DISPOSITIVO MOBILE
Definizione e diffusione. Telefonia. Altri dispositivi. Bibliografia
Definizione e diffusione. – Per d. m. si intende, in generale, qualsiasi dispositivo dotato di comunicazione wireless in grado di accedere alle funzioni di rete, come navigare sul web, consultare la posta elettronica e interagire con i social network (v.), per es. un telefono cellulare, uno smartphone o un altro strumento (spesso multimediale). Poiché la chiamata vocale oggi può essere mediata da un applicativo, questa funzione non è più prerogativa esclusiva dei cellulari, ma estendibile a ogni d. m. dotato di interfacce audio di input/output, come i tablet. A questa fascia, dal 2013 si è aggiunta una nuova generazione di d. m. con funzioni più limitate e specifiche, detti indossabili (come braccialetti, orologi e occhiali), dotati spesso di sensori dedicati, che costituiscono una nuova appendice complementare alle funzioni base di un d. m. centrale con cui comunicano.
I d. m., unitamente al sistema di comunicazione che li supporta, costituiscono una tecnologia che ha soppiantato il mercato precedente, quello delle classiche telecomunicazioni fisse, aprendone uno completamente nuovo. L’enorme impatto avvenuto in circa due decenni è stato paragonato a quello della trasmissione elettrica e dell’illuminazione moderna, a cavallo tra Ottocento e Novecento. Tuttavia un confronto più calato nella contemporaneità potrebbe essere invece quello di interpretarlo come una disruptive technology, vale a dire una tecnologia che, sebbene inizialmente non competitiva, è cresciuta poi con un ritmo esponenziale di visibilità e affidabilità, tale da conquistare aree di mercato detenute da grandi concorrenti affermati; una caratteristica, questa, che accomuna diversi prodotti e servizi dell’area digitale (le e-mail, il web, i social network ecc.).
Dal punto di vista storico, la rivoluzione della telefonia mobile è avvenuta in seguito a due fattori chiave concomitanti. Il primo è stato quello dell’installazione e regolarizzazione di una cellular network, ossia di un’infrastruttura a celle capace di supportare il traffico in mobilità sul territorio, mentre il secondo è stato la realizzazione di dispositivi leggeri adatti a comunicare in una rete siffatta. Questa considerazione sullo sviluppo della telefonia mobile potrebbe apparire banale, ma lo è diventata soltanto a posteriori, in quanto nel contesto tecnologico in cui tale sviluppo è avvenuto il fattore significativo è determinato dal fatto che la telefonia mobile è stata in grado di superare altri sistemi di comunicazione paralleli, progettati negli anni Ottanta del secolo scorso, come quello della rete satellitare che, se avesse prevalso, molto difficilmente avrebbe permesso di mantenere i costi, le dimensioni e le funzionalità della maggior parte dei d. m. attuali. È stato quindi grazie alla rete cellulare che il d. m. si è collocato oggi al primo posto tra gli strumenti tecnologici di uso quotidiano, per quanto riguarda la diffusione. Non soltanto in molti Paesi del mondo occidentale ha superato il numero degli abitanti, ma appare come l’unico dispositivo in grado di sconfiggere il digital divide (divario digitale), considerata la sua massiccia presenza anche in molte regioni africane, dove mancano, o sono scarsamente presenti, servizi ben più importanti, come quelli igienici, o gli elettrodomestici e l’elettricità.
Telefonia. – A differenza delle altre tecnologie disruptive, nate in piccole garage-companies, il telefono mobile è stato progettato in ambito industriale, e non artigianale, grazie alla collaborazione da parte di Motorola, già leader dei dispositivi radio delle autovetture, e Bell Labs. La prima telefonata fu effettuata da un ingegnere della Motorola, Martin Cooper, che il 3 aprile 1973 chiamò un collega della Bell Labs attraverso un telefono prototipale pesante 1,1 kg e lungo 23 cm, che rappresentava una sorta di evoluzione dei radiophone diffusi fin dagli anni Cinquanta-Sessanta nei circuiti di pubblica sicurezza e in alcuni circuiti pubblici, per es. in dotazione ai taxi. La differenza sostanziale consisteva nella miniaturizzazione, per l’epoca, delle dimensioni, del peso e soprattutto del consumo energetico (supportato in precedenza dal motore automobilistico che caricava la batteria), oltre che nelle nuove modalità di comunicazione che la Bell Labs stava elaborando dalla fine degli anni Sessanta (la prima rete a ‘celle’ era denominata AMPS, Advanced Mobile Phone System).
