DIODORO Siculo (Διόδωρυς ὁ Σικελιώτης, Diodōrus Sicŭlus)
Storico greco, autore d'una storia universale dal titolo Biblioteca (Βιβλιοϑήκη). Egli stesso si dice di Agirio in Sicilia: visse al tempo di Giulio Cesare, perché la sua opera finiva o con l'inizio della spedizione gallica (da lui posto all'anno del consolato di Cesare, cioè al 59 a. C.), come è affermato nel proemio, o con il racconto della spedizione in Britannia, secondo un'intenzione dichiarata più volte nel testo dell'opera, ma forse non attuata. D. dice pure di aver lavorato per trent'anni alla sua opera e afferma di aver molto viaggiato per potervi attendere, ma quest'ultima affermazione, luogo comune degli storici da Erodoto a Teopompo a Polibio, è tanto più sospetta in quanto dei viaggi non si ha alcuna traccia nell'opera, salvo che per Alessandria (XVII, 52). Può essere tuttavia che sia rimasto a lungo a Roma (1, 4, 3), perché egli imparò, benché non perfettamente, il latino; ma è falso il suo vanto di avervi cercato documenti: le ricerche furono fatte dagli autori che egli adopera.
La Biblioteca era composta di 40 libri: i libri I-III comprendevano la preistoria dei popoli d'Asia e d'Africa, i libri IV-VI quella dei Greci e delle altre genti d'Europa (Galli, Iberi, Liguri, Tirreni, "popoli delle isole"); i libri VII-XVII comprendevano il periodo tra la guerra di Troia e la morte di Alessandro; i libri XVIII-XL la storia dell'età dai Diadochi a Cesare. A noi sono rimasti integri solo i libri I-V e XI-XX. I frammenti delle altre parti ci provengono principalmente:1. dagli estratti di Fozio dei libri XXXI, XXXII, XXXIV, XXXVI, XXXVIII, XL; 2. dalle cosiddette Eclogae Hoeschelianae, estratti dei libri XXI-XXVI, pubblicati nel 1603 da D. Hoeschel che li trasse da un manoscritto ora perduto; 3. dagli estratti bizantini ordinati da Costantino Porfirogenito "intorno alle ambascerie" (Περὶ πρεσβειῶν), "intorno alla virtù e al vizio" (περὶ ἀρετῆς καί κακίας), "intorno alle sentenze memorabili" (περὶγνωμῶν), "intorno alle insidie" (περὶ ἐπιβουλῶν).
D. indica egli stesso nel proemio le ragioni della sua opera: gli uomini sono tutti cittadini d'una sola città, che è il mondo, e giova perciò loro d'impadronirsi di quella comune esperienza umana, che è la storia, per poter vivere e operare con maggiore saggezza. Sono concetti abituali del cosmopolitismo stoico, che D. ha attinto in special modo a Polibio e a Posidonio, senza peraltro che essi giungano a investire minimamente la sua ricerca storica concreta. Basti dire che egli non ha creduto affatto necessario elaborare la storia da questo punto di vista, come aveva fatto Posidonio, ma gli è parso che bastasse raccogliere varie fonti, sovrapponendo autori diversi, per ottenere la storia universale desiderata. Per D. insomma la storia cosmopolitica non è interpretazione dei fatti da un punto di vista cosmopolitico, ma raccolta, per quel che è possibile, universale dei fatti. La sua opera non ha perciò alcun valore di pensiero, ma ha in compenso un'importanza eccezionale per un altro rispetto: ché D., non avendo alcun criterio e alcun motivo per trasformare le sue fonti, le segue quanto mai fedelmente per lunghi periodi, in genere anzi per tutta la loro estensione. D. ci conserva per conseguenza molte opere storiche in un riassunto o in una parafrasi che non solo ne rispetta con grande fedeltà le idee, ma ne lascia anche trasparire con bastante esattezza lo stile, come dimostrano specialmente i confronti con Polibio e con un frammento di Agatarchide, conservatoci da Fozio (Bibl., 250) e trascritto nel libro III (si veda in particolare III, 41, 1, dove si rimanda a una affermazione precedente che era certo in Agatarchide, ma non è più in D.!). È ovvio quindi il significato che ha la scoperta delle fonti a cui D. ha attinto, quando, come avviene di regola, tali fonti non ci siano pervenute. Per rendersi conto dell'uso delle fonti in D., occorre ricordare che la sua opera è costituita da uno schema cronologico, entro-cui viene inserito, anno per anno, il racconto storico. Lo schema cronologico - nemmeno esso costruito da D. - manca per la parte anteriore alla guerra troiana. Tale schema contiene gli anni attici, gli anni consolari, le olimpiadi, e inoltre, saltuariamente, brevi notizie dei più importanti fatti politici e letterarî, ad esempio la morte di Serse o di Socrate o l'anno in cui terminano le storie di Erodoto. Il racconto, che viene distribuito in questo ordine cronologico, è d'origine indipendente. Esso è di solito: come dicevamo, fornito da una fonte sola per un lungo periodo, ma è spesso completato da piccole aggiunte tratte da altre opere: quasi mai, almeno nelle parti a noi pervenute, D. aggiunge d'esperienza sua. Se poi in un determinato periodo, la sua fonte principale non comprende la storia di tutti i paesi che interessano a D., egli le pone accanto una o più altre fonti: ciò che avviene di regola per la storia siciliana e quella romana più antica. S'intende già da questa stessa indipendenza del racconto dallo schema cronologico che la cronologia di D., a prescindere dalle molte sue confusioni personali, non può essere precisa; perché spesso la fonte storica segue un computo cronologico diverso oppure non ne segue uno rigoroso (è il caso, ad es., di Eforo), e allora D. ha dovuto attribuirgliene uno ipotetico. Infine il conguaglio degli anni attici, olimpionici e romani, che cominciavano in periodi diversi dell'anno giuliano (v. calendario), è arbitrario e causa d'errori.
La ricerca delle fonti di D. costituisce uno dei più monumentali lavori della filologia del sec. XIX e non è peraltro del tutto compiuta; anzi, le scoperte papirologiche, rivelando storici del tutto perduti, hanno reso possibili nuovi confronti con D. e aperto nuovi problemi. Ma già al punto in cui è pervenuta, questa ricerca ha avuto conseguenze di grandissima portata per la storia antica, dimostrando che D. attinge talvolta, direttamente o indirettamente, a scrittori più antichi e più degni di fede di quelli che godevano la maggiore autorità. Tipica è la constatazione che, per la storia romana arcaica. D. segue un annalista più antico e meno ricco di particolari leggendarî degli annalisti seguiti da Livio. Si può dire che la scoperta del carattere di questa fonte ha costituito un momento essenziale nel rinnovamento della storia romana, dal Niebuhr (v.), che primo si rese conto dell'importanza del fatto, in poi. Un altro caso notevolissimo è quello rivelato dalla pubblicazione (1908) del papiro che contiene le cosiddette Elleniche di Ossirinco, brano di storia concernente la guerra degli Spartani in Asia e la guerra Corinzia. La scoperta dimostrò che D., attraverso a Eforo, sua fonte diretta, risale a quest'opera e che quindi la sua narrazione di quella guerra, prima trascurata in confronto a quella delle Elleniche di Senofonte, ha un valore almeno uguale, se non superiore, a quella di Senofonte. Così la scoperta d'un papiro di Filisto ha dimostrato che D., sempre attraverso a Eforo, deriva da Filisto alcuni particolari della prima spedizione ateniese in Sicilia.
