Vedi DION dell'anno: 1960 - 1994
DION (ν. vol. III, p. 110)
Città fondata alle pendici orientali dell'Olimpo, in una zona ricca di sorgenti, le cui acque formano il fiume Vaphyra. In epoca ellenistica distava dal mare appena 1,5 km, mentre oggi questa distanza è di circa 6 km. La zona circostante è connessa con la primitiva storia della Macedonia: secondo Esiodo (fr. 5) presso l'Olimpo e nella Pieria vivevano Magnes e Makedon, il progenitore dei Macedoni. Il culto di Zeus Olimpio, all'epoca di Archelao, era reso più illustre da agoni che duravano alcuni giorni, le Olimpiadi di D. (Diod. Sic., XV, 55 e XCVII, 16; Ulp., Schol. ad Demosth., XIX, 401). A D. Alessandro celebrò grandi sacrifici e giochi alla presenza di amici, sovrani, ambasciatori e soprattutto dell'esercito e subito dopo si mosse in direzione dell'Asia (Diod. Sic., XVI, 3-4). Dopo la battaglia del Granico e per suo incarico, Lisippo modellò ed eresse le statue equestri dei venticinque ilarchi macedoni caduti nella battaglia (Arr., Anab., I, 16, 4). Q. Cecilio Metello nel 146 a.C. portò a Roma questo celeberrimo gruppo (Vell., I, II, 3-4).
Quantunque non fosse molto grande, la città di D. era tuttavia famosa per i suoi edifici pubblici, per la quantità delle statue e per le sue mirabili fortificazioni (Liv., XLIV, 6, 3). Divenuta colonia, in età augustea, con il nome di Colonia Iulia Augusta Diensis, D. è nominata per l'ultima volta nel X sec. d.C. da Costantino Porfirogenito (Them., II, 49). Il suo nome sopravvisse, alterato, fino in epoca moderna nel toponimo Stadià (= εις tò Δίον).
Nella bibliografia archeologica D. fa il suo ingresso nel 1835 quando di essa fa menzione W.M. Leake che vi era passato nel dicembre del 1806. Nel 1928 ebbero inizio gli scavi dell'Università di Salonicco diretti da G. Sotiriadis. Interrotti nel 1932, sono stati ripresi nel 1963 da G. Bakalakis e nel 1973 da D. Pandermalis.
Gli scavi degli ultimi anni hanno dimostrato che i santuari, il teatro e lo stadio si trovavano al di fuori delle mura del centro cittadino, come era naturale per il più importante santuario della Macedonia. Rinvenimenti nel recinto di Zeus confermano la notizia che a D. si trovava una serie di statue dei re di Macedonia (basi iscritte con i nomi di Cassandro e di Perseo). Un rescritto di Filippo V circa un trattato di alleanza con Lisimachia (città del Chersoneso tracico) documenta il ruolo del Santuario di Zeus nella vita politica. Con il culto di questa divinità possono porsi in relazione edifici di età ellenistica che gli scavi più recenti stanno consentendo di individuare.
Poco fuori della porta meridionale è stato messo in luce un Thesmophòrion con due templi centrali che subentrarono forse alla fine del IV sec. a.C. a due corrispondenti mègara della fine del VI. Negli edifici più antichi i ritrovamenti sono ricchi: statuine fittili, lucerne, kèrnoi, piccoli vasi, gioielli, monete; le strutture più recenti contenevano anche sculture, tra le quali la testa di Demetra, forse dalla statua di culto del IV sec. a.C. Sono stati ancora scavati un edificio a un solo ambiente che conteneva, oltre alla base della statua di culto, la fondazione per una tavola di offerta in pietra. La vita di questo santuario dura almeno fino agli inizi del IV sec. d.C.
