LAZZARI, Dionisio
Nacque a Napoli il 17 ott. 1617 dal fiorentino Giacomo, marmoraio, e da Caterina Papini. Fu tenuto a battesimo da Dionisio Nencioni (Dionisio di Bartolomeo), maestro di ingegneria e di architettura, e da Delia Vitale, moglie dello scultore Michelangelo Naccherino.
Giunto nel 1600 a Napoli da Roma su invito di Dionisio di Bartolomeo per lavorare nella chiesa dei Gerolamini, Giacomo eseguì numerosi lavori in società con il fiorentino F. Valentino e il carrarese S. Tacca. Nella bottega del padre il L. imparò a lavorare il marmo. Nel 1637 lo si trova iscritto alla corporazione dei marmorai e scalpellini. Alla morte di Giacomo, avvenuta il 20 apr. 1640, il L. prese il suo posto portando a termine i lavori lasciati incompiuti. Dalla lista delle opere stilata dal notaio G.F. Montanaro, pochi giorni prima della morte di Giacomo (Prota Giurleo), è possibile conoscere la quantità di lavori, molti di minore entità, eseguiti con i soci.
Dal 1640 al 1653, come risulta dall'elenco pubblicato da Prota Giurleo, con Tacca e Valentino il L. realizzò numerose opere tra le quali si ricordano: la cappella di S. Maria delle Grazie e l'altare maggiore con balaustra nella chiesa di S. Pietro Martire; un lavoro non identificato a S. Antimo; la cappella Spinelli (per il marchese di Buonalbergo) nella chiesa di S. Domenico Maggiore; la decorazione della chiesa e la facciata dell'ospedale di S. Maria della Pace, nonché il Tesoro della stessa chiesa; la decorazione marmorea e i cenotafi della cappella Firrao del principe di Sant'Agata e l'altare maggiore nella chiesa di S. Paolo Maggiore; la facciata del palazzo dello stesso principe di Sant'Agata (palazzo Firrao o Bisignano). Tale regesto risulta arricchito da nuove opere, documentate da Strazzullo (1977) e Di Maggio, quali la facciata della chiesa di S. Michele Arcangelo a Solofra, il pavimento della cappella Firrao in S. Paolo Maggiore e quello della cappella Tarugi ai Gerolamini.
Nel 1640 iniziò a lavorare nella chiesa della Sapienza a Napoli. Un'opera la cui facciata è stata oggetto di numerose discussioni storiografiche riguardanti la datazione e l'attribuzione.
Fin dal 1692 (Celano) era stata assegnata a C. Fanzago. Nonostante alcuni documenti (Bonazzi; D'Addosio, 1915) che citavano i Lazzari a proposito di lavori in marmo nella chiesa tra il 1636 e il 1641, all'epoca della loro collaborazione con i marmorai Tacca e Valentino, l'attribuzione della facciata venne costantemente confermata a Fanzago (Pane, 1939; 1957). Confutando tale ipotesi, Prota Giurleo pubblicò documenti dai quali risulta che nel 1653 il L., insieme con Tacca e Valentino, aveva lavorato alla facciata e alla chiesa della Sapienza. Incrociando letture stilistiche e considerazioni di altro tipo, Mormone (1968; 1970) e Blunt hanno concluso che i lavori in marmo furono eseguiti dai Lazzari per conto di Fanzago. Della stessa opinione, Cantone (1984) e Savarese. In seguito Cantone (1992), senza argomentazioni, ha ascritto la facciata a G.G. Conforto. Sebbene trovi la facciata coerente con l'interno, costruito da quest'ultimo, anche Del Pesco (1994; 1998) ha trovato verosimile l'ipotesi di una supervisione di Fanzago ai lavori della società dei Lazzari, in quanto il L. esplicò la sua attività di architetto solo a partire dagli anni Settanta. A ciò si aggiunge un documento trovato da Lenzo che testimonia l'analfabetismo del Lazzari. Si può presumere dunque che l'elaborazione del disegno di un raffinato e colto impalcato architettonico, quale la facciata della Sapienza, non possa essere riferita al L., ma che egli, pur abile e ingegnoso marmoraio, stesse lavorando su indicazione di altri.