Non è qui possibile, elencando le principali fonti di D., spiegare le ragioni che hanno portato caso per caso a determinarle o almeno a offrire serî indizî in loro favore. Riassumiamo solo in breve i più importanti criterî generali, che servono per questa ricerca: 1. le citazioni dirette di D., che sono tuttavia un indizio di valore limitato, perché D. cita le sue fonti di regola solo quando non intende assumere la responsabilità di ciò che esse dicono e inoltre cita più spesso le fonti secondarie che non le principali d'ogni periodo; 2. le caratteristiche stilistiche, varie secondo la fonte usata, e quindi tali da permettere d'individuare la fonte, quando le sue caratteristiche ci siano note da altra parte; 3. il confronto con scrittori che hanno usato la medesima fonte, p. es. il confronto con Arriano per rintracciare l'uso di Megastene; 4. le tracce di giudizî, che non possono se non risalire a determinati autori, p. es. il famoso biasimo agli Spartani (XV, 1) di essersi lasciati strappare l'egemonia della Grecia accompagnato dalla dichiarazione dello scrittore di essere contemporaneo ai fatti, ciò che conviene solo a Eforo.
La fonte cronografica di D. è tra le più discusse; ed è discusso inoltre se essa contenesse già i fasti consolari, i quali, come è noto, hanno nette peculiarità in confronto agli altri fasti da noi posseduti, perché, a prescindere da minori differenze, ignorano i cosiddetti anni dittatoriali, riducono a uno i cosiddetti anni di anarchia e dànno numeri in genere minori per i tribuni consolari. Ma è opinione meglio fondata che i fasti derivino dal cronografo greco e non direttamente da un annalista latino. Il cronografo è con probabilità da identificarsi con Castore: altra opinione è che egli sia un ignoto appartenente alla scuola di Apollodoro. L'esposizione sull'Egitto I, 10-88 deriva nella sostanza da Ecateo di Abdera, non senza aggiunte di Agatarchide per i capitoli sul Nilo (I, 32-41) e di altri. La storia assira e meda di II, 1-34 è derivata da Ctesia, anche qui con aggiunte, tra le quali la più notevole è la descrizione di Babilonia (almeno II, 10-11) tratta da Clitarco. I capitoli sui Caldei (II, 29-31) derivano da Posidonio. La descrizione dell'India (II, 35-42) è di Megastene. I capitoli II, 49-53 sugli Arabi derivano da Agatarchide, mentre sono di non bene determinata provenienza, II, 43-44 sugli Sciti e II, 45-46 sulle Amazzoni. II, 55-60 su una fantastica isola in mezzo all'Oceano deriva da Iambulo. La descrizione dell'Etiopia III, 2-10, è di Agatarchide con aggiunte da Artemidoro, III, 12-48 sui popoli del Mar Rosso ancora da Agatarchide; cosi forse 49 segg. sulla Libia. Da III, 52 sino alla fine del libro IV le notizie mitologiche sono prese da un manuale mitografico: è indubbio inoltre l'uso di Dionisio Scitobrachione. Per miti particolari intervengono anche altre fonti: così il mito di Eracle IV, 8-18 è tratto dall'Encomio di Eracle d'un retore tebano, Matri. Per la preistoria siciliana è usato Timeo, che poi viene trascritto di regola in tutto ciò che concerne la Sicilia, almeno fino al libro XV. Nel libro V le notizie dei capitoli 23-40 sui Galli e gl'Iberi sono di Posidonio, quelle dei 41-46 sull'isola dei Panchei di Euemero. È incerta la fonte dei capitoli 47-81 sulle isole greche, ed è stato congetturato che sia il commento di Apollodoro al catalogo omerico delle navi: per Creta è adoperato con altri lo pseudo-Epimenide. Nei frammenti dei libri V-X si trovano tracce di Eforo, che è la fonte per tutta la storia greca sino alla metà del sec. IV, ma la storia delle guerre messeniche VIII, 7-9, deriva