Dieci anni dopo, la stessa rete (ridefinita di prima generazione o 1G) fu effettivamente commercializzata come infrastruttura comunicazionale del primo cellulare venduto sul mercato, il Motorola DynaTAC, un dispositivo che comunicava in modalità analogica e non possedeva ancora alcuna funzione per trasmettere contenuti testuali. Fu necessario attendere il 1992 per assistere al primo cambiamento epocale della comunicazione cellulare, il passaggio a modalità digitali della rete di seconda generazione, o 2G (implementata in Europa come GSM, Global System for Mobile communications), che avrebbero permesso l’utilizzo di nuovi servizi, come lo scambio di SMS (Short Message Service) e attività ludiche di game-playing. Il telefono, a questo punto, mutò d’aspetto: dall’habitus convenzionale di uno strumento esclusivamente funzionale, monocolore (spesso nero) e poco elegante, assumeva una connotazione fashion: quella di un gadget che stava entrando nel mercato degli accessori di moda (nel 1998 il telefono Nokia 5110 vinse il primo premio come Accessory of the year award 1998).
Con l’avvento del nuovo millennio, si è assistito a un ulteriore passo in avanti. Nel 1999 diventò operativo il protocollo WAP (Wireless Application Protocol), tramite il quale era possibile da tecnologia mobile accedere a micrositi web (ossia siti web realizzati ad hoc e con qualità grafiche e funzionalità più limitate), mentre in Giappone si sviluppò una tecnologia più avanzata, detta i-mode, con la quale era possibile accedere anche alle e-mail. Ma per poter allineare i
d. m. con il PC, consentendo l’interazione con il web, fu necessario attendere il biennio 2002-03, durante il quale fu attivato in Europa il nuovo protocollo di terza generazione (3G), che permetteva in maniera molto più agevole la navigazione in rete e lo sfruttamento effettivo della multimedialità, grazie anche a un notevole aumento della velocità di connessione. L’incremento delle prestazioni venne contemporaneamente accompagnato da un aumento della qualità ergonomica, con l’introduzione di schermi grafici a colori (come quello dell’N-gage della Nokia, che rappresentava il primo tentativo di ibridazione tra le microconsole dei giochi e la telefonia), di tastiere estese (come quelle del RIM BlackBerry) e di fotocamere di bassa qualità (Sanyo SCP5300). Il mondo della telefonia s’integrava con quello dei PAD (Personal Digital Assistant), per dar luogo a uno strumento multifunzionale chiamato smartphone.
Nasceva quindi una nuova convergenza, impossibile da prevedere soltanto pochi anni prima, tra due tecnologie nate in ambito indipendente (il web e i d. m.), grazie alle quali la comunicazione finiva per essere intrappolata in un’unica piattaforma (favorita da una standardizzazione della componentistica), dove sfumava il concetto stesso di identità di un oggetto (basata classicamente su una statica e stretta correlazione tra dispositivo, servizio e contenuti). Questi protocambiamenti crearono un effettivo statuto del mercato nel giugno del 2007, quando fu lanciato l’iPhone della Apple. Steve Jobs, allora CEO (Chief Executive Officer) della società di Cupertino, ebbe l’intuizione d’integrare l’asset musicale degli iPod con quello della telefonia, facendoli convergere in un layout e in un’esperienza di usabilità simili a quelli dei primi PAD touch-screen, lanciati dalla stessa Apple quindici anni prima, in anticipo sui tempi. Con l’iPhone nacque l’era vera e propria degli smartphone per il mercato dei consumatori, che veniva in questo modo unita di fatto alla fascia business, anticipata dal BlackBerry cinque anni prima.
