TETTAMANZI, Dionigi
– Nacque a Renate in Brianza il 14 marzo 1934 da Egidio, operaio, e da Giuditta Ciceri, casalinga.
Al termine della scuola elementare, nel 1945, il parroco del paese, don Pasquale Zanzi, incoraggiò e sovvenzionò l’entrata del giovane nel seminario minore di S. Pietro Martire a Seveso. Dopo il ginnasio completò gli studi nel seminario di Venegono Inferiore, dove frequentò anche i corsi istituzionali di teologia, fino alla licenza ottenuta nel 1957. Il 28 giugno dello stesso anno venne ordinato sacerdote dall’arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini. Poco dopo partì per Roma, dove nel 1959 conseguì il dottorato in teologia presso la Pontificia Università Gregoriana, con una tesi sul dovere dell’apostolato dei laici. Nel 1960 rientrò nel seminario di Seveso dove insegnò lettere ai giovani seminaristi e discipline teologiche ai chierici prefetti. Nel 1966 venne trasferito nel seminario maggiore di Venegono dove per vent’anni tenne la cattedra di teologia sacramentaria e morale fondamentale. Nello stesso periodo fu docente di teologia pastorale all’Istituto sacerdotale Maria Immacolata e all’Istituto regionale lombardo di pastorale. Tenne corsi di morale anche al seminario teologico dei comboniani di Venegono, all’Istituto teologico fiorentino e al Pontificio istituto missioni estere di Milano. Si impegnò nella realizzazione di una scuola teologica per laici con sede presso il collegio arcivescovile Paolo Angelo Ballerini di Seregno.
Scrittore fecondo (un parziale elenco delle sue pubblicazioni si trova in Moia, 2002, pp. 115-122), collaborò dapprima alla rivista teologica del seminario di Venegono, La Scuola cattolica, e poi con quotidiani nazionali come Avvenire e L’Osservatore romano. A partire dagli anni Sessanta cominciò a pubblicare i suoi primi studi sul matrimonio e la morale familiare, una competenza che nel 1980 gli valse la nomina pontificia a partecipare come esperto al sinodo dei vescovi sulla famiglia – a seguito del quale Giovanni Paolo II pubblicò l’esortazione apostolica postsinodale Familiaris consortio alla cui stesura probabilmente partecipò lo stesso Tettamanzi – e nel 1982 la nomina a consultore del Pontificio consiglio per la famiglia. Dal 1979 al 1989 fu anche consulente ecclesiastico della Confederazione italiana dei consultori.
Divenne rettore del Pontificio seminario lombardo a Roma l’11 settembre 1987, incarico che tenne finché non fu creato arcivescovo di Ancona-Osimo il 1° luglio 1989. Nello stesso anno fu nominato presidente del consiglio di amministrazione di Avvenire, di proprietà della Conferenza episcopale italiana (CEI), con sede a Milano.
Dopo che nel giugno del 1990 aveva assunto la carica di presidente della commissione episcopale della CEI per la famiglia, il 14 marzo 1991 venne designato segretario generale della CEI in sostituzione di Camillo Ruini, il quale, divenuto presidente, garantì la continuità di un programma che aveva come obiettivi rinnovare la presenza sociale della Chiesa in Italia, rafforzare il controllo al suo interno, allineare le posizioni delle organizzazioni tradizionali del laicato e della Democrazia cristiana (DC) con quelle del papa.
La crisi politica e le rivendicazioni autonomistiche delle Leghe nel Nord Italia portarono la CEI a prendere posizione con un documento dell’ottobre 1991, Educare alla legalità. Per una cultura della legalità nel nostro Paese, riedito da Avvenire il 10 maggio 1992 dopo l’esplosione di Tangentopoli. Il rigetto per il sistema dei partiti lambì i vertici della CEI, che con il documento Evangelizzare il sociale del 3 dicembre 1992 richiamò all’unità i cattolici a sostegno della dottrina sociale come missione della Chiesa. Di fronte alla scomparsa della DC nel 1994, nella sessione autunnale del Consiglio episcopale permanente a Montecassino si cominciò a parlare di «progetto culturale» cristiano che ponesse le premesse per un «impegno sociale e politico dei laici cattolici» (Ruini cit. in Acerbi, 2003, p. 513). Un altro direttorio della CEI, Annunciare, celebrare, servire il Vangelo della famiglia, fu dedicato alla pastorale familiare, un tema che Tettamanzi conosceva bene. Approvato nel 1993, il documento costituiva una guida per le Chiese locali con indicazioni concrete sull’amore matrimoniale nella prospettiva cattolica.