da Mirone di Priene. X, 1-12 è un'elaborazione della leggenda di Pitagora, che per la consonanza con le altre fonti pitagoriche dimostra la sua origine, almeno indiretta, da Aristosseno. I libri XI-XV derivano nel complesso da Eforo, il quale a sua volta si tiene stretto, quando può, a Erodoto e a Tucidide. Indirettamente, come si è già notato, sono utilizzati Filisto e l'autore delle Elleniche ossirinichie (Androzione?). Il libro XVI è tra i più difficili ad analizzarsi: certo le fonti principali sono due, perché la guerra focese è raccontata due volte, e la prima (capitoli 23-25) fino all'occupazione di Delfi: ciò fa supporre che D., trovata interrotta la narrazione nella sua fonte, sia stato costretto a cercarne un'altra e con l'abituale trascuratezza abbia ripetuto la parte della narrazione già scritta una volta. La storia di Alessandro Magno nel libro XVII risale in massima a Clitarco. I libri XVIII-XX intorno alla storia dei Diadochi derivano in complesso da Ieronimo di Cardia con aggiunte da Duride. La storia di Agatocle nel libro XX è probabilmente di Duride. Le schematiche notizie di storia romana sparse nei libri XI-XX derivano da un annalista, intorno alla cui personalità si è discusso senza fine, per stabilire prima di tutto se scriveva in greco o in latino e poi chi era precisamente. L'ipotesi più divulgata che scrivesse in greco e fosse Fabio Pittore è probabilmente la più erronea: sembra invece da tener fermo che D. attingeva a brevi annali latini piuttosto antichi, ma non è possibile determinare chi ne fosse l'autore. Nel periodo fra Agatocle e la prima guerra punica non conosciamo le fonti dei libri perduti di D.: la prima punica era raccontata da un punto di vista cartaginese e quindi traendola da Filino. Nella seconda punica la fonte sembra di nuovo annalistica. Fino alla distruzione di Cartagine tutto il resto è di Polibio. Posidonio è la fonte principale per la storia ulteriore. Il capitolo conservatoci da Fozio sugli Ebrei (XL, 3) è di Ecateo d'Abdera (citato erroneamente come di Mileto).
Codici ed edizioni: I codici principali di D. sono: per i libri I-V il Vindobonensis, LXXIX, del sec. XI e il Vaticanus, 130, del sec. XII; per i libri XI-XV il Parisinus, 1662, del sec. XV; per i libri XI-XVI il Patmius del sec. X-XI; per XVI-XX il Venetus Marcianus, 376, del sec. XIV e il Parisinus, 1665, del sec. XI-XII; per i libri XI-XX il Laurentianus, 70, 12, del sec. XIV-XV. Si cfr. Laqueur, Untersuchungen zur Textgeschichte der Bibliothek des Diodor, in Götting. Nachrichten, 1906, p. 313 segg., e 1907, p. 22 segg. La prima ed. della traduzione latina dei primi cinque libri per cura di G.F. Poggio è di Bologna 1472. Prima edizione del testo greco a cura di E. Stefano, Parigi 1555. La migliore ed. moderna è del Dindorf, elaborata da Vogel e Fischer, Lipsia 1888-1906. Le notizie di storia romana sono raccolte in A. B. Drachmann, Diodors römische Annalen, Bonn 1912 (in Kleine Texte del Lietzmann, n. 97).
Bibl.: Lavori principali. Per gli studî usciti negli anni 1888-98: A. Bauer, Die Forschungen zur griechischen Geschichte 1888-98, Monaco 1899, p. 311 segg. Per gli anni 1905-08, F. Reuss, in Jahresberichte über die Fortschritte der Altertumswissenschaft, CXLII (1909), p. 128 segg. Su D. in complesso, Christ-Schmid-Stählin, Geschichte d. Griechischen Litteratur, 6ª ed., II, i, Monaco 1920, p. 403 segg.; C. Wachsmuth, Einleitung in das Studium der alten Geschichte, Lipsia 1895, p. 81 segg.; E. Schwartz, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, col. 669 segg.; M. Büdinger, Universalhistoriker, Vienna 1895, p. 124 segg.
