DISARMO
(XIII, p. 1; App. I, p. 518; II, I, p. 788; III, I, p. 494; IV, I, p. 595)
Durante gli anni Settanta furono raggiunte diverse intese in merito al controllo degli armamenti. L'11 febbraio 1971 venne firmato il Trattato sulla proibizione della dislocazione di armi nucleari e di distruzione di massa nei mari e negli oceani, ratificato al 1989 da 80 nazioni; con esso si vietavano anche strutture, poligoni sperimentali, installazioni di lancio, depositi e quanto altro potesse risultare utile a questo tipo di armi.
Successivamente (10 aprile 1972) fu sottoscritta da 110 nazioni la Convenzione sulle armi batteriologiche e tossiche, che ne proibiva lo sviluppo, la produzione, il deposito e l'acquisizione in qualsiasi altro modo. Il lento disgelo tra Est e Ovest (oltre all'avvio dei negoziati per la riduzione delle forze convenzionali in Europa nel 1973 a Vienna) portò all'accordo tra USA e URSS in merito alla limitazione dei sistemi antimissili balistici (ABM), consentendone solo due per nazione e permettendo, fatto assai rilevante, l'uso dei satelliti per la verifica.
Inoltre se ne vietava anche lo sviluppo, la sperimentazione e il dispiegamento in mare, terra, aria e spazio, proibendo la dislocazione di sistemi radaristici di pronto allarme antimissili balistici. Con un protocollo successivo (3 luglio 1974), l'ABM fu modificato restringendo le aree a una sola per nazione. Altro importante accordo tra le due superpotenze fu quello denominato SALT i (Strategic Arms Limitation Treaty), che stabiliva un periodo di congelamento dei rispettivi arsenali strategici sia terrestri (ICBM) che basati su sottomarini (SLBM). Washington e Mosca, però, pur accettando un tetto numerico per i missili, avviarono da quella data in poi la realizzazione dei missili a testata multipla (MIRV, Multiple Independently targetable Re-entry Vehicle), cioè un unico vettore con più testate esplosive.
Ciò nonostante, gli anni Settanta videro altre due importanti intese. La prima, inserita nell'atto finale della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (CSCE) firmato a Helsinki nel 1975, stabilì una serie assai dettagliata di misure di sicurezza, con reciproche informazioni tra NATO e Patto di Varsavia in occasione delle maggiori manovre militari (con oltre 25.000 uomini). La seconda, l'Enmod Convention, firmata il 18 maggio 1977, vietava l'uso a scopi militari o comunque ostili di tecniche di modificazione dell'ambiente.
Il decennio si concluse con l'importante Trattato sulla limitazione degli armamenti strategici (SALT ii). Firmato a Vienna (18 giugno 1979) dal presidente statunitense Carter e dal segretario generale del PCUS Brežnev, fissava un limite iniziale di 2400 tra missili balistici intercontinentali (ICBM), missili balistici lanciabili da sottomarini (SLBM), bombardieri strategici, e missili balistici aria-terra (ASBM) con raggio superiore ai 600 km.
Si concordava una riduzione di tale tetto a 2250 unità a partire dal 1° gennaio 1981, con un numero massimo complessivo di 1320 tra ICBM, SLBM e ASBM equipaggiati con testate MIRV, nonché aerei muniti di missili da crociera (capaci di seguire una traiettoria parallela all'orografia) a lungo raggio (oltre 600 km). Inoltre si poneva un limite di 14 testate multiple per gli SLBM e di 10 per gli ICBM e per gli ASBM, consentendo tra le parti un tetto massimo di 28 missili da crociera aviotrasportati a lungo raggio (ALCM) per ogni bombardiere pesante. Oltre a stabilire dei limiti massimi per gli ICBM pesanti e leggeri, si vietava la sperimentazione e il dispiegamento di nuovi tipi di ICBM, a eccezione di un solo nuovo tipo di ICBM leggero, nonché la sperimentazione e la trasformazione di missili non balistici basati a terra in ICBM. Venivano permessi mezzi nazionali di verifica degli accordi (in particolare l'uso dei satelliti di sorveglianza), e si proibiva ogni tentativo d'impedirne l'uso (disturbi elettronici, radiosegnali, ecc.). L'URSS, prima di sottoscrivere l'intesa, informò la controparte che il bombardiere TU22M, denominato Backfire, era un aereo a medio raggio, che non sarebbe stato dotato di capacità operative intercontinentali (e quindi dotato della possibilità di colpire obiettivi su territorio statunitense); Mosca s'impegnava a limitarne la produzione annuale ai ritmi del 1979.
