DISPLASIA (dal gr. δυς- "male" e πλάσσω "formo")
Si chiama così, in patologia, l'errore nello sviluppo formativo di un tessuto, di un organo, di un sistema organico, con deviazione della forma definitiva normale (e conseguentemente, spesso, anche della funzione), per qualità, per difetto o per eccesso (v. Malformazione; teratologia).
Più particolarmente riferita a processi patologici cellulari, la displasia è intesa come fatto malformativo del tessuto, da altri anche detto alloplasia embrionale, o eteroplasia, che spiega il meccanismo delle produzioni eteroplasiche. Così, per esempio, dovendo escludere un fenomeno di metaplasia, in cui non tutti convengono, le formazioni riparative o neoplastiche a epitelio piatto, corneo, polistratificato, che insorgono da una mucosa a epitelio cilindrico (cistifellea, vescica, ecc.) sarebbero displasiche nel senso d'una loro origine da isole di epitelî planicellulari distopiche (o displasiche): uno stesso significato genetico viene da alcuni attribuito agli amartomi e ai coristomi.
Bibl.: N. Ph. Tendeloo, Allgemeine Pathologie, Berlino 1925.