Studî particolari. Per la pubblicazione dell'opera, F. Vogel, Die Veröffentlichung von D. Geschichtswerk, in Verhandlungen d. 41. Philologenversammlung in München, 1891, p. 228 segg. Per il proemio G. Busolt, D. Verhältnis zum Stoicismus, in Jahrbücher f. class. Philologie, CXXXIX (1889), p. 297 segg.; Ch. Gramann, Quaestiones diodoreae, Gottinga 1907. Per la cronologia, B. F. Unger, Die Jahresepoche des D., in Philologus, XXXIX (1880), p. 305 sgg.; XL (1881), p. 48 segg.; XLI (1882), p. 78 segg.; Th. Mommsen, Römische Chronologie, Berlino 1859; G. Sigwart, Römische fasien und Annalen bei D., in Klio, VI (1906), p. 269 segg.; D. Leuze, Die römische Jahrzählung, Tubinga 1909; G. De Sanctis, Storia dei Romani, I, Torino 1907, p. i segg.; J. Beloch, Römische Geschichte, Berlino e Lipsia 1926, p. 107 segg.; K. Ph. Schmidt, D. Zeitrechnung in der Geschichte des peloponnesischen Krieges bis zum sizilischen Feldzug, Monaco 1912; F. L. Schönle, Diodorstudien, Tubinga 1891. Per la ricerca delle fonti la via fu aperta da Ch. G. Heyne, De fontibus et auctoribus historiarum Diodori (1782), ristampata nella prima ed. del Dindorf (1828), p. 38 sgg. Altri lavori fondamentali: H. Nissen, Kritische Untersuchunge über die Quellen der IV. und V. Dekade des Livius, Berlino 1863, e Ch. A. Volquardsen, Über die Quellen der griechischen und sizilischen Geschichte bei Diodor XI.-XV., Kiel 1868. Si cfr. anche W. Collmann, De D. Siculi fontibus, Lipsia 1869, e L. O. Bröckner, Untersuchungen über D., Gütersloh 1879; A. v. Mess, Untersuchungen über die Arbeitsweise Diodors, in Rheinisches Museum, LXI (1906), p. 244 segg. - Per Ecateo, E. Schwartz, Hekataeos von Teos, in Rheinisches Museum, XL (1885), p. 223 segg., e M. Engers, De Hecataei Abderitae fragmentis, in Mnemosyne, LI (1923), p. 229 segg. Per la mitografia: R. Laqueur, Zur griechischen Sagenchronographie, in Hermes, XLII (1907), p. 513 segg.; E. Bethe, Quaestiones diodoreae mythographae, Gottinga 1883; id., Untersuchungen zu Diodors Inselbuch, in Hermes, XXIV (1889), p. 402 segg.; Sieroka, Die mythographischen Quellen für Diodors drittes und viertes Buch, Lyck 1878; E. A. Wagner, Zu Diodors ersten und dritten Buch, in Jahrbücher f. class. Philologie, CLI (1895), p. 145 segg. Su Matri, E. Holzer, Matris, ein Beitrag zur Quellenkunde D., Tubinga 1881; per Ctesia: C. Jacoby, Ktesias u. D., in Rheinisches Museum, XXX (1875), p. 555 segg.; P. Krumbholz, Diodors assyrische Geschichte, ibid., XLI (1886), p. 321 segg.; id., Wiederholungen bei D., ibid., XLIV (1889), p. 291 segg.; id., Zu den Assyriaka des Ktesias, ibid., L (1895), p. 205 segg.; J. Marquardt, Die Assyriaka der Ktesias, in Philologus, suppl. vol. VI (1891-93), p. 501 segg. Su Mirone: E. Schwartz, Tyrtaios, in Hermes, XXXIV (1899), p. 428 segg. Su Eforo: A. v. Mess, Untersuchungen über Ephoros, in