Dopo il 2007 i d. m. hanno incentrato il loro ruolo sempre più sulla mobilità – supportandola con un kit di protocolli di comunicazioni wireless come Bluetooth, Wi-Fi (Wireless Fidelity), GPS (Global Positioning System), integrati con la rete dati – e meno sulla voce, per riuscire a soddisfare un’esigenza d’interazione del soggetto con l’ambiente (fisico e virtuale) che oltrepassi la necessità di parlare con qualcuno. La dimensione bidirezionale della comunicazione vocale ha lasciato a questo punto spazio ad altri servizi monodirezionali, come l’ascolto della musica, la lettura di news e di e-mail, la ricerca geografica di vie e luoghi di interesse, oppure asincroni, come l’interazione con i social network e altre attività più ludiche, per es. i giochi, spesso anch’essi sociali. La prerogativa dei d. m. è diventata in questo modo quella di costituire un involucro polifunzionale in grado di adattarsi alle necessità specifiche del momento e del luogo. Un nuovo fenomeno è stato quello dell’interazione in mobilità con i social network, in particolare con Facebook. Diffondendo l’abitudine di corredare un post (messaggio testuale pubblicato on-line) con un contenuto multimediale, trovato in rete, o realizzato al momento grazie alla videocamera del dispositivo, la dimensione della mobilità ha creato un nuovo ambiente multimediale, dove il soggetto è immerso sia nello spazio virtuale d’interazione con gli interlocutori, sia in quello fisico dell’ambiente che lo circonda, rendendo altresì difficile l’assegnazione di una gerarchia tra il primo e il secondo (phisical andvirtual global networking).
Negli ultimi anni, l’evoluzione dei dispositivi è stata soggetta a un aumento graduale dell’efficienza hardware/ software, comprese videocamere, modem e altri sottodispositivi di complemento, caratteristiche che, insieme a un uso multimediale più diffuso, hanno generato una maggiore richiesta di dati e velocità, incentivando il passaggio dalla rete 3G a quella 4G, lanciata nel 2012. Quest’ultima è caratterizzata da una trasmissione ad ampia larghezza di banda, capace di emendare in formula unica un’ampia gamma di servizi mobili: accesso al web, telefonia IP (Internet Protocol), servizi e attività di gioco, televisione ad alta definizione, videoconferenze, cloud computing (offerta di servizi informatici) e altri. Per la prima volta, a meno di politiche dei costi, la rete mobile è entrata in una dimensione competitiva, in quanto a velocità e performance, rispetto alla rete domestica e dei servizi lavorativi: un carattere che contribuirà ulteriormente a fondere nuovi settori e crearne nuovi. La fase 4G dovrebbe sviluppare un maggiore impatto sociale dei d. m., in particolare nei settori pubblici, come quello dell’assistenza remota alla salute e agli anziani, per es. nei casi di esigenza di monitoraggio continuo di malattie croniche. La possibilità di effettuare pagamenti con la rete mobile ne ha accentuato l’uso negli Stati Uniti in favore di donazioni, in particolare nel caso di calamità naturali. Questo fronte di vantaggi deve però fare i conti con l’impatto ambientale che le reti mobili sono costrette ad affrontare: la diffusione del servizio ha infatti provocato la crescita di torri e antenne di ripetizione, sempre più diffuse e potenti, e spesso invadenti dal punto di vista sia architettonico sia della salute pubblica a causa dell’incremento delle radiazioni procurate dagli intensi campi elettromagnetici, un aspetto che riguarda sia gli esseri umani, sia il mondo animale, in particolare la fauna aviaria, e che potrebbe intensificarsi, se non opportunamente regolamentato.