Nel 1995, nello stesso anno in cui divenne vicepresidente della CEI, incarico che avrebbe ricoperto fino a maggio del 2000, fu nominato arcivescovo di Genova, una diocesi che a tre mesi dal suo insediamento definì «complessa ma affascinante», in occasione dell’incontro con i giornalisti all’uscita della sua prima lettera alla comunità (La Stampa, edizione di Genova, 17 settembre 1995, p. 1). Il tema del lavoro, in continuità con i suoi predecessori, fu centrale nell’azione pastorale di Tettamanzi a Genova. Numerose omelie furono dedicate alla questione occupazionale nella città ligure, travagliata in quegli anni dalla crisi dell’Ansaldo. Le visite alle fabbriche e la celebrazione della messa tra i banchi dei commercianti del Mercato orientale punteggiarono il governo diocesano di Tettamanzi, il quale non lesinò critiche alle autorità politiche e agli enti locali. Nel 1996 mise a punto due iniziative di lotta alla povertà: un conto corrente che raccoglieva fondi per aiutare le persone più in difficoltà, e la fondazione antiusura Santa Maria del Soccorso che sosteneva le famiglie a rischio usura o coloro che ne fossero già vittime. Nel giugno del 1998, il neoporporato inviò una lettera all’allora presidente del Consiglio Romano Prodi, in cui esprimeva preoccupazione per «una questione di giustizia», ovvero i gravi rischi di disoccupazione provocati dalla situazione creatasi nell’industria genovese (La Stampa, edizione di Genova, 14 giugno 1998, p. 1). In ripetute occasioni Tettamanzi invitò a interrogarsi «su una globalizzazione che, non governata dai principi etici della giustizia e della solidarietà, conduce ad aggravare il divario tra popoli ricchi e popoli poveri, tra la concentrazione della ricchezza nelle mani dei pochi Epuloni e la marginalizzazione dei tantissimi Lazzari della terra» (omelia del 27 settembre 1998, in La Stampa, edizione di Genova, 28 settembre 1998, p. 21). Un argomento su cui tornò alla vigilia del vertice del G8 svoltosi a Genova dal 20 al 22 luglio 2001, quando il cardinale invitò al dialogo per scongiurare le conseguenze nefaste di una globalizzazione non improntata alla solidarietà (La Stampa, edizione Liguria, 30 maggio 2001, p. 33; ibid., 2 luglio 2001, p. 5). Contestato dai cattolici tradizionalisti per aver sostenuto le ‘Sentinelle del mattino’, ovvero l’iniziativa promossa da diverse organizzazioni ecclesiali che parteciparono al contromeeting e firmarono un Manifesto di richieste ai rappresentanti delle potenze mondiali, Tettamanzi ribadì, anche all’indomani dei gravi scontri tra manifestanti e polizia durante il G8, di non essere contro la globalizzazione tout court ma «contro una globalizzazione disumanizzante» (Cattolici tradizionalisti al Papa: destituire Tettamanzi, in La Stampa, 27 luglio 2001, p. 6).
Nonostante gli impegni legati alle alte cariche ecclesiastiche ricoperte nel corso degli anni, Tettamanzi non rinunciò mai a partecipare a dibattiti e a scrivere su temi che gli stavano particolarmente a cuore come bioetica e famiglia. Sul solco della tradizione, rifacendosi ai contenuti magisteriali dell’enciclica di Paolo VI, Humanae vitae, di cui a venticinque anni dalla sua emanazione rivendicò l’attualità con la pubblicazione del libro Alle sorgenti della vita, riaffermò l’illiceità della contraccezione artificiale. Dichiarandosi favorevole ai metodi naturali considerava altresì la possibilità di una «procreazione responsabile», ovvero «la possibilità morale, a certe condizioni, di sospendere a tempo determinato o anche per sempre la generazione di una nuova vita» (Dionigi Tettamanzi, 1998, p. 32). Fu contrario alla fecondazione assistita perché avviene fuori da «una reciproca donazione totale» e prevede l’eliminazione degli embrioni soprannumerari. In seguito, già arcivescovo di Milano, intervenne con una lettera pubblicata su Avvenire nel 2008 sul caso di Eluana Englaro in cui espresse la sua contrarietà alla sospensione della nutrizione e idratazione della giovane in stato di coma vegetativo.
Nell’ambito della teologia morale Tettamanzi pubblicò numerose opere, nelle quali appaiono chiari alcuni tratti distintivi della cosiddetta scuola teologica di Venegono. Negli anni Settanta, nel volume Temi di morale fondamentale, spiegò che il principio della sua riflessione sull’etica cristiana era la «conversione antropocentrica» (p. 19) ovvero l’idea che porre l’attenzione sulla soggettività permette di presentare la morale in una chiave positiva, caratterizzata dall’amore, e non come «morale del peccato» o come mera imposizione di norme. «La teologia morale diverrà lo studio della chiamata salvifica di Dio in Cristo, in quanto dono e impegno, grazia e obbligazione» (Doldi, 1998, p. 189). Il teologo diede forma sistematica alle sue intuizioni nel 1993 con la pubblicazione del libro Verità e libertà. Alla base antropologica Tettamanzi aggiunse la matrice cristocentrica dell’agire morale dell’uomo, intesa come «l’autorealizzazione dell’uomo come immagine di Dio in Gesù Cristo» (p. 51). L’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio è chiamato a conformarsi all’immagine di suo Figlio mediante l’imitazione di Cristo: la sequela Christi diventa l’imperativo fondamentale della vita morale dell’uomo.
