disprassia verbale
Disturbo del sistema nervoso centrale che comporta difficoltà di programmazione dei movimenti articolatori necessari alla produzione dei suoni, difficoltà di articolarli insieme e di ordinarli nella giusta sequenza per formulare parole e frasi. Esistono una d. v. primaria e una secondaria ad altri disturbi, come le paralisi cerebrali infantili. Nel primo caso, non esiste una causa conosciuta, tuttavia è accertato che la d. v. non è dovuta a deficit, ad altri danni delle vie motorie centrali che controllano il movimento o ad anomalie dell’apparato fonoarticolatorio. L’esame neurologico, le funzioni sensoriali e il livello cognitivo appaiono nella norma. La d. v. si colloca spesso all’interno di un quadro di disprassia generalizzata, un disturbo dell’organizzazione del movimento che coinvolge la capacità di rappresentazione mentale di un’azione volontaria e di pianificazione degli atti sequenziali necessari alla sua esecuzione. Nella classificazione dei disturbi specifici del linguaggio, la d. v. è inclusa nei disturbi espressivi e ne rappresenta il sottotipo più grave.
Il bambino piccolo con d. v. può presentare: riduzione della lallazione e dei vocalizzi tipici per l’età; ritardo di comparsa delle prime parole, che vengono inoltre pronunciate in maniera distorta, tanto da renderle inintelligibili. L’inventario dei suoni appare ridotto, rispetto a quanto atteso per l’età, e l’incremento del repertorio è molto lento, faticoso e spesso non segue lo stesso iter di acquisizione dello sviluppo tipico: alcuni suoni, che nello sviluppo tipico compaiono precocemente, nel bambino disprassico sono più tardivi e viceversa. Il bambino, a causa della d. v., ha difficoltà nella pianificazione dei gesti articolatori e quindi ricerca lentamente il punto e il modo di articolazione di ogni singolo fonema. Ne consegue una difficoltà nel passaggio dal suono alla sillaba e, successivamente, alla parola e una tendenza a semplificare le parole o a scegliere quelle che sa pronunciare meglio. Il risultato è un linguaggio molto povero e con numerosi errori, tipo omissioni, sostituzioni, distorsioni; gli errori aumentano all’aumentare della lunghezza della parola o dell’enunciato. Difficoltà importanti si evidenziano nel passaggio alla costruzione della frase, per cui possono permanere a lungo disturbi della sua pianificazione e scarsa prosodia. La comprensione verbale è adeguata all’età cronologica. Alla d. v. può associarsi, ma non costantemente, una disprassia orale con coinvolgimento dell’apparato buccofonatorio, che comporta difficoltà di controllo della salivazione (scialorrea), scarsa motilità della lingua, difficoltà di masticazione o di deglutizione. È possibile inoltre riscontrare il fenomeno della dissociazione automatico-volontaria: il bambino disprassico riesce a realizzare i movimenti della zona buccofonatoria in maniera automatica, ma può non essere capace di riprodurli su richiesta; per esempio protrude normalmente la lingua per leccare un gelato, ma ha difficoltà a farlo se gli viene chiesto, in assenza di gelato. Ciò può avvenire anche nel linguaggio: parole molto familiari, automatizzate, sono più facili da riprodurre di quelle su richiesta o su ripetizione. La diagnosi differenziale deve essere posta con la disartria, in cui sono ridotte la forza e la capacità di coordinazione della muscolatura buccofonatoria, e con il disturbo fonologico severo. In entrambi i casi non c’è differenza fra la produzione verbale spontanea o dietro richiesta.
Il trattamento della d. v. prevede una logoterapia specifica. Il percorso è lungo e articolato in diverse fasi. Il primo obiettivo, per lo sviluppo di un corretta espressione verbale in un soggetto con d. v., è quello di costruire una rappresentazione del gesto fonoarticolatorio, fin dal programma motorio che lo costituisce. Sono utili in questa fase tecniche per visualizzare i movimenti articolatori, come l’uso di immagini o gesti. L’utilizzo di questi supporti rinforza i processi di memorizzazione e di recupero delle corrette sequenze articolatorie. Successivamente sarà importante ampliare il repertorio di suoni e sillabe prodotti, per riuscire infine a coarticolarli in sequenze corrette per la produzione di nuove parole. Un’attenzione particolare deve essere dedicata alla prosodia, con esercizi mirati al recupero della capacità di modulare i suoni e produrre enunciati melodiosi. Nei casi più gravi potrebbe rendersi necessario il ricorso a forme alternative di comunicazione, come la lingua dei segni. Quando la d. v. si associa a disprassia orale, vengono proposti anche esercizi specifici per potenziare l’apparato fonatorio e gli organi deputati all’articolazione. Senza una riabilitazione precoce e specifica, un ambiente familiare che tenga presenti le esigenze emotive del bambino e un contesto scolastico stimolante dell’apprendimento, il disturbo tende a permanere, comportando un disagio che a lungo termine può esporre il bambino ad ansia, scarsa fiducia nelle proprie capacità e a disturbi dell’apprendimento scolastico.