Non lontano dal Thesmophòrion è stato localizzato e scavato, nel 1978, il Santuario di Iside. Il complesso, che aveva un altare centrale, è costituito da quattro templi sul lato occidentale e da edifici a portico nelle ali settentrionale e meridionale. Gli edifici si datano per la maggior parte in età severiana, ma sono stati individuati anche tratti di muri più antichi, che tuttavia è impossibile scavare a causa della presenza di una falda acquifera. Il tempio principale è ionico, tetrastilo, con alto podio. Un rilievo che verosimilmente era murato sulla sua facciata ci fornisce i nomi della triade egizia: Serapide, Iside e Anubis. Iscrizioni su offerte votive rinvenute sulla scalinata del tempio consentono di parlare di un culto di Iside Lòchia. La base di un altro donario rinvenuta presso l'altare reca un'iscrizione della prima età ellenistica: Άριστιώ Μέντορος Άρτέμιδι Είλειθυίαι. È naturale ipotizzare che il culto di Artemide Ilizia fosse stato celebrato nello stesso luogo. Il piccolo tempio a Ν di quello centrale era dedicato ad Afrodite Hypolympìdia ( = Afrodite delle pendici dell'Olimpo) come informano una base iscritta nel vestibolo e la base della statua di culto all'interno del tempio. L'interno dell'edificio, che ha la pianta di un òikos a un solo ambiente, presenta, invece del pavimento, una vasca d'acqua che dal muro occidentale giungeva fin sotto la statua di culto. La statua si conserva quasi intatta: si tratta di una Afrodite del tipo «Tiepolo», leggiadra opera della tarda età ellenistica. A S del tempio centrale si è rinvenuto un tempietto con vestibolo dove è stata trovata la statua di un erote. L'edificio che segue immediatamente, con un'abside semicircolare sul lato O, ospitava il culto della Tyche di Iside, come rivelano la statua di culto con la cornucopia (corno di Amaltea) e l'iscrizione sull'altare. Dinanzi a questa statua cultuale, rinvenuta ancora in piedi al suo posto, si trova una vasca in marmo dal cui fondo zampillava acqua. Sul lato Ν del santuario era uno spazio con statue femminili onorarie. Una di queste raffigurava Antestia P(ubli) l(iberta) Iucunda che aveva finanziato opere edilizie e altro nel santuario.
Il teatro ellenistico di D. è singolare: di grandi dimensioni, con una scena spaziosa e un corridoio sotterraneo per simulare apparizioni di personaggi dagl'Inferi, fu costruito su un terreno quasi piano, mediante uno scavo nella zona dell'orchestra e un accumulo su cui fu costruita la cavea; vi sono più fasi edilizie, delle quali la più significativa si pone intorno al 200 a.C. Le gradinate della cavea erano di mattoni, mentre il canale dell'acqua e il proscenio erano di pietra. Un teatro più piccolo fu costruito a SE nella media età imperiale: la sua cavea si appoggia su volte a cuneo e la facciata della scena era ornata di sculture.
La cinta muraria della città è rettilinea e regolare su tre lati così da dare l'impressione che D. sia una urbs quadrata. Il lato orientale, al contrario, presenta una sporgenza e curvature irregolari nel tracciato che chiaramente segue il corso del fiume Vaphyra. Una torre rettangolare ogni 33 m (=100 piedi) rafforzava la resistenza della cinta difensiva. Finora sono state individuate cinque porte: due sul lato Ν e una per ciascuno degli altri lati. Le mura di D. furono costruite alla fine del IV sec. a.C. con grandi blocchi di conglomerato dell'Olimpo nella parte inferiore e con mattoni crudi in quella superiore. Restaurate nella prima metà del II sec. d.C., furono in seguito abbandonate e in parte crollarono. Verso la metà del III sec. d.C. furono ricostruite e vennero sottoposte a restauri almeno una volta nel V sec. d.C.
Verso il 200 d.C. nel settore meridionale della città vennero costruite le grandi terme, consistenti in un complesso di botteghe, una grande corte centrale, un piccolo odèion, latrine e spazi adibiti ai bagni e al ristoro e probabilmente al culto. Dopo l'ingresso il visitatore passava nel «grande ambiente comune» pavimentato con mosaici. Seguiva il frigidarium con due vasche individuali e una grande vasca per l'uso comune. Tra di esse si stendeva un mosaico con thìasos marino. In questi vani si rinvennero statue di Posidone, di Dioniso e di una ninfa. L'ala settentrionale e specialmente quella orientale dell'edificio presentano un particolare interesse. Al centro era posto un grande bacino marmoreo. Nello stesso luogo si rinvenne una serie di almeno dieci statue, grandi due terzi del naturale, raffiguranti Asclepio e gli Asclepiadi. Sulla base delle loro iscrizioni sono state identificate le statue di Podalirio e Macaone, di Panacea, di Egle, di Acheso e di Igea. Si tratta di repliche neoattiche di eccellente qualità, da prototipi del IV sec. a.C.