Rhein. Museum, LXI (1906), p. 360 segg.; R. Laqueur, Ephoros, in Hermes, XLVI (1911), p. 116 segg. e 321 segg. Su presunte relazioni con Teopompo: W. Stern, D. und Theopomp, Durlach 1891. Su Manetone: Krall, Manetho u. Diodor, in Sitzungsberichte der Wiener Akademie, XCVI (1880), p. 237 segg. Sulle fonti del libro XVI: K. Uhlemann, Untersuchungen über die Quellen der Geschichte Philipps von Makedonien und des heiligen Krieges in 16. Buch D., Strasburgo 1913. Su Clitarco e il libro XVII: A. Fränkel, Die Quellen der Alexanderhistoriker, Breslavia 1883; Maas, Kleitarch u. D., Pietroburgo 1894; F. Jacoby, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XI, col. 630 segg. Su pretese relazioni di D. con Diillo: A. Rohde, De Diyllo Atheniensi Diodori auctore, Jena 1909; W. Schwahn, Diyllos, in Philologus, LXXXVI (1931), p. 145 segg. Su Ieronimo e Duride: Mehnert, De Duride Samio et Hieronymo Cardiano Diodori Siculi auctoribus, Lipsia 1921; C. G. F. Rössler, De Duride Diodori, Hieronymo, Duridis in rebus a successoribus Alexandri gestis, Gottinga 1876; ancora su Ieronimo: C. Bottin, Les sources de Diodore, in Revue Belge de philologie, 1928, p. 1301 segg.; A. F. Rösiger, De Duride Samio D. Siculi et Plutarchi auctore, Gottinga 1874; G. F. Unger, Diodors Quellen in der Diadochengeschichte, in Sitzungsberichte der Akademie v. München, XCVI (1880), p. 237 segg. Su Agatarchide: H. Leopoldi, De Agatharchide Cnidio, Rostock 1892. Su Timeo: J. Geffcken, Timaios Geographie des Westens, in Philologische Untersuchungen, XIII, Berlino 1892; M. A. Levi, Timeo in Diodoro IV e V, in Raccolta di scritti in onore di G. Lumbroso, Milano 1925, p. 152 segg.; H. Ender, Die erste sizilische Expedition der Karthager, Dillingen 1913. Sull'annalista romano: Th. Mommsen, Fabius und Diodor, in Römische Forschungen, II, Berlino 1879, p. 221 segg.; J. Bader, De Diodori rerum romanarum auctoribus, Lipsia 1890; E. Meyer, Untersuchungen über Diodor's römische Geschichte, in Rhein. Museum, XXXVII (1882), p. 610 segg.; J. Kaerst, Die römischen Nachrichten Diodors und die Konsularische Provinzenvertelung, in Philologues, XLVIII (1889), p. 306 segg. Si vedano inoltre gli autori citati per la cronologia. Su Posidonio: A. Schulten, Polybius und Posidonius über Iberien und die iberischen Kriege, in Hermes, XLVI (1911), p. 568 segg.
Per la storia letteraria si cfr. anche H. Diels, Chronologische Untersuchungen über Apollodors Chronika, in Rhein. Museum, XXXI (1876), p. 31 segg. Sulle Elleniche di Ossirinco e D. v. specialmente: L. Pareti, Cratippo e le Elleniche di Oxyrhynchos, in Studi italiani di fil. classica, XIX (1912), p. 398 segg. Su Filisto e D. si vedano: G. Coppola, Una pagina del περὶ Σικελίας di Filisto, in Rivista di filologia classica, n. s., VIII (1930), p. 449 segg.; A. Momigliano, Il nuovo Filisto e Tucidide, ibid., p. 467 segg.