La conclusione di tale accordo tra Mosca e Washington in realtà rappresentò la fine della distensione e l'inizio di una seconda guerra fredda tra Est e Ovest, in coincidenza con l'avvio della dislocazione nella parte europea dell'URSS dei nuovi missili sovietici a medio raggio SS-20 (1977) e con il successivo intervento armato di Mosca in Afghānistān.
Lo stesso presidente Carter, di fronte alla non ratifica del SALT ii da parte del Congresso statunitense e alla presenza russa a Kabul, dichiarò sospesa l'efficacia degli accordi sottoscritti. Il nuovo clima instauratosi nelle relazioni internazionali portò alla Casa Bianca il repubblicano R. Reagan, fautore di un vasto piano di riarmo convenzionale e nucleare degli Stati Uniti.
L'atteggiamento dell'URSS in questo periodo appariva contraddittorio: Mosca dichiarava genericamente la propria piena disponibilità a trattare sul d., ma proseguiva di fatto nell'installazione dei nuovi missili (presentandoli come un ammodernamento di altri obsoleti).
Il 12 dicembre 1979, a Bruxelles, la NATO decise la dislocazione in Europa dei nuovi missili statunitensi a medio raggio Pershing II e Cruise in risposta agli SS-20 sovietici, pur con la clausola del ''doppio binario'', cioè riservandosene la sospensione qualora Mosca ritirasse i suoi.
Le preoccupazioni suscitate in ampi settori dell'opinione pubblica europea dalla decisione della NATO alimentarono lo sviluppo di un multiforme movimento pacifista, che reclamava l'eliminazione di tutti i missili, sia a Est che a Ovest, cercando di condizionare le scelte politiche dei rispettivi governi.
Nello stesso anno dell'avvio dell'installazione dei missili Pershing II e Cruise, il presidente Reagan annunciò (23 marzo 1983) il progetto Strategic Defense Initiative (SDI), finalizzato alla realizzazione di uno scudo spaziale capace d'interdire l'azione di missili avversari. Tale progetto (che per i suoi aspetti fantascientifici veniva spesso designato star wars, dal titolo di un noto film) avviò un'ampia polemica tra Washington e Mosca, che ne denunciava gli aspetti lesivi del trattato sulla limitazione dei sistemi antimissili balistici (ABM) del 1972.
I negoziati sulla riduzione delle armi strategiche (Strategic Arms Reduction Talks, START) avviati nel 1982 riprendevano comunque il dialogo interrotto con il SALT ii (rispettato di fatto sia dagli USA che dall'URSS anche nei momenti di maggior tensione), mentre a Vienna proseguivano, senza esiti positivi, i colloqui per la riduzione delle forze convenzionali in Europa (MBFR). L'URSS, in risposta indiretta allo smantellamento di 1000 testate nucleari della NATO, ritirò 1000 carri armati e 20.000 uomini dalla Repubblica democratica tedesca, ma le diverse proposte avanzate dall'Est e dall'Ovest nell'ambito degli MBFR si scontravano contro i nodi di una comune valutazione delle forze in campo e delle modalità di verifica.
Intanto venivano avanzate numerose proposte di zone denuclearizzate, tra cui quella per l'area balcanica (sostenuta dal presidente del Consiglio bulgaro T. Zhivkhov nell'ottobre 1981, e poi ripresa dalla Romania, dalla Iugoslavia, dalla Grecia e dal Patto di Varsavia) e quella per la zona di 150 km lungo il confine tra le due alleanze nel centro Europa (avanzata nel giugno 1982 dalla Commissione indipendente sulle questioni del d. e della sicurezza, presieduta dal leader svedese O. Palme).
Nelle aree extraeuropee l'attenzione all'escalation nucleare portò alla richiesta dei capi di stato e di governo dei paesi non allineati, riuniti a New Delhi il 12 marzo 1983, di un immediato divieto dell'uso o della minaccia dell'uso di armi nucleari da parte dei paesi possessori. Due anni dopo, con il Trattato di Rarotonga (6 agosto 1985), venne dichiarata zona denuclearizzata l'area del Pacifico meridionale, con l'adesione di nove stati.
La nomina del nuovo segretario generale del PCUS, M. Gorbačëv (marzo 1985), trasformò profondamente la politica estera dell'URSS, impegnandola concretamente in una prospettiva di riduzione degli armamenti e delle spese militari, anche per risolvere i sempre più drammatici problemi economici della società sovietica.
