RAPONDI, Dino
RAPONDI, Dino. – Nacque tra il 1335 e il 1340 probabilmente a Lucca, da una famiglia le cui radici risalgono al XII secolo, figlio di Guido di Rapondo Rapondi e di madre ignota; fu il secondo di dodici figli, di cui nove maschi e tre femmine.
Intorno al 1360, Guglielmo, il fratello maggiore di Dino, trasferì la sede d’affari della famiglia da Lucca a Bruges, a quei tempi fulcro dei commerci internazionali in Europa nordoccidentale. Come molti altri imprenditori lucchesi all’estero, i Rapondi commerciavano manufatti serici e mettevano a disposizione dei loro clienti i propri servizi finanziari.
Dopo alcuni anni passati a Bruges, la famiglia strinse rapporti di tipo commerciale e finanziario con Iolanda di Bar, una parente del conte delle Fiandre, e dal 1364 fino al 1369 gli acquisti di tessuti preziosi della nobildonna e le operazioni di credito facilitarono la crescita ininterrotta del volume di affari. Nel 1369, la famiglia ebbe un ruolo importante nel matrimonio tra la cugina di secondo grado di Iolanda, Margherita di Male, e il duca di Borgogna Filippo l’Ardito, fratello del re di Francia. Il prestito concesso dall’uomo d’affari permise a Filippo di sostenere i costi dei festeggiamenti e la famiglia Rapondi gli procurò enormi quantità di tessuti di seta.
Nel 1370 Dino Rapondi assunse la guida degli affari della famiglia in sostituzione del fratello Guglielmo e decise di seguire il duca di Borgogna al suo rientro a Parigi. Nella capitale francese, la famiglia Rapondi divenne il più importante intermediario finanziario e fornitore di articoli di lusso di Filippo l’Ardito il quale ricompensò con generosità la società dei Rapondi: grazie a Filippo, Dino Rapondi poté aggiungere alla sua lista di clienti il re di Francia Carlo V e il suo figlio e successore Carlo VI, insieme a molti altri componenti della famiglia reale. Sempre grazie alle loro relazioni con il duca, la società dei Rapondi ebbe un ruolo attivo nella raccolta di finanziamenti per Clemente VII, il papa avignonese appoggiato dalla monarchia durante il Grande Scisma. Dal 1379 in poi, i Rapondi trasferirono enormi quantità di denaro ricavato dalle imposte papali da Parigi ad Avignone.
Dal momento che le Fiandre erano rimaste fedeli a Roma, Filippo l’Ardito fu costretto tuttavia a divenire un sostenitore dell’unificazione del Papato e queste transazioni finanziarie ebbero fine nel 1394. In questi anni si consumò anche il definitivo distacco dei Rapondi da Lucca. A causa delle loro attività in Francia erano stati costretti a trascurare i propri interessi nella città di origine; sconfitti dal partito avversario dei Guinigi, che istituirono nel 1392 una dittatura, i Rapondi furono infatti banditi.
Le attività della famiglia a Bruges si erano ridotte tra il 1370 e il 1380, ma tornarono a un livello ben più significativo nel 1384, quando Filippo l’Ardito fu nominato nuovo conte delle Fiandre. Egli si affidò a Dino Rapondi per riscuotere i tributi dei suoi nuovi sudditi fiamminghi in modo rapido ed efficiente.
Negli anni che seguirono, il banchiere, nominato anche consigliere e maître d’hôtel di Filippo, trasferì, e in alcuni casi perfino anticipò in contanti, tutti i contributi e gli altri pagamenti dovuti dalla ricca città di Bruges al principe. Uno dei progetti più imponenti che egli realizzò in quegli anni fu la costruzione del castello ducale e dell’annessa torre nel porto di Sluys, con lo scopo di scoraggiare sia gli attacchi dei possibili invasori inglesi sia quelli dei ribelli fiamminghi. Tra il 1394 e il 1396, Dino Rapondi fu incaricato di seguire personalmente i lavori di costruzione, per finanziare i quali era stato autorizzato a spendere i proventi delle imposte riscosse a Bruges.
Rapondi fece molto più che veicolare fondi provenienti dalle città fiamminghe verso la tesoreria centrale della Borgogna. Nel 1386 ottenne un prestito di 60.000 fiorini dal duca milanese Giangaleazzo Visconti, la più grande operazione di credito realizzata durante il regno di Filippo l’Ardito. Inferiori per scala, ma non meno importanti, furono i numerosi anticipi elargiti agli esattori fiscali del duca o ai funzionari responsabili della riparazione delle dighe e di altre opere idrauliche nella campagna di Bruges e nel nord delle Fiandre. Allo stesso tempo, Rapondi era conosciuto sia come abile diplomatico, avendo collaborato ai negoziati sui rapporti commerciali anglofiamminghi e sulla successione di Borgogna nel vicino ducato di Brabante, sia come esperto di materia valutaria: fu artefice della riforma monetaria di Filippo l’Ardito degli anni 1389-90 e fornì la sua assistenza ai maestri della zecca fiamminga.
