privacy, diritto alla
Diritto di una persona a mantenere la segretezza o la completa trasparenza (➔) su alcune informazioni che la riguardano. Sebbene un diritto alla p. venga previsto da numerosi ordinamenti, molti studiosi, soprattutto negli USA, ne hanno discusso l’efficienza.
R.A. Posner (An economic theory of privacy, 1978) sostenne che un individuo non dovrebbe avere un diritto sulle proprie informazioni e che bisognerebbe che potessero essere raccolte liberamente. L’idea di Posner si fondava sulla premessa che i dati che un individuo vuole tenere nascosti siano quelli discrediting, cioè valutati negativamente dai consociati; egli affermava, quindi, che colui che nasconde le proprie informazioni negative si comporta come il venditore che non dichiara i vizi del prodotto venduto, con tutte le inefficienze che ciò comporta. Per es., gli individui, oltre a subire delusioni nei rapporti con gli altri, sarebbero spinti a essere più prudenti, a non investire troppo nei legami con il prossimo e così via. R.S. Murphy (Property rights in personal information: an economic defense of privacy, 1996), opponendosi a Posner, dichiarò che, qualora i consociati non riuscissero a tenere nascoste certe informazioni, essi sarebbero spinti a prendere precauzioni costose, al fine di evitare che altri raccolgano quei dati. Per es., se un soggetto potesse essere fotografato liberamente nella sua casa dall’esterno, quest’ultimo, per tutelare la sua p., installerebbe costosi tendaggi alle finestre. La mancata tutela di un diritto alla p. condurrebbe dunque allo spreco di risorse, mentre un diritto alla p. eliminerebbe tali costi. Una interessante ipotesi, idonea a bilanciare queste opposte esigenze, potrebbe essere quella di permettere ai soggetti di rinunciare volontariamente al proprio diritto alla p., con lo scopo di segnalare agli altri consociati di non avere informazioni negative da nascondere.