disfare
Verbo non molto frequente, adoperato però - nelle Rime, nel Convivio e nella Commedia - con notevole varietà di costrutti. Si trova anche al participio, attributivo o predicativo.
È l'opposto di ‛ fare ', cui spesso si contrappone: tipico - nel senso appunto di " distruggere ", " annientare ", riferito alla vita umana - il verso nel quale Pia senese compendia la sua esistenza (Siena mi fé, disfecemi Maremma, Pg V 134), o il tu fosti, prima ch'io disfatto, fatto (If VI 42), " tu nascesti prima che io morissi ", che Ciacco adduce a giustificare la speranza di essere riconosciuto da Dante. Analogamente per la turba degl'ignavi, sì lunga tratta / di gente, da superare ogni ipotesi che morte tanta n'avesse disfatta (III 57; anche nel Boccaccio: " Partissi adunque il Saladino ... con grandissimo animo, se vita gli durasse e la guerra... nol disfacesse ", Dec. X 9 39); Rime CVI 76 che hai tu fatto, / cieco avaro disfatto? (si noti il participio con valore attributivo), dove il Contini osserva che ‛ disfatto ' è " parola dantesca precisa per ‛ distrutto dalla morte ' ", e rimanda al tempo che mi sface di Rime LXVII 9. Nella stessa accezione, ma tendente al figurato, in altri due luoghi delle Rime: LXXXIX 10 Destinata mi fu questa finita [questa " morte ", provocata dal guardare gli occhi della bella pargoletta del v. 2] / da ch'un uom convenia esser disfatto, / perch'altri fosse di piricol tratto (Barbi-Pernicone rimandano a Ioann. 11, 50 " expedit vobis ut unus moriatur homo pro populo ", riecheggiato anche in If XXIII 115-117), e CXVI 53: la ferita [d'Amore] / che mi disfece è quella da cui il poeta fu " colpito mortalmente " (Contini).
Un po' diverso il caso di Pg XXIV 87: per il corpo di Corso Donati, che il cavallo, la bestia, nella sua corsa inver' la valle ove mai non si scolpa (v. 84) lascia... vilmente disfatto, " concussum et cruentatum " (Benvenuto), non importa tanto stabilire se si tratti già di un cadavere (" rimase il corpo suo morto e disfatto ", dice l'Anonimo, ripreso poi dal Tommaseo; " fu... strascinato per terra, e finalmente da coloro che lo perseguitavano sopragiunto e morto ", Daniello; nello stesso modo intendono il Venturi e l'Andreoli), quanto rilevare che il participio, in forza anche dell'avverbio che l'accompagna, evoca l'immagine precisa del corpo " ignobilmente massacrato " dalla lunga corsa (Scartazzini-Vandelli; ma il Landino: " perché di lui non rimase se non infamia "; e cfr. anche il Rossi: " ignominiosa la fine del corpo, perché l'anima non s'è salvata "). Così anche in If XXII 63, a proposito di Ciampolo: Barbariccia... al maestro mio... / " Domanda ", disse, " ancor... / prima ch'altri 'l disfaccia ", ne " faccia strazio " (Chimenz), quasi lo " distrugga " con gli unghioni (v. 41) o con i raffi (XXI 52) di cui i diavoli sono armati.
Nell'ambito del figurato, tale ‛ distruzione ' è quella subita dall'innamorato, per opera di Amore cui la donna presta aiuto però che [l'amante] sospirando si disfaccia (Rime dubbie XVII 6; il verbo ha costrutto intransitivo pronominale); nel senso più attenuato di " demoralizzato ", " annichilito ", " delusum... infecto opere " (Benvenuto), disfatto, con valore predicativo, ricorre in If VIII 100. Il Buti mette qui in risalto il valore allegorico: " assai rimane disfatto chi comincia una opera, et elli sia abbandonato dalla ragione che il guida: imperò che non la può recare a perfezione ". Stranamente il Lombardi: " Disfatto, per ‛ disgiunto ' ".
Ancora figurato e intransitivo pronominale, ma in diversa accezione, in Cv IV XIII 16 (a commento di Le dolci rime 60 l'animo ch'è dritto e verace / per lor [delle ricchezze] discorrimento non si sface): l'animo... per loro perdita non si disface, " non perde la sua natura, la sua virtù " (Busnelli-Vandelli, che rimandano a Tomm. Sum. theol. I II 67 5 ad 3 " ille qui amittit pecuniam, non amittit possibilitatem habendi pecuniam: et ideo convenienter remanet habitus liberalitatis "; ma è forse preferibile la chiosa del Pazzaglia: " non s'accascia per la perdita delle ricchezze ").
Anche negli altri passi del Convivio d. ha valore figurato: IV XIV 14 Pognamo che ne la etade di Dardano de' suoi antecessori bassi fosse memoria, e pognamo che ne la etade di Laomedonte questa memoria fosse disfatta, " si fosse spenta "; di nuovo contrapposto a ‛ fare ', in III VIII 16 la biltade di quella [donna]... non solamente fa questo [cioè piove fiammelle di foco, / animate d'un spirito gentile / ch'è creatore d'ogni pensier bono: cfr. Amor che ne la mente 63-65], ma disfà e distrugge lo suo contrario... cioè li vizii innati; cfr. anche II VIII 3. In IV XIV 15 pur se volesse a la favola [di Dardano figlio di Giove] fermare l'avversario [" starsene alla favola ", Busnelli-Vandelli: cfr. la nota ad l.], di certo quello che la favola cuopre disfà tutte le sue ragioni, la consueta accezione di " distruggere " si precisa in quella di " confutare ".
Riferito alle famiglie, alle generazioni, vale " estinguersi ": udir come le schiatte si disfanno [" cioè... vegnano meno ", Buti] / non ti parrà nova cosa né forte, dice Cacciaguida (Pd XVI 76); e poco oltre il verbo ritorna (v. 109, al participio predicativo), con preciso riferimento a quei che son disfatti [" schiantati, distrutti ", Mattalia] / per lor superbia, gli Uberti e i Lamberti " allora potentissimi, ma poi odiati e dispersi " (Porena; cfr. If X 83-84, XXVIII 109). " Dino: Se battiamo un nostro fante, siamo disfatti (dicono i Ghibellini sdegnati della potenza del popolo) " (Tommaseo).