Dino Rapondi si assicurò definitivamente un posto negli annali della storia della Borgogna alla fine del XIV secolo, quando Filippo l’Ardito organizzò una crociata per fermare l’avanzata degli Ottomani in Europa: la spedizione fu infatti sovvenzionata grazie a un finanziamento proveniente dalle Fiandre, frutto di un negoziato operato da Rapondi (che si occupò anche del trasferimento di parte della somma).
L’impresa si concluse tuttavia con una disfatta per la Borgogna, avvenuta sul campo di battaglia di Nicopoli nel 1396. Il figlio maggiore di Filippo, Giovanni di Nevers, che aveva guidato la crociata e che sarebbe poi diventato duca con l’appellativo di Giovanni Senza Paura, fu fatto prigioniero. Grazie alle sue conoscenze nel Mediterraneo orientale, Dino Rapondi riuscì a entrare in contatto con il sultano ottomano Bajezid, che chiese un riscatto di 200.000 ducati per il rilascio di Giovanni; successivamente, il banchiere fece sì che alcuni finanzieri anticipassero il denaro, consentendo all’erede al trono di Borgogna di salpare alla volta di Venezia. Rapondi intraprese poi personalmente un viaggio in Italia per rimborsare i creditori e accompagnò Giovanni di Nevers durante il suo ritorno in Borgogna. Nelle Fiandre, le spese che la società Rapondi aveva sostenuto durante l’operazione furono pagate con i tributi versati dalla popolazione.
Dino Rapondi conservò il suo ruolo chiave nell’amministrazione delle finanze della Borgogna anche dopo che Giovanni di Borgogna succedette a Filippo l’Ardito come duca di Borgogna nel 1405. Si occupò di raccogliere il denaro per finanziare la spedizione ducale contro Liegi, ove la popolazione aveva deposto l’alleato della Borgogna Giovanni di Baviera, e per sostenere i tentativi del principe di conquistare il controllo della Francia contro il partito avversario degli Armagnac. Anche negli anni successivi, verso la fine della sua vita, Dino fu il realizzatore delle riforme monetarie del 1407 e del 1410, e prese parte al consiglio di reggenza del figlio di Giovanni di Borgogna, Filippo di Charolais.
Tuttavia, le continue richieste di denaro da parte del duca per pagare le spese militari e il suo desiderio di sottomettere le élites politiche della città iniziarono a causare malcontento a Bruges; considerato come l’intermediario che aveva permesso al principe di prosciugare le riserve finanziarie della città, Rapondi fu perciò preso di mira dalle milizie cittadine nel 1411. Morì qualche anno dopo, mentre era ancora al servizio del duca, il 1° febbraio 1415.
Rapondi non si era mai sposato e non sembra aver avuto dei figli.
Nonostante avesse specificato nel suo testamento, redatto due anni prima, di voler essere sepolto a Parigi, gli fu data, come ultima dimora, una cappella di famiglia nella cattedrale di S. Donaziano a Bruges. Lasciò una quantità enorme di denaro per pagare la sua cerimonia di commemorazione. La sua attività a favore del duca fu continuata dal fratello minore, Filippo, fino a quando la famiglia non si ritirò dall’amministrazione delle finanze del principe nel 1425. La dinastia di Borgogna dimostrò la propria gratitudine al banchiere lucchese erigendo una statua con la sua effigie nella Sainte Chapelle a Digione. Né il monumento, né la sua tomba a Bruges sarebbero state risparmiate dalle distruzioni della Rivoluzione francese.
Fonti e Bibl.: L. Mirot, La société des Raponde: Dine Raponde, in Bibliothèque de l’Ecole des Chartes, LXXXIX (1928), pp. 299-389; R. De Roover, La communauté des marchands lucquois à Bruges de 1377 à 1404, in Annales de la Société d’Emulation de Bruges, LXXXVI (1949), pp. 37-41, 74-79; R. Vaughan, Philip the Bold. The formation of the Burgundian state, London 1962, pp. 73 s., 142, 171, 189, 220 s., 235; Id., John the Fearless. The growth of Burgundian power, London 1966, pp. 55, 137, 261; C. Meek, Lucca 1369-1400. Politics and society in an early Renaissance city-state, Oxford 1978, pp. 43-45, 219 s.; A. Van Nieuwenhuysen, Les finances du duc de Bourgogne Philippe le Hardi (1384-1404). Economie et politique, Bruxelles 1984, pp. 49-51, 340-344, 399-401, 440 s.; J. Rauzier, Finances et gestion d’une principauté. Le duché de Bourgogne de Philippe le Hardi 1364-1384, Paris 1996, pp. 407, 412, 447, 614, 616, 618, 624, 628, 668, 671, 686; B. Lambert, The city, the duke and their banker. The Rapondi family and the formation of the Burgundian state (1384-1430), Turnhout 2006; Id., “Se fist riche par draps the soye”. The intertwinement of Italian financial interests and luxury trade at the Burgundian court (1384-1481), in Europe’s rich fabric: the consumption, commercialisation and production of luxury textiles in Italy, the Low Countries and neighbouring territories (14th-16th centuries), a cura di B. Lambert - K.A. Wilson, Farnham 2016, pp. 91-106.