disegno intelligente
diségno intelligènte locuz. sost. m. – Nota anche come creazionismo evolutivo o creazionismo scientifico, il d. i. è una corrente di pensiero nata negli Stati Uniti, secondo cui l'universo e il mondo vivente possono essere spiegati ipotizzando l'intervento di una causa intelligente, una mente superiore che avrebbe realizzato una sorta di progetto. Questa causa superiore non necessariamente va identificata con il Dio delle Sacre scritture. Per il disegno intelligente la perfezione del mondo non può essere spiegata tramite una serie di eventi casuali, che si presentano senza alcuna regia o almeno un programma (come invece afferma la teoria neodarwiniana; v. neodarwinismo). A difesa di questa posizione, comunque, non sono state portate prove scientifiche, poiché i sostenitori del disegno intelligente si sono limitati a evidenziare le manchevolezze della teoria evoluzionista, senza peraltro riuscire a minarla. Da sottolineare il totale disaccordo con questa posizione manifestato dalla comunità scientifica, data l'assenza di qualsiasi prova a sostegno di un'origine soprannaturale della vita.
Dibattito filosofico. ‒ l’argomento del d. i. (dall’ingl. intelligent design), secondo il quale per spiegare unitariamente l’origine dell’universo e della vita si dovrebbe far ricorso a un’intelligenza creatrice e ordinatrice, trascendente ed extranaturale, è stato al centro di rinnovati dibattiti sul creazionismo tra la fine del 20° e l’inizio del 21° secolo. Benché le spiegazioni cosmologiche che rinviano a cause trascendenti e ad argomenti finalistici siano state criticate già nel 18° sec. da D. Hume e I. Kant con argomentazioni ritenute decisive, e malgrado i più recenti sviluppi delle teorie darwiniane largamente confermate dalla ricerca scientifica, nella cultura recente troviamo spiegazioni sistematiche dell’universo, che fanno ricorso a principi estranei al piano dell’esperienza, della scienza e dell’argomentazione. Veri e propri movimenti culturali creazionisti e antidarwiniani si sono diffusi nel mondo occidentale, a partire dagli Stati Uniti, basti pensare agli scritti di Ph. Johnson (Evolution as a dogma: the establishment of naturalism, in First things, 6, 1990, pp. 15-22), di A. Plantinga (When faith and reason clash: evolution and the Bible, in Christian scholar’s review, 21, 1991, pp. 8-32; Methodological naturalism? in Perspectives on science and christian faith, 49, 1997, pp. 143-154), di W. Dembski (con M. Behe, S. Meyer, Science and evidence for design in the universe, 2000; Intelligent design: the bridge between science & theology, 2002; trad. It. 2007; Debating design: from Darwin to DNA, 2004). Significativo, in Italia, è stato il movimento di opinione accesosi fra 2002 e 2003 e la discussione sul volume di G. Sermonti, Dimenticare Darwin. Ombre sull’evoluzione (1999). Le tesi del d. i., che sostengono la necessità di un dio creatore, sono alternative e in contrasto con quelle del creazionismo scientifico, movimento cristiano che ritiene invece possibile confermare alla lettera il racconto biblico del Genesi sulla creazione del mondo. Si tratta, in entrambi i casi, di tesi affrontate con grande cautela dai movimenti cristiani meno fondamentalisti, in partic. dei cattolici. Dal versante cattolico infatti si è più volte sottolineato che l’improprio sconfinamento nel campo delle spiegazioni scientifiche finisce per autorizzare il trattamento in termini naturalistici dell’intelligenza creatrice, favorendo forme di teismo o di ateismo, invece di limitarsi a costatare l’assenza di argomenti scientifici definitivi a favore dell’evoluzione o della creazione. La ripresa di cosmologie fondate sulla necessità di un ente creatore, appoggiata anche da forze politiche in parte identificabili con il movimento teocon, ha avuto importanti ripercussioni – specialmente negli Stati Uniti e in alcuni paesi cattolici – nel dibattito sull’inserimento nei programmi scolastici delle tesi creazioniste. Queste sono state considerate insegnabili, alla stregua o addirittura in alternativa del darwinismo, non in quanto religiose, ma in quanto scientifiche (sulla polemica, R.T. Pennock, Intelligent design creationism and its critics, 2001; per una ricognizione completa del dibattito sul creazionismo, P. Dessì, Creazionisti all’assalto, in Rivista di filosofia, 95, 2004, pp. 93-121). Accanto alle tesi più radicali, che si spingono fino all’accettazione della cronologia biblica, sono emerse posizioni più liberali, come quelle del cosiddetto teismo evoluzionistico, in cui si propone l’integrazione del modello esplicativo evoluzionistico nel contesto dell’argomento del disegno (Ch. Southgate, God, humanity and the cosmos, 2005). Più rilevanti nel dibattito filosofico sono quei confronti che hanno visto fautori del teismo avanzare la tesi dell’incapacità della scienza di fornire una spiegazione sistematica, unitaria e convincente dell’universo e, specialmente, dell’origine dei viventi. Si è sottolineato che spiegazioni scientifiche dell’origine dell’universo, come quella del big bang, rinviano alla ricerca di una causa precedente, e che da esse derivano ricostruzioni lacunose dell’evoluzione giunta fino ai giorni nostri. Sollevando questo tipo di obiezioni si sono indicati una serie di momenti del processo cosmico in cui il passaggio dalle realtà inferiori a quelle superiori non potrebbe essere spiegato dal principio evoluzionistico del consolidarsi delle forme di vita in grado di adattarsi alle condizioni ambientali; sarebbe invece necessario l’intervento di qualche causa trascendente, che governa la trasformazione e realizza un risultato che segna la presenza di una realtà ontologicamente, categorialmente e qualitativamente superiore (si veda, per es. H. Küng, Der Anfang aller Dinge. Naturwissenschaft und Religion, 2006, trad. it.; Facchini, L’avventura dell’uomo. Caso o progetto?, 2006). Questo tipo di difficoltà, propria dei dati forniti dalle scienze, riguarderebbe vari momenti e in particolare il passaggio dalla materia inerte a quella in movimento, il passaggio dalla materia non vivente a quella vivente e il passaggio dalle specie viventi inferiori a quelle superiori, in particolare la specie umana (per questo tipo di obiezione al quadro fornito dall’evoluzionismo scientifico, O. Franceschelli, Dio e Darwin. Natura e uomo tra evoluzione e creazione, 2005; La natura dopo Darwin. Evoluzione umana e saggezza, 2007). La tesi è che una concezione atea dell’universo, basata su una spiegazione naturalistica, sia intrinsecamente debole e rinvii di necessità a un intervento divino. Contro tali posizioni si è sostenuto che i punti denunciati come inattingibili dalle spiegazioni scientifiche e naturalistiche, siano invece del tutto spiegabili escludendo qualsiasi intervento divino. Questo il comune denominatore di tesi avanzate, pur da diverse prospettive, da D. Dennett in Darwin’s dangerous idea, evolution and the meanings of life (1995; trad. it. 1997) e in Breaking the spell, religion as a natural phenomenon (2006; trad. it. 2007), e da R. Dawkins in The God delusion (2006; trad. it. 2007), rinnovando, con il dibattito sul new atheism, un confronto che si riteneva esaurito dopo Kant, e che invece torna a dover essere sostenuto, nel clima di ripensamento delle acquisizioni dell’illuminismo e del positivismo che ha caratterizzato alcuni orientamenti filosofici del 20° secolo.