Presso il lato orientale della città è stato scavato un altro grande complesso edilizio costituito da due atri, un piccolo cortile, camere grandi e piccole, una sala per banchetti, un luogo di culto, un impianto termale e botteghe-officine. Dalla via lastricata un ingresso conduce al cortile con il pozzo e di qui al grande atrio dove si rinvennero molti frammenti della statua di una Nike del ben noto tipo «Berlino»; la figura era posta su una base emisferica. L'ultimo ambiente a SE era una sala di forma oblunga con un'abside nella quale si trovava la statua di Dioniso. Al centro dell'ambiente, l’èmblema del mosaico pavimentale raffigurava la stessa divinità in trono. La sala per banchetti aveva un suo proprio atrio, con accesso sia dalla strada sia dal grande atrio. La sua pianta ha una forma quasi quadrata con una superficie di c.a 100 m2 e vi si conserva integro il mosaico che nel quadro centrale rappresenta il Trionfo di Dioniso, il quale sorge in maniera assai inconsueta dal mare. Sei quadri più piccoli accompagnano quello centrale e raffigurano maschere teatrali probabilmente di una pantomima dionisiaca. Sembra che le quattro statue di filosofi qui rinvenute fossero in origine sistemate nell'atrio, come pure la statuetta di un Eracle del tipo «Boston-Oxford». In un ambiente di rappresentanza, a S dell'atrio, sono stati trovati due ritratti femminili di eccezionale qualità (Agrippina e Faustina Minore) e una testa ideale femminile. Sotto il pavimento dell'agorà romana, a 3 m di profondità, sono stati individuati i resti di un complesso di età ellenistica. La posizione, la grandezza, la qualità delle murature e i rinvenimenti mobili rendono assai verosimile l'ipotesi che si tratti dell'agorà ellenistica di Dion.
Al centro della ristretta città paleocristiana, sui resti di una basilica della fine del IV sec. d.C., ne venne costruita agli inizi del V una nuova, un poco più grande. Nella stessa epoca, in un'area cimiteriale all'esterno delle mura meridionali, venne eretta un'altra basilica. Nel portico del suo atrio si trova un cenotafio con l'iscrizione Μεμόριον Μάγνας e dinanzi a questo una tràpeza marmorea rinvenuta in situ. Nello stesso atrio vi erano la tomba del presbitero Andrea e una tomba a camera, con pitture raffiguranti croci affiancate da volatili e fiori paradisiaci.
A D. sono state scoperte finora cinque tombe «macedoni» che si datano tra la fine del IV e gli inizi del II sec. a.C. La tomba I ha una facciata dorica e un'anticamera ionica; sulla volta della camera sepolcrale erano due fasce ornamentali dipinte con file di leoni in stile scitico. La tomba IV aveva un dròmos monumentale in muratura e al suo interno si rinvennero frammenti di avorio raffiguranti teste e membra umane e di cavalli.
I dati di scavo fanno supporre, verso la fine dell'antichità, reiterate distruzioni di D., causate da terremoti, che portarono all'abbandono della città nel corso del V sec. d.C. Gli abitanti ritornarono allora sulle sicure alture delle pendici dell'Olimpo, dalle quali erano discesi verso la fine della prima Età del Ferro.
Bibl.: W. M. Leake, Travels in Northern Greece, III, Londra 1835, p. 410; G. P. Oikonomos, Επιγράφω της Μακεδονίας, Atene 1915; G. Sotiriadis, in Prakt, 1928, p. 59 ss.; 1929, p. 69 ss.; 1930, p. 36 ss.; 1931, p. 43 ss; G. Bakalakis, in ADelt, XIX, 1964, Β ' Chron., p. 344; P. A. Mac Kay, in The Princeton Encyclopedia of Classical Sites, Princeton 1976, p. 276, s.v. (con bibl. prec.); D. Pandermalis, Ein neues Heiligtum in Dion, in AA, 1982, p. 323 ss.; G. Bakalakis, Baphyras, in Pro arte antiqua. Festschrift Kenner, I, Vienna 1982, p. 28 ss.; Th. Stephanidou Tiveriou, H ερευνά στο βορειο τείχος του Διου, in AErgoMak, I, 1987, pp. 189-196; ead., "Περίβολος εν τετραγωνωι σχηματι". Προβλήματα της ελληνιστικής του Διου, ibid., II, 1988, pp. 153-159; D· Pandermalis, Διον, in Archaeologia, 33, 1989, pp. 4-53.