La posizione di Mosca, che considerava un tutt'uno gli armamenti nucleari strategici, tattici e spaziali, comprendendo anche gli arsenali francese e inglese, fu progressivamente modificata. Gorbačëv accettò la possibilità di trattare separatamente la questione degli euromissili nel corso del summit ginevrino del novembre 1985, per poi rifiutarla in conseguenza della rottura del summit di Reykiavik dell'ottobre 1986 (dove s'ipotizzò un'eliminazione totale delle armi nucleari, la cosiddetta ''tripla opzione zero''), e infine riaccettarla nuovamente nel febbraio 1987. Nel corso della trattativa gli Stati Uniti presentarono anche una richiesta d'ispezione di ''siti sospetti'', che poi però lasciarono cadere in seguito alle obiezioni mosse dai loro stessi servizi di sicurezza.
Su queste nuove basi, l'8 dicembre 1987, a Washington, si giunse alla firma dell'accordo sull'eliminazione degli euromissili denominati INF (Intermediate Nuclear Forces, con raggio d'azione compreso tra i 500 e i 5500 km). Con esso si stabiliva non solo lo smantellamento delle basi e degli 867 missili Cruise, Pershing I e II da parte statunitense, e dei 1836 SS-20, SS-4, SS-5, SS-12 e SS-23 da parte sovietica, ma anche la loro effettiva distruzione.
Oltre a prevedere, per la prima volta nella storia, la distruzione di armamenti nucleari, il trattato, dalla durata illimitata, stabiliva con estrema precisione una serie di controlli reciproci, tra cui misure di verifica in loco mediante proprie delegazioni ispettive. Esso inoltre vietava lo sviluppo di missili muniti di armi quali quelle a microonde, a laser e a radiazione.
Il nuovo clima tra USA e URSS portò (10 agosto 1987) anche alla decisione di uno scambio di visite presso installazioni di armi chimiche, al fine di permettere l'osservazione delle procedure seguite per distruggerle. Altra importante tappa in questo processo di distensione fu il ritiro nel corso del 1988 delle truppe sovietiche dall'Afghānistān, malgrado la prosecuzione della guerra civile tra il regime di Kabul e gli oppositori mujaeddhin.
Nel dicembre 1988, di fronte all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, Gorbačëv annunciò un piano di parziale d. unilaterale delle forze armate convenzionali sovietiche, comprendente la riduzione di 500.000 uomini e 10.000 carri armati, il ritiro di truppe dalla Repubblica democratica tedesca, dalla Cecoslovacchia e dall'Ungheria.
In occasione del quarantennale della NATO, all'interno dell'alleanza si aprì una dura polemica in merito alla modernizzazione dei missili a corto raggio Lance, che gli Americani volevano portare da 130 a 490 km di gittata (avvicinandoli cioè alle caratteristiche degli euromissili eliminati). La decisa opposizione della Repubblica federale di Germania, teatro privilegiato di un eventuale scontro nucleare, e la sua proposta di tripla opzione zero (cioè nessun tipo di missile in Europa) portarono alla fine di maggio 1989 a un accordo di compromesso nell'ambito dell'Alleanza atlantica: rinviando la modernizzazione dei Lance, si stabilì di avviare il negoziato sui missili nucleari a corto raggio, dopo aver raggiunto intese sulla riduzione delle forze convenzionali in Europa. Contemporaneamente, il nuovo presidente degli USA, G. Bush, presentò un ampio piano in merito alle forze convenzionali, proponendo tra l'altro l'effettiva distruzione dei mezzi bellici in sovrappiù, l'inclusione nella trattativa di tutti gli aerei da combattimento e degli elicotteri basati a terra dall'Atlantico agli Urali, la riduzione delle truppe sovietiche e americane presenti in Europa fuori dai confini nazionali a 275.000 uomini per parte, la conclusione delle trattative stesse entro il 1992-93.