Altri dispositivi. – Una branca di d. m. ha aperto un nuovo percorso a partire dal 2010, anno del lancio dell’iPad da parte della Apple. Si tratta dei tablet, dispositivi che apparentemente nel momento della loro prima diffusione non offrivano nulla di nuovo dal punto di vista tecnologico, riprendendo soltanto le funzionalità degli smartphone in una veste di maggiori dimensioni (7 o 10 pollici, quando la dimensione media di un cellulare era di 4 pollici). Il nuovo segmento può essere semplicemente visto come un’abile operazione commerciale, che duplica alcune funzionalità usate in precedenza più marginalmente (come la consultazione di notizie e album fotografici, la visione di videoclip, la scrittura di e-mail e di brevi documenti), rendendole più facilmente fruibili in uno strumento di dimensioni ergonomicamente più adeguate. Gli effetti sotterranei del mercato dei tablet sono stati però altri: poiché il dispositivo è stato proposto e venduto come d. m. secondario rispetto a quello primario della telefonia, è diventato un apripista esplorativo verso una serie di applicazioni (per es., nella domotica, nella sorveglianza, nel monitoraggio dell’ambiente, nella realtà aumentata) che nell’ambito degli smartphone restava no più nascoste.
La politica di scalabilità e di intercambiabilità della componentistica elettronica dei d. m., accresciuta dai tablet, ha altresì aperto l’accesso dal 2013 verso nuovi dispositivi di carattere più sperimentale, i cosiddetti indossabili (wearable devices): occhiali che sommano il campo visivo a una condizione di realtà arricchita di informazioni testuali e mappe, orologi (smartwatch) che possono essere usati per leggere le e-mail e gli SMS, braccialetti (smart wristband) che monitorano funzioni fisiologiche di base, come il battito cardiaco, l’energia consumata, le ore e la qualità del sonno. Ulteriori, audaci innovazioni riguardano il mercato della moda, con capi di abbigliamento realizzati con fibre ottiche che cambiano colore in funzione del contesto, per es. con il Sole o reagendo a un volume di suoni, oppure mutano disegno rispetto alla direzione di un osservatore, mediante opportune funzioni di tracciamento.
La crescente aspettativa nei confronti della tecnologia indossabile si può far derivare dal fatto che riprende un’idea tipica del design e dell’architettura della modernità, ossia la multifunzionalità dell’oggetto, applicata non più agli elettrodomestici o all’arredamento tecnologico, ma estesa dagli smartphone all’abbigliamento e agli accessori, settori questi ultimi in cui gli avanzamenti tecnologici sono stati tradizionalmente ritmati dalla chimica e dalla produzione di tessuti e materiali. Secondo un’altra chiave di lettura, la tecnologia indossabile potrebbe essere la piattaforma giusta per la diffusione dell’Internet of things, un concetto ormai decennale secondo cui ogni oggetto fisico dovrebbe dotarsi di un indirizzo virtuale, in modo da connettersi alla rete e al web. Fenomeni paralleli rendono oggi più fertile questo sviluppo: il clouding data, ossia la possibilità di raccogliere enormi quantità di dati in remoto e metterli a disposizione soltanto quando occorre; le piattaforme di app (v. applicazioni ed ecosistemi), piccoli programmi dedicati a funzioni specifiche, tra cui quelle di connessione tra dispositivi; gli intelligent personal assistants, come Google now, ossia sistemi in grado di organizzare i dati personali dell’utente e di classificarli rispetto alle esigenze quotidiane. Tutto ciò ha ovviamente un impatto rilevante sulle questioni che riguardano la salvaguardia della privacy o etiche in genere, come la libertà individuale e collettiva, accrescendo l’esigenza di una regolamentazione e di una legislazione che siano in grado sia di tutelare l’utente rispetto alle multinazionali del software, sia di avere un opportuno ritmo di crescita rispetto ai cambiamenti tecnologici.
Bibliografia: M.C. Christensen, The innovator’s dilemma, Boston 1997; G. Goggin, Cell phone culture: mobile technology in everyday life, London-New York 2006; A.H. Horst, D. Miller, The cell phone: an anthropology of communication, Oxford-New York 2006; J. Agar, Constant touch: a global history of the mobile phone, Cambridge 2013.