dispregiare (disprezzare)
Delle due forme (entrambe usate senza distinzione dagli scrittori dell'epoca), nelle opere di D. appare in assoluta prevalenza la prima (di origine francese), a partire da Vn XXXII 6 12 e dispregiar talora questa vita, sia in prosa (Cv I II 5, IV 4, X 11, XI 1, 17 e 20, IV I 5) sia in poesia (If XI 111, Pg VIII 132, XXII 87 e 147); mentre la seconda è attestata soltanto da Cv III XIV 8 E perché di questi parliamo, quando troviamo li altri che per questi pensieri la loro vita disprezzaro, sì come Zeno, Socrate, Seneca, e molti altri? Il significato è " tenere in bassa (o nessuna) considerazione " cosa o persona, considerandola priva di pregio o valore; qualche volta, come nell'esempio prima citato e in Pg XXII 147 dispregiò cibo e acquistò savere, nell'accezione meno intensa di " mettere a non calere " (secondo la spiegazione implicita che D. dà del vocabolo in Cv III XIV 8), negli altri casi con senso decisamente peggiorativo. V. anche SPREGIARE.