Con la nuova politica sovietica, nel 1989 la spesa militare dell'URSS scese del 5%, mentre furono ridotte numericamente del 50% la produzione di carri armati e del 10% le forze armate. Il segretario alla Difesa statunitense, R.B. Cheney, propose di conseguenza nell'aprile 1990 una riduzione di bilancio di 35 miliardi di dollari, dimezzando la produzione del bombardiere invisibile Stealth e di altri aerei speciali, nonché la riduzione di un terzo degli effettivi dell'esercito (da 750.000 a 500.000). La progressiva distensione tra NATO e Patto di Varsavia condusse inoltre a una serie di atti di d. unilaterale, tra cui nel giugno del 1990 da parte sovietica la riduzione di 60 rampe per missili e di 1500 testate atomiche e poi, nel luglio seguente, la sospensione dei voli dei bombardieri nucleari e della navigazione di sommergibili vicino all'America, nonché da parte statunitense il richiamo a terra delle 12 centrali operative volanti Boeing dello Strategic Air Command.
In margine ad alcune iniziative a livello internazionale, USA e URSS annunciarono bilateralmente nel maggio 1990 un accordo per la distruzione dell'80% dei rispettivi arsenali chimici, riducendoli a 5000. A conferma della fine dell'antagonismo NATO-Patto di Varsavia, nel settembre dello stesso anno gli USA decidevano la chiusura di ben 151 basi e installazioni militari all'estero (tra cui 109 in Germania Occidentale, 13 in Spagna, 10 in Corea, 4 in Italia, 3 in Grecia e 2 in Giappone).
Nel 1989 le trattative tra NATO e Patto di Varsavia sulla riduzione delle forze convenzionali in Europa ripresero slancio nel quadro della Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa: con la nuova denominazione di negoziati CFE (Conventional Forces in Europe), che nel marzo 1989 avevano sostituito i vecchi MBFR, esse ebbero esito positivo sfociando nel Trattato sulle forze convenzionali in Europa firmato a Parigi il 19 novembre 1990. Questo fissava nell'area compresa tra l'Atlantico e gli Urali un tetto massimo per i dispositivi non nucleari di ciascuna delle due alleanze: i maggiori tagli, pari a circa il 40% degli arsenali, riguardavano l'URSS e i suoi alleati. Nella stessa occasione veniva peraltro annunciato l'imminente scioglimento del Patto di Varsavia, effettivamente avvenuto il 31 marzo 1991 per quanto riguarda la struttura militare e il 1° luglio successivo sotto il profilo politico. Accordi specifici per il ritiro totale delle truppe sovietiche dalla Cecoslovacchia e dall'Ungheria erano stati conclusi fin dal febbraio-marzo 1990 fra Mosca, Praga e Budapest: gli ultimi soldati sovietici hanno lasciato entrambi i paesi nel giugno 1991, mentre nell'aprile 1991 è stato avviato il ritiro delle forze sovietiche (circa 50.000 uomini) presenti in Polonia. Tale ritiro è stato collegato a quello ben più rilevante dalla Germania orientale (dove nel 1990 erano presenti 370.000 soldati sovietici), che dovr'a essere completato entro la fine del 1994 in base al trattato, firmato a Mosca il 12 settembre 1990, che ha consentito l'unificazione tedesca.
Dopo ripetuti rinvii, anche i negoziati per la riduzione delle armi strategiche si sono conclusi positivamente a Mosca il 31 luglio 1991 con la firma dell'accordo START da parte di Bush e Gorbačëv. Esso ha stabilito una riduzione di oltre il 25% degli arsenali strategici delle due superpotenze, distribuita, con una complessa formula, tra missili balistici (ICBM e SLBM), missili Cruise (lanciati da aerei e da navi) e bombardieri strategici; il trattato non ha coinvolto il progetto SDI, largamente ridimensionato ma non abbandonato dagli USA.
Dopo i rivolgimenti dell'agosto 1991 in Unione Sovietica, Bush ha rilanciato il processo di d. con un discorso alla nazione il 27 settembre: in esso ha annunciato, fra l'altro, il ritiro unilaterale degli ordigni nucleari tattici dislocati in Europa e ha proposto a Mosca di negoziare l'eliminazione di tutti gli ICBM a testata multipla. Nei giorni successivi Mosca ha annunciato l'adozione di ''misure di reciprocit'a''.
Bibl.: SIPRI Yearbook. World armaments and disarmament, Oxford-New York, vari anni; J. Goldblat, Agreements for arms control: a critical survey, Londra 1982; AA.VV., Dossier Euromissili. Riarmo e sicurezza europea, Bari 1982; Nuclear disengagement in Europe, a cura di S. Lodgaard, M. Thee, Londra-New York 1983; M. De Maria, G. Magnolini, Tre minuti a mezzanotte. Quindici scienziati americani spiegano il rischio nucleare, Roma 1984.