L’11 luglio 2002 venne nominato arcivescovo di Milano e fece il suo ingresso in diocesi il 29 settembre, succedendo al cardinale Carlo Maria Martini.
I percorsi pastorali che Tettamanzi indicò per i due trienni 2003-06 e 2006-09 ponevano l’attenzione sui temi della responsabilità missionaria e della famiglia come luogo di testimonianza cristiana e centro del sistema educativo. In continuità con la sensibilità ai temi sociali già mostrata a Genova nel 2004 lanciò l’allarme sul problema della casa e nel 2005 invitò i milanesi a superare la paura per le culture e le religioni diverse da quella cattolica, chiedendosi: «ogni piccola comunità islamica deve essere per forza una cellula terroristica?» (cit. in Valli, 2009, p. 40). A fronte delle polemiche sul trasferimento della moschea milanese di viale Jenner, nel discorso pronunciato in occasione della festa di S. Ambrogio del 2008 Tettamanzi disse: «C’è bisogno di luoghi di preghiera in tutti i quartieri della città, ne hanno un bisogno ancora più urgente le persone che appartengono a religioni diverse da quella cristiana, in modo particolare all’Islam. Abbiamo bisogno anche di iniziative culturali che favoriscano la riflessione, non di provocazioni che suscitano esclusivamente dibattiti sterili» (p. 44).
Particolare eco mediatica ebbero i suoi interventi sulla questione dei separati, divorziati e risposati. Sebbene contrario alle unioni civili, l’arcivescovo di Milano offrì alcune linee guida per una pastorale specifica per i divorziati risposati. Nella Lettera agli sposi in situazione di separazione, divorzio e nuova unione, del 2008, sottolineò il bisogno di discernimento nella valutazione delle diverse situazioni e la necessità di accompagnare queste persone affinché continuassero a partecipare alla vita della comunità ecclesiale. Nel 2014 tornò sulla questione con il libro Il Vangelo della misericordia per le famiglie ferite, in cui, partendo da un’intervista a papa Francesco in proposito, cercò di rispondere all’obiezione: «Se i sacramenti sono segni e strumenti del cuore misericordioso di Dio, perché vengono rifiutati alle “famiglie ferite” che di tale misericordia sentono e dicono di aver particolare bisogno?» (p. 30). Tettamanzi lasciò intendere che si sarebbe potuti arrivare a concedere l’eucarestia ai divorziati risposati a tre precise condizioni: «se dei sacramenti si assume, secondo l’insegnamento costante della Chiesa, il significato di ‘segni delle misericordie di Dio’; se si evitano indebite confusioni sull’indissolubilità del matrimonio e si assicura un recuperato impegno di vita cristiana attraverso ‘cammini di fede’ che siano veri e seri» (intervista a Famiglia cristiana, 2 ottobre 2014).
Il 15 marzo 2009, al compimento del settantacinquesimo compleanno, presentò a Benedetto XVI la rinuncia alla guida dell’arcidiocesi milanese. Il papa lo riconfermò fino al 2011, anno in cui lasciò l’incarico. Nel 2012 venne nominato amministratore apostolico della diocesi di Vigevano fino a luglio 2013 a seguito delle inattese dimissioni del vescovo locale. Nel 2014 papa Francesco lo incaricò di approfondire la possibilità di creare un nuovo dicastero che accorpasse i pontifici consigli dei laici e della famiglia.
Morì il 5 agosto 2017 nella casa diocesana di spiritualità Villa Sacro Cuore di Triuggio a causa di una malattia che si era sviluppata negli ultimi sette mesi.
Opere. Temi di morale fondamentale, Milano 1975; L’uomo immagine di Dio, Casale Monferrato 1992; Alle sorgenti della vita, Casale Monferrato 1993; Verità e libertà, Casale Monferrato 1993; Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito. Lettera agli sposi in situazione di separazione, divorzio e nuova unione, Milano 2008; Il Vangelo della misericordia per le famiglie ferite, Milano 2014.
Fonti e Bibl.: M. Doldi, «L’uomo immagine di Dio in Cristo» nella riflessione morale di Dionigi Tettamanzi, in La Scuola cattolica, CXXVI (1998), pp. 187-212; D. T. Famiglia, morale, bioetica, a cura di L. Moia, Casale Monferrato 1998; L. Moia, Con il cuore a Milano. Breve profilo del cardinale D. T., Milano 2002; A. Acerbi, La Chiesa italiana dalla conclusione del Concilio alla fine della Democrazia Cristiana, in La Chiesa e l’Italia. Per una storia dei loro rapporti negli ultimi due secoli, a cura di A. Acerbi, Milano 2003, pp. 449-520; A.M. Valli, Voi mi sarete testimoni, Milano 2009; S. Ubbiali, Dal Seminario di Venegono alla sede di Milano. La ‘scuola di Venegono’, Carlo Figini, Carlo Colombo, Cipriano Vagaggini, in Fare teologia in facoltà. Percorso storico e opzioni teoretiche, a cura di M. Epis, Milano 2018, pp. 107-135.