CARAFA, Diomede
Figlio (secondo alcuni naturale) di Giovanni Antonio conte di Montorio, se ne ignora la data di nascita. Null'altro si sa di lui - se non che era esperto nel mestiere delle armi - fino all'ascesa (1555) al soglio pontificio del fratello Gian Pietro, Paolo IV. Il nuovo pontefice non esitò a circondarsi di un gran numero di parenti, ai quali affidò i posti più importanti e redditizi dell'amministrazione e del governo dello Stato: particolarmente caro al papa, il C. fu tra i primi ad essere beneficato, ricevendo la nomina a governatore di Castel Sant'Angelo il giorno immediatamente successivo all'elezione (24 maggio 1555), nonostante fosse stato stabilito fin dal 1464 che le fortezze più importanti del Patrimonio dovessero essere affidate ad ecclesiastici.
La carica era molto lucrosa, poiché al governatore spettava il contributo di uno scudo al giorno per detenuto (ed il numero di detenuti nel periodo della castellania del C. fu alto) e lo divenne ancora più nel 1558, quando, per favorire ulteriormente il suo congiunto, Paolo IV aggiunse alle facoltà già possedute dal governatore quelle della custodia ed amministrazione di tutti i viveri contenuti nella fortezza, coi guadagni che da questa attività derivavano (breve del 27 febbr. 1558).
Durante il periodo in cui il C. tenne il governo di Castel Sant'Angelo vennero eseguiti nella fortezza diversi lavori difensivi, per tema di un nuovo sacco di Roma da parte degli Spagnoli. Fu iniziata la costruzione intorno alla cinta quadrata di un poligono regolare su disegno del Castriotto e del Sangallo e di un grande portone fortificato a ridosso del castello. L'opera venne interrotta nel marzo del 1556 col peggiorare dei rapporti tra il papa e Filippo II: la costruzione del muro di cinta era troppo complessa per esser terminata velocemente e fu così sostituita da una fortificazione provvisoria, sufficiente, però a far fronte al difficile momento. Il compito venne affidato a Latino Orsini che in quindici giorni eresse una nuova cinta in forma di pentagono regolare, con cortina e bastioni fatti di fascine e terra.
Nel 1557 il C. era inoltre governatore di Borgo, carica istituita per ragioni nepotistiche da Giulio III nel 1550, con giurisdizione in materia civile e penale, nonché commissario generale dell'esercito pontificio.
Nonostante le cariche ricoperte il ruolo politico effettivamente svolto dal C. fu di modesta entità, né egli seppe sfruttare la propria posizione per acquisire maggiori benefici; solo una volta, nel 1557, fu coinvolto, nella sua qualità di commissario dell'esercito, in un episodio significativo.
La guerra contro gli Spagnoli non stava dando i risultati sperati, nonostante la venuta in Italia del duca Francesco di Guisa, a capo di un esercito; dopo la sconfitta di Civitella del Tronto (20 apr. 1557), i rapporti tra gli alleati peggiorarono sensibilmente: il comandante francese accusò apertamente il pontefice di sabotare l'impresa, non rifornendolo di una sufficiente quantità di armi e di denari, ma fu a sua volta attaccato da Antonio Carafa, marchese di Montebello, nipote del papa e ostile ai Francesi. Il C. fu incaricato di risolvere la delicata situazione, accordando al Guisa ciò che questi richiedeva, cercando contemporaneamente di rabbonire il marchese. Il tentativo di mediazione ebbe un successo solo parziale, poiché non dissipò completamente la diffidenza dei Francesi verso l'alleato, mentre suscitò le ire del Montebello e dei suoi due fratelli, il cardinale Carlo ed il duca di Paliano. Costoro infatti videro nell'intervento del C. una minacciosa ingerenza nella loro sfera d'azione, tanto che cercarono di eliminarlo a colpi di archibugio durante una parata militare.
La vita pubblica del C. ebbe comunque breve durata: nel gennaio 1559 l'ira di Paolo IV si abbatté su di lui, come su tutti gli altri Carafa ed egli fu costretto a lasciare gli incarichi e la città nel febbraio dello stesso anno. Si ritirò allora nei suoi feudi in Abruzzo (restituitigli da Filippo II alla fine della guerra col papa) e morì nel 1572.
Aveva sposato Vittoria Castiglioni, da cui ebbe due figli, Giuseppe e Giulia, moglie di Gomez de Figueroa.
Bibl.: B. Aldimari, Historia geneal. della famiglia Carafa, II, Napoli 1691, pp. 158-160; P. Pagliucchi, I castellani del Castel S. Angelo di Roma, I, 2, Roma 1909, pp. 127 ss., 160 s.; E. Rodocanachi, Le cháteau Saint-Ange, Paris 1909, pp. 156-158, 166 s.; R. De Maio, Alfonso Carafa cardinale di Napoli, Città del Vaticano 1961, ad Indicem; P. Litta, Le famiglie celebri italiane,sub voce Carafa, tav. XXXVIII.