indice della natura costituzionale e degenerativa della malattia; e la frequenza degli accessi come proporzionale al grado di questa degenerazione. Un tentativo di Krafft-Ebing di distinguere forme semplici, non degenerative, di mania e di melanconia, dalle forme periodiche, che sole avrebbero un valore degenerativo, trovò per qualche tempo molto credito, ma poi fallì per l'impossibilità di tale diagnosi differenziale e per la fallacia delle previsioni di fronte a una prima crisi; E. Kraepelin, ritornando alle vedute del Morel e del Magnan, riunì tutte le distimie sotto l'insegna della psicosi maniaco-depressiva, che comprende in questa infelice denominazione bifronte anche i casi dove lo squilibrio psichico non si manifesta che con rari accessi separati da più decennî d'integrità mentale o addirittura con un solo accesso. Perciò sembra più adatta e meno compromettente la denominazione di distimia o di psicosi affettiva. Si deve senza dubbio riconoscere che nella maggior parte delle distimie è in giuoco un fattore costituzionale e degenerativo, ma non perciò si può negare che vi siano psicosi affettive che sorgono indipendentemente dalla costituzione per processi svariati, sopraggiunti specialmente sul declinare della vita. Giustificato in questo senso è il distacco d'una melanconia involutiva, già fatto e poi rinnegato dal Kraepelin; ma si potrebbe pervenire a distinzioni di più chiaro significato patogenetico, isolando le distimie, a preferenza quelle in forma melanconica, che si manifestano, senza precedenti e tardivamente, per basedowismo, glicosuria, squilibrî della senilità. Vanno pure tenute a parte le forme di temperamento ipomaniaco e di malumore costituzionale, in cui la distimia perde il suo carattere accessuale. Si tenga presente che anche nei normali, per azioni tossiche d'ogni genere, si possono presentare squilibrî affettivi nelle tipiche forme delle distimie, sia pure a scartamento ridotto, e anzi le sindromi distimiche si presentano pure nelle più diverse malattie mentali, siano esse d'indole funzionale o derivino da intossicazioni o da cerebropatie a tipo distruttivo. Ciò dimostra che le oscillazioni affettive, possibili in ogni normale, rappresentano un eccesso di reazione di fronte a cause morbigene; e anzi di tutte le reazioni a stimoli morbosi, le distimie sono le più comuni. Ciò posto, nulla ci può garantire l'unità patogenetica delle distimie, e si deve ammettere la possibilità di psicosi a tipo melanconico o maniaco o circolare (ciclotimico) anche quando non c'è alcuna disposizione costituzionale o ereditaria alle distimie.