DIOSCURIDE (Διοσκουίδης)
Il più famoso fra gl'incisori di gemme dell'antichità, e incisore aulico di Augusto, di cui ritrasse l'immagine in una pietra che servì da sigillo all'imperatore e ai suoi successori fino almeno ai tempi di Svetonio. La sua larga fama ha fatto sorgere durante il Rinascimento una vasta serie di falsificazioni, e di copie da originali perduti, e ha fatto incidere la sua firma su altre opere veramente antiche ma anonime. Restano tuttavia circa una decina di pietre firmate, sicuramente autentiche. D. trattò con pari abilità il rilievo dei cammei, e l'incisione in profondità delle gemme e dei sigilli; tra i cammei ci sono conservati con la sua firma solamente due, di cui uno frammentario, ma possono essere attribuite alla sua mano alcune tra le più grandiose e più conosciute opere del periodo augusteo (v. cammeo).
Nell'intaglio delle gemme D. si palesa un imitatore, pieno di delicatezza e di gusto, dell'arte ellenica, di cui preferisce il periodo di maturità e di splendore; da modelli della grande statuaria dipendono alcune gemme, come la corniola Marlborough, con una figura di Ermete stante che ricorda la statua marmorea del cosiddetto Focione, copia di un'opera di periodo fidiaco, la corniola chiara del British Museum, con Ermete che regge una testa di capro, che richiama a tipi statuarî policletei, e la corniola del museo di Napoli (fig.1), con un eroe ignudo, forse Achille che contempla le sue armi, la quale deriva da un'opera statuaria pure della medesima cerchia policletea. In queste e nelle altre sue opere D. si palesa abilissimo maestro, sia nella trattazione dell'incisione superficiale, a leggiere sfumature e tocchi sottili, sia nell'incisione profonda, soprattutto nei busti e nelle teste, in cui la dolcezza dei tratti si accoppia all'efficace giuoco delle luci e delle ombre; fra gl'intagli del primo genere ricordiamo ancora la corniola Devonshire, con Diomede che fugge col Palladio (figura 2); fra i busti è sicuramente originale quello di Demostene su un'ametista della collezione del principe di Piombino a Roma; ma la delicatezza dell'arte di D. si rivela soprattutto nel busto di Io, sulla corniola del Museo di Firenze (fig. 3).
I figli di D., Eutiche, Erofilo e Illo continuarono l'arte paterna durante l'impero di Tiberio (v. cammeo) e forse anche di Claudio menzionando accanto alle loro firme il nome del padre.
Bibl.: A. Furtwängler, in Archäol. Jahrb., III (1888), pp. 106 segg., 218 segg., 297 segg.; id., Antike Gemmen, III, Lipsia e Berlino 1900, III, p. 353 segg.; O. Rossbach, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, col. 1143; G. Lippold, Gemmen und Kameen des Altertums und der Neuzeit, Stoccarda s.a., p. xi, tavole 10, 5; 42, 1; 158, 3 ecc.