Nel 1643 eseguì il pavimento della cappella di S. Filippo nella chiesa dei Gerolamini, nel cui cantiere operava fin dal 1638. Nel complesso della Congregazione dell'Oratorio, sede di un'attività pressoché continua da parte del L., realizzò il rivestimento in marmi policromi di numerose parti della chiesa, gli stucchi della sacrestia (1655), la decorazione della zona inferiore della facciata (1660 circa - 1689), rielaborata poi da F. Fuga, la cupola (1680), rifatta negli anni 1845-52. Contribuì inoltre a configurare la piazza che si apriva proprio in quegli anni dinanzi alla chiesa. A lui vanno riferiti anche il presbiterio e la casa dei padri, in particolare il completamento del secondo chiostro già ideato da Dionisio di Bartolomeo, nel quale realizzò razionali unità abitative su due livelli.
Il virtuosismo e l'ingegnosità del L. emersero soprattutto nell'attività di creatore di apparati effimeri. Nel 1660 elevò la macchina provvisoria per le esequie di Filippo IV nella Congregazione del Monte dei poveri. Attività che lo vide impegnato anche nel 1671, quando i teatini gli affidarono la costruzione di una macchina per festeggiare la canonizzazione di s. Gaetano.
Il L. fu accusato da Celano di essere responsabile della caduta delle colonne del tempio di Castore e Polluce - avvenuta con i terremoti del 1687 e 1688 - per aver compromesso la struttura con l'erezione dell'apparato festivo, formato da una volta gettata tra il colonnato, l'architrave romano e la retrostante facciata della chiesa teatina di S. Paolo.
Oltre all'apparato costruito con D.A. Cafaro davanti alla chiesa dell'Ospedaletto per la canonizzazione di s. Pietro d'Alcántara (1669), nel 1673 elevò un'altra macchina davanti alla chiesa dello Spirito Santo per i santi e i beati dell'Ordine domenicano. Nello stesso anno, su disegni del L., L. Vaccaro decorò la facciata del conservatorio dell'Annunziata. Dal 1660 al 1664 realizzò il disegno per la decorazione marmorea nella cappella di S. Maria della Neve e S. Anna nella chiesa dei Gerolamini.
La fama di tecnico esperto tra i suoi contemporanei è dimostrata dal coinvolgimento del L., insieme con G. Mozzetti, per iniziativa del tribunale della Nunziatura di Napoli, nella controversa causa tra i certosini di S. Martino e Fanzago. Due anni prima, inoltre, mentre studiava l'abbellimento per la facciata di S. Lorenzo Maggiore, aveva steso in qualità di tecnico la relazione per la guglia di S. Gennaro.
Come disegnatore e realizzatore di stucchi e complessi decorativi marmorei, lavorò nel 1678 alla cupola dei Ss. Apostoli, nella cappella del Tesoro nell'Annunziata, al pulpito della chiesa di S. Maria della Sanità, che alcuni documenti fanno risalire però al 1685 (Rizzo, doc. 57). Nello stesso anno si scoprì la cupola dei Gerolamini, disegnata dal Lazzari.
Tra le numerose cappelle realizzate dal L. si ricordano quelle di S. Anna nella chiesa della Pietà dei turchini con monumento funebre di Francesco Rocco (1667); di S. Benedetto in S. Marcellino (1667) e di S. Antonio in Donnaregina (1669). Il L. realizzò, inoltre, la decorazione marmorea nella cappella di S. Maria Succurre Miseris, della Compagnia dei Bianchi (1672); alcuni lavori in quella di S. Erasmo nel duomo di Gaeta (1677); il rivestimento della cappella di S. Andrea Avellino (simmetrica a quella Firrao) in S. Paolo Maggiore e il pavimento della cappella di S. Francesco in S. Lorenzo Maggiore (1682).
Numerosi furono anche gli altari maggiori eseguiti dal L.: quelli per le chiese di S. Gregorio Armeno, dei Gerolamini (1654), dei Ss. Marcellino e Festo (1666), di S. Teresa agli Studi (1674), poi trasferito nel 1808 nella cappella di palazzo reale, della nuova chiesa del monastero di S. Giuseppe delle monache agostiniane o dei Ruffo (1681), degli Incurabili (1688). Nel 1665 approntò il modello di due credenze d'argento per la chiesa dell'Annunziata di Napoli da eseguirsi dall'argentiere Leonardo de Franco.
Questa copiosa produzione "non può essere considerata una ripetizione di prototipi fanzaghiani né si può ipotizzare un suo alunnato presso la bottega di Fanzago, giacché la formazione dei due maestri avvenne su esperienze del tutto diverse. […] Il ricordo di modelli decorativi in uso presso l'opificio fiorentino ritornò in vari momenti della produzione di Dionisio e l'elemento nuovo e più interessante consiste proprio nella continuità che egli stabilì tra la tradizione toscana tardocinquecentesca, e la nuova matrice culturale del barocco napoletano, più ricco di colore e di movimento" (Di Maggio, p. 139).
A partire dagli anni Settanta, probabilmente su sollecitazione dei committenti, il L. operò soprattutto come architetto, non tralasciando tuttavia la sua attività di marmoraio, decoratore, stuccatore, e progettista di apparati di festa e architetture commemorative.
Proprio nel 1670 si decise di trasportare dal duomo napoletano la colonna antica donata dal viceré don Pedro d'Aragona ai teatini, affinché fosse innalzata nei pressi della chiesa di S. Paolo Maggiore, ove ora sorge il monumento a s. Gaetano. Il progetto che prevedeva l'elevazione sopra la colonna di una statua del santo, fu abbandonato; tuttavia un cronista dell'epoca (Strazzullo, 1957) riporta che tale trasporto fece onore al Lazzari.
In questi anni il L. realizzava o completava la chiesa di S. Maria dell'Aiuto - per Prota Giurleo iniziata nel 1674, per Mormone (1970) e Del Pesco (1994) terminata nel 1673 con l'officiatura del cardinale Innico Caracciolo - e quelle di S. Severo alla Sanità (iniziata nel 1681), di S. Maria Egiziaca all'Olmo (1684), di S. Giovanni Maggiore (rifatta nell'Ottocento), di S. Giuseppe dei Ruffo (l'atrio e la facciata attuale sono di A. Guglielmelli).
Come architetto il L. sembra preferire organismi accentrati, come la pianta a croce greca leggermente allungata della interessante chiesa di S. Maria dell'Aiuto, o dilatati al massimo come lo spazio del presbiterio nelle chiese a croce latina di S. Giuseppe dei Ruffo o di S. Severo. Usa colonne libere (S. Maria dell'Aiuto), o semialveolate nella muratura (S. Severo alla Sanità), anteposte ai piloni impiegati a sostegno delle cupole, delineando una nuova tendenza che si affermerà nella produzione napoletana successiva.
Al di là dei differenti sviluppi, le chiese di S. Severo alla Sanità e di S. Giuseppe dei Ruffo hanno in comune la medesima impostazione: "in entrambe, l'ampia navata con cappelle laterali interrompe il suo andamento piuttosto monotono e bloccato allorché incrocia il transetto, al di sotto della poderosa cupola con lanterna, formando tre grandi e imponenti cappelloni, compreso quello presbiteriale" (Mormone, 1970, p. 1106).
Articolata su pianta ovale con cinque vani per ciascun lato, di cui tre destinati a cappelle, la chiesa di S. Maria Egiziaca all'Olmo costituisce l'opera più matura dell'attività del Lazzari. L'architetto si ispirò a talune novità introdotte a Napoli da fra' Nuvolo a S. Carlo all'Arena e nel chiostro di S. Maria alla Sanità, ma soprattutto nella distrutta chiesa di S. Sebastiano, e le rielaborò in una originale chiave formale.
Nel 1682 realizzò la decorazione marmorea della porta del nuovo refettorio del monastero di S. Gregorio Armeno, di cui era architetto ordinario. L'anno successivo disegnò il paliotto dell'altare maggiore del Tesoro di S. Gennaro, eseguito in argento da G.D. Vinaccia a partire dal 1692.
In alcuni documenti del 1689 (Prota Giurleo), si cita il cavalier Dionisio per aver eseguito il progetto generale di restauro e il disegno per la decorazione in stucco da realizzarsi nella chiesa del monastero di S. Gaudioso, danneggiata in seguito al terremoto dell'anno prima. Il L. non riuscì a vedere terminati i lavori, che furono proseguiti da N. Sartone e da Vinaccia.
Il L. morì a Napoli il 9 ag. 1689, e fu sepolto nella chiesa